Sorella Morte

Sorella morte. La dignità del vivere e del morire” (Piemme, 2016) è il nuovo saggio di uno dei più autorevoli esponenti della Chiesa di Papa Francesco, Vincenzo Paglia, nato a Boville Ernica (Frosinone) il 21 aprile 1945, giornalista e scrittore, già consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio, gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e dal 15 agosto 2016 Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

“Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare”

è l’incipit significativo del saggio scelto dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, preso da uno dei versi più belli del “Cantico delle Creature” (“Canticum” o “Laudes Creaturarum”), il testo poetico più antico della letteratura italiana che si conosca, composto da Francesco d’Assisi circa due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1226.
Quindi l’autore prende in esame, citando svariati scrittori che hanno affrontato l’argomento, tutti gli aspetti legati a “sorella morte”, compresa l’eutanasia che tanti dibattiti e confronti continua a suscitare in Italia e all’estero. Ed è proprio dalla “buona morte” così come

“l’eutanasia da più di duemila anni è intesa dal suo apparire, nel mondo greco-romano, e mai come l’atto di soppressione di un malato da parte di un medico (anche quando il suicidio era ammesso senza tanto scandalo)”

che Monsignor Vincenzo Paglia inizia a parlare nell’Introduzione del volume citando un’opera poco nota. Parliamo de “La morte moderna” (1978) del giornalista scrittore svedese Carl-Henning Wijkmark il quale aveva capito già più di trentacinque anni fa lo spazio che avrebbe preso la prospettiva dell’eutanasia in una società dominata dal mercato. In quelle brevi pagine Wijkmark descrive un immaginario convegno organizzato dal ministero degli Affari sociali del governo svedese avente come tema La fase terminale della vita umana.
Come risolvere il problema del mantenimento di anziani, malati cronici e incurabili, e di tutti i soggetti deboli e improduttivi che grava sulle spalle dei membri attivi, sempre più scontenti e impoveriti dalla recessione? È questo l’obiettivo che si pone il simposio a porte chiuse: trovare la soluzione finale, pianificare in modo razionale e democratico la morte. Un’eutanasia di Stato che sciolga dall’esistenza, con “obbligo volontario”, chi non ha più un’adeguata qualità della vita.

“Non c’è dubbio che Wijkmark, con il suo romanzo, abbia colto con lucidità il processo di legittimazione culturale dell’accettazione democratica dell’eutanasia”

commenta Paglia, che è convinto che sia importante riflettere e dibattere sui temi ultimi, giacché l’ignoranza è sempre deleteria.

“Nessuno di noi è un’isola: ognuno di noi non è solo se stesso, ma è se stesso insieme con gli altri. Quindi, stroncare la vita di una persona vuol dire stroncare la persona e tutte le sue relazioni. C’è bisogno di ridare la coscienza della communio in una società iper-individualista, iper-tecnologica e alla fine iper-solitudinaria. Ecco, con questo libro vorrei mostrare l’indispensabilità dell’essere legati gli uni agli altri”

ha precisato l’arcivescovo in una recente intervista.

“In un mondo dove la solitudine sembra diventare una malattia virale che ha colpito l’intera società, la vita e la morte, sono amare, ancor più amare, se non sono accompagnate”

ha inoltre puntualizzato Vincenzo Paglia.

Madre Teresa di Calcutta, recentemente canonizzata da Bergoglio, ripeteva spesso che la malattia dell’Occidente è la solitudine. L’unica medicina per guarirla è l’amore.

“E lei per prima ha dato questa medicina dell’amore ai moribondi, cambiando la loro morte”

ricorda l’autore, il quale, per il suo impegno per la pace ha ricevuto il premio Gandhi dall’Unesco, il premio Madre Teresa dal governo albanese e il premio Ibrahim Rugova dal governo del Kosovo. Nelle pagine centrali di “Sorella morte. La dignità del vivere e del morire” Paglia esamina il rapporto di vita e morte nella predicazione di Gesù nella sua settimana di passione, nella crocifissione e nella resurrezione, il suo rapporto con gli apostoli e la funzione di Paolo nella fondazione dottrinaria del cristianesimo.
Il finale del saggio è invece dedicato ai temi universali dell’amore e della morte, che ci piaccia o no, riguarda tutti noi.

“Il rarefarsi della compagnia ai morenti è uno dei motivi del decadimento della dimensione umana del vivere. Tornare a riflettere su questa dimensione dell’esistenza, significa iniziare a ritessere quel nuovo umanesimo di cui tutti abbiamo bisogno per vivere meglio e per morire degnamente”.

(da SoloLibri.net)