Pasqua 2010 – Messa in acciaieria

Riflessioni nella Pasqua del lavoratore

Celebrare la Pasqua qui in questo luogo di lavoro, e celebrarla prima che altrov,e può avere un suo senso. Spesso la Pasqua è solo un rito, ma non è solo questo. Anzi se facciamo festa a Pasqua è perché ne abbiamo bisogno. La Pasqua, lo abbiamo ascoltato dal vangelo, comincia sempre davanti ad un sepolcro. Comincia sempre davanti a alcune donne, e questo è singolare, le quali vanno a fare un ultimo gesto di affetto a quell’uomo che le aveva capire, ma c’è un problema: chi rotolerà via quella pietra pesante che chiude il sepolcro?. Chi ci salverà dalla crisi che stiamo vivendo in questo momento? Chi ci toglierà quella pietra che spesso sta nei nostri cuori? Chi ci toglierà via quella solitudine che a volte ci rende tutti tristi, chi ci toglierà quella rassegnazione? Chi ci darà una nuova energia per reagire di fronte alla tristezza che ha invaso il mondo e anche noi? Allora accade che ognuno è come chiuso dentro il proprio sepolcro a pensare agli affari propri. Questa rassegnazione richiede la Pasqua, richiede un cambiamento, una resurrezione. Facciamo bene a venire qui, perché non è che si risorge come d’incanto, non è che noi risorgiamo all’amore, a una vita bella ad una speranza all’improvviso. Quando lunedì scorso stavo al polo chimico con gli operai della Basell, per i quali la chiusura è una pietra pesante. Ma chi la toglie? Da soli forse?. Ho detto loro che sarei venuto qui e che avremmo pregato insieme perchè lì il buio è fitto, non solo lì ma in tante parti. Ecco perchè abbiamo bisogno della Pasqua, perché abbiamo bisogno di risorgere da una condizione difficile, molto difficile. Sono lieto questa mattina di tornare. Per me non è mai un appuntamento scontato, anzi venire qui è anche per me un po’ l’inizio della riflessione su che cosa vuol dire la Pasqua nel 2010. Abbiamo una serie di problemi gravi quelli che ognuno di sé porta nel cuore, legati alle vicende di casa, vicende che si conoscono in modo diretto, altre legate alle vicende del nostro paese o alla situazione internazionale che qui ovviamente si ripercuote in maniera particolare; in altre parti del mondo il sepolcro vuol dire guerre, violenze, ingiustizie. Abbiamo bisogno di risorgere, ma da soli non ce la facciamo. Ed ecco perché venendo qui in qualche modo, vediamo che quella pietra pesante è stata un po’ spostata. Chi di voi entrando in acciaieria vede anche quell’immagine che oggi ricordo, la statua del Gesù che 50 anni fa veniva posta all’interno del cortile con l’allora cappellano padre Luigi Montanari. Sono 50 anni di quella presenza indica che noi abbiamo in lui un aiuto, un sostegno, perché Gesù è l’unico che venuto per dare la vita per tutti; avrebbe potuto fuggire, avendo avuto notizie che i preti di allora e responsabili volevano ucciderlo a Gerusalemme. Ma Gesù disse “L’amicizia viene prima della mia stessa vita” .Ha poi subito un processo ingiusto, non si è ribellato, ha accettato la croce perché non voleva lasciarci soli. Questo è l’amore di cui noi in questa settimana facciamo memoria. Quella croce che sarà accesa anche sul monte intorno alla città, non è un segno che può passare: certo se non si capisce non vale niente, al massimo diventa un monile che ci appendiamo al petto, c’è a chi dà fastidio e lo caccia. Ma su quella croce è stata sconfitta la legge del farsi i propri affari. Quella croce dobbiamo averla davanti agli occhi, perché aiuta a pensare non solo a se stessi ma agli altri e aiuta me a preoccuparmi per tutti voi e fare del tutto perché possiamo vivere una vita più bella e più giusta. Quella croce è un’energia che ci dice che, o stiamo legati al Signore gli uni agli altri o altrimenti non ce la faremo. Se ciascuno rimane per conto proprio rimane chiuso dentro il sepolcro. Possiamo camminare, mangiare, in realtà stiamo chiusi dentro la prigione che è quella dell’amore solo per se stessi. La Pasqua è la vittoria su questo, è togliere la pietra che ci schiaccia tutti. Ecco perché ne abbiamo bisogno. Gesù si è fatto pane spezzato sangue versato e facendo la comunione riceviamo nel cuore quella energia che ci permette di essere solidali, che ci permette di reagire a tutto ciò che vuole schiacciarci, renderci polverizzati. Abbiamo bisogno della Pasqua e di risorgere. Farlo qui significa che la Pasqua non è solo una celebrazione della Chiesa o di sacerdoti, la Pasqua è per noi. Da qui dobbiamo risorgere, dal luogo di lavoro che deve rinascere una nuova vita. Il lavoro deve ritrovare la sua dignità e non essere solo uno strumento di guadagno. Anzi, a mio avviso, solo se ritroveremo la nostra dignità riusciremo a ridare vigore ai nostri luoghi di lavoro. Non a caso noi uomini e donne non siamo le macchine, diversamente dobbiamo mettere un’energia che rinnova, che guarda con speranza che ci vede gli uni accanto agli altri, che ci aiuta vivere con serenità anche il nostro lavoro. E qualora messi in pericolo ci vede solidali perché sia difeso e sostenuto. Tutto questo nasce dalla Pasqua, da un cuore diverso che non pensa più solo a se stesso ma che tiene alla vita di tutti. Questa è la Pasqua che noi quest’anno vogliamo vivere: questa è la Pasqua che vogliamo sperimentare concretamente perché ciascuno possa sentirsi partecipe della vittoria del bene sul male,dell’amore sulla solitudine, della solidarietà sull’egoismo, della vita sulla rassegnazione. C’è un rischio di rassegnazione che vedo percorrere come un virus anche la nostra città di Terni e non solo. Abbiamo bisogno di rinascere da dentro, di dirci che ci vogliamo bene, di capire che Gesù non è venuto perché noi restassimo come siamo, è risorto per farci cambiare il cuore. Sono convinto che il mondo cambia se cambiamo noi. Credere che il mondo cambia perché cambiamo qualche legge non funziona. Ma se non c’è un cambiamento interiore, un’energia che qui accogliamo il mondo non cambia. Ecco perché abbiamo bisogno della Pasqua e della compagnia di Gesù che non si è rassegnato alla morte ma è risorto perché tutti potessimo risorgere. Buona Pasqua, allora, vuol dire allontanamento da noi di ogni solitudine, tristezza, ripiegamento su di sé. Buona Pasqua vuol dire davvero ritornare ad una vita più bella, più solidale, più giusta, che ci renda partecipi e attori del risorgimento umano, culturale, sociale anche politico. Se non cambiamo noi non c’è l’energia, non si sogna più, non si progetta più non si pensa più al futuro dell’Umbria perché ciascuno pensa solo a sbarcare il lunario. La Pasqua ci aiuta a sognare un domani più bello per i nostri piccoli. Sono lieto di questa tradizione che vede la famiglie radunarsi in questo momento veramente è una bella idea, perché ci fa capire che questo non è un luogo separato lontano dalla vostra vita, ma proprio perché è la vostra vita deve essere un luogo nel quale sentirsi partecipi di uno sviluppo più giusto, di una dignità più robusta, perché anche da qui dipende il futuro della città, delle vostre e tante famiglie di questa amata Terni. Vorrei augurare a tutti una Buona Pasqua di risurrezione.