Saluto al Consiglio internazionale dell’Istituto Giovanni Paolo II

Carissimo Preside, Carissimo Presidente José Luis Mendoza, Carissimi vicepresidi delle diverse sedi del nostro GP2, stimati professori, con grande gioia apro questo consiglio Internazionale, una gioia che vorrebbe attutire il dispiacere di non poterci incontrare insieme a causa della terribile situazione che segna la vita di tutti i nostri paesi. Spero vivamente che tutti voi godiate di buona salute, così come i vostri familiari, i vostri studenti e tutti quelli che a vario titolo lavorano per la nostra comune missione.

Vorrei anzitutto portare a ciascuno di voi e a tutti i membri delle nostre sedi il saluto e la benedizione di Papa Francesco che ha voluto ricevermi in udienza lunedì scorso, alla vigilia di questo Consiglio Internazionale. Il Papa, dopo aver visto i dettagli del nuovo Ordinamento degli Studi, ha mostrato il suo compiacimento per la novità e la completezza con cui affronta il grande orizzonte dei temi relativi al matrimonio e alla famiglia. E’, di fatto, un Istituto universitario unico nel suo genere. Ed è certamente un punto di orgoglio da parte nostra. Ma assieme anche un motivo di grande responsabilità. Desidero aggiungere anche l’attenzione che hanno mostrato a questa nuovo Ordinamento sia il cardinale Brian Farrel, Prefetto del Dicastero per i Laici, Famiglia e Vita, sia il cardinale Luis Antonio Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ambedue comunicheranno agli episcopati l’importanza e la novità del nostro Istituto.

Questo significa, cari amici, che il titolo di Istituto Teologico Pontificio dobbiamo comprenderlo nel senso più bello e profondo. E’ a dire che siamo chiamati a sostenere la necessaria apertura dell’intelligenza della fede nell’orizzonte di uno speciale servizio per la sollecitudine pastorale del successore di Pietro. Sono importanti anche per noi le parole di papa Francesco sul lavoro dei teologi: “i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini” (3 marzo 2015). Ed è ben solida, nel nuovo piano di studi, la convinzione che la teologia e la pastorale debbano andare insieme: una dottrina teologica che non si lascia orientare e plasmare dalla finalità evangelizzatrice e dalla cura pastorale della Chiesa è altrettanto impensabile di una pastorale della Chiesa che non sa fare tesoro della rivelazione e della sua tradizione in vista di una migliore intelligenza e trasmissione della fede. Se tutto ciò è da ritenersi valido in tutte le questioni della teologia, lo è ancor più nell’orizzonte che riguardano il matrimonio e la famiglia.

La famiglia – comprendendola nella sua ricca costellazione di rapporti sia interni che esterni -, non è la semplice “conseguenza” del matrimonio, quanto piuttosto il suo “svolgimento” reale e la sua prosecuzione nella società e nella Chiesa. Ecco perché la concretezza delle storie familiari – come giustamente ama dire il nostro Preside – sono “materia nobile” della teologia dell’amore umano. E’ quella teologia “coi piedi per terra” di cui parla Amoris laetitia. Non mi dilungo su questo, per lasciare la parola a mons. Sequeri, che ringrazio di tutto cuore per il suo straordinario lavoro, soprattutto di riflessione teologica. Cari amici permettetemi di esortare tutti noi ad ascoltare la sua relazione. Non è una riflessione ordinaria. L’intento che ci siamo prefissi è quello di disegnare in maniera ampia e teologicamente fondata la nuova prospettiva del nostro Istituto. C’è ancora nella teologia cattolica un difetto di attenzione e di intelligenza nell’interpretazione della complessità della condizione storica delle famiglie che ha portato a ridurre i problemi prevalentemente alle forme e agli effetti del peccato. E’ necessario sviluppare in maniera ben più adeguata una riflessione teologica che sia sensibile alla drammaticità della condizione umana. Ed è quel che il nostro Istituto intende attuare, sia nella sede romana che nelle altre sedi. Si tratta di riscattare la densità cristiana e umana dell’istituzione famigliare, riconoscendo in essa il luogo effettivo della fecondità stessa del sacramento cristiano.

Prima di lasciare la parola al nostro Preside desidero ringraziare tutti voi per il vostro lavoro e invocare dal Signore il dono della grazia di una passione comune per rispondere alla chiamata della Chiesa per generare una riflessione sulla famiglia all’altezza del mistero che in essa si rivela: le nostre famiglie, le nostre chiese locali, ne hanno un infinito bisogno. Il GP2 è al loro servizio.