Ordinazione di Marco Crocioni, Christian Valentini e Andé Nkongolo Tshimanda

Ordinazione di Marco Crocioni, Christian Valentini e Andé Nkongolo Tshimanda

Care sorelle e cari fratelli,


 


questa domenica del “buon pastore” ci viene incontro in un momento davvero particolare per la Chiesa, un momento, assieme, di dolore e di gioia. Il nostro cuore e quello del mondo intero è ancora segnato dalla perdita di Giovanni Paolo II che è stato davvero un pastore buono per i cristiani ma anche per tanti uomini e donne di ogni cultura, di ogni fede, di ogni parte del mondo. La sua morte è stata la scomparsa di un padre comune, mostrando così il bisogno di amore e di paternità che gli uomini hanno. In questo mondo spesso accade di avere più “briganti” che padri. Sono poche le persone che dimenticano se stesse e i propri comodi per dedicare tutta la loro vita al Signore e agli altri. Giovanni Paolo II è stato un padre per il mondo. E nel giorno del funerale, piazza San Pietro era diventata come quell’unico ovile ove tutte le pecore finalmente si sono raccolte. Sì, attorno a quell’uomo, che aveva posto la sua vita al servizio del Signore, della sua Chiesa e del mondo sino al sangue, si è radunato il mondo intero: i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane, di tutte le grandi religioni mondiali, di tutti i governi del mondo e di milioni di persone di ogni parte del mondo. Tutti avevano imparato a conoscere la sua voce. Una voce che non ha mai cessato di dire il suo amore per tutti, e che fino alla fine ha gridato agli uomini di stare assieme senza farsi la guerra. In quel giorno il miracolo è avvenuto: tutti stavamo assieme. Ed ora che quella voce, che quello sguardo, che quelle mani non ci sono più ne sentiamo la mancanza.


Ma il Signore, che è il vero e unico pastore del suo gregge, non ci lascia orfani. E presto ci donerà un nuovo pastore. La Chiesa è in attesa che venga scelto il nuovo vescovo di Roma, chiamato anche a confermare nell’unità tutti i vescovi della terra. Domani, come tutti voi sapete, i cardinali entreranno in Conclave per scegliere il nuovo Papa. E noi già da questa sera, con questa santa Liturgia, invochiamo il Signore perché li aiuti a scegliere colui che nel nome del Signore dovrà guidare la sua Chiesa all’inizio di questo millennio. Siamo certi che lo Spirito Santo li guiderà nella scelta e colui che sarà eletto riceverà con abbondanza i doni dal Signore per essere un buon pastore della sua Chiesa. Per questo – al di là di tutte le alchimie che si fanno e di tutti i sottili ragionamenti che vengono proposti – con serena fiducia attendiamo e preghiamo: siamo infatti certi che il Signore stesso è alla guida del suo popolo.


Vorrei che questa santa liturgia di ordinazione fosse come inserita in questo momento così prezioso della Chiesa. Un momento di preghiera per Giovanni Paolo II ringraziando anche il Signore per avercelo donato e una preghiera per l’elezione del nuovo Papa. Oggi, infatti, appare ancor più chiaramente del solito il bisogno che il mondo ha di pastori buoni e santi. Quando ne muore uno come Giovanni Paolo II, vediamo il vuoto che si crea. Del resto, care sorelle e cari fratelli, siamo tutti testimoni di un mondo in cui la gente sembra abbandonata a se stessa. Sì, ciascuno vive in un clima di solitudine e di orfananza. E l’insicurezza che si respira ovunque nel mondo spinge ancor più le persone a pensare solo a se stesse e ai propri problemi. In tale contesto i più poveri e i più deboli sono abbandonati al proprio destino. L’amore sembra rarefarsi mentre aumenta la violenza. E la vita si è fatta più dura e più crudele. C’è bisogno che torni il pastore buono. C’è bisogno di un Papa, certo. Ma c’ è bisogno anche di preti e di preti buoni. Sono troppo numerosi i mercenari e i ladri che rubano il cuore della gente allontanandoli dalla felicità con falsi miraggi di benessere. A volte i mercenari si insinuano anche tra di noi, nelle nostre parrocchie, nelle nostre case. Chi sono? È tutto ciò che ci allontana dal Vangelo e dall’amore.


Ma la speranza ci giunge dalle parole dell’apostolo Pietro che ci dice: “Eravate come pecore disperse, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle anime vostre”(2, 25). Sì, siamo tornati al pastore delle anime nostre; o meglio, il pastore è tornato in mezzo a noi. È tornato in queste domeniche dopo Pasqua a radunarci; è tornato a farci sentire la sua voce: è stata la voce del risorto che chiama per nome Maria mentre sta piangendo davanti al sepolcro; è stata la parola che ha chiamato l’incredulo Tommaso a non essere più incredulo ma credente; è stata la parola che ha chiesto a Pietro: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”; e gli fu rivolta per tre volte. Anche questa sera, per tre volte, qui in cattedrale risuona la stessa domanda. Risuona per te Marco, per te Cristian, che state per ricevere il presbiterato, e per te André, che ricevi l’ordine diaconale. Il Signore non vi chiede questa sera se vi siete preparati, oppure se vi sentite all’altezza, o se avete fatto tutto il necessario per questo passo. No, vi chiede una cosa sola: “Mi amate voi più di costoro?” Questa è l’unica vera domanda che Gesù questa sera; è la domanda nascosta in tutte quelle che fra poco vi rivolgerò io stesso. Se rispondete: “Sì, o Signore, tu sai che ti voglio bene!”, Gesù vi dirà: “pasci le mie pecorelle”. Non vi dice: sei bravo, sei buono. Gesù vi dà un compito. E non perché ne siete capaci da voi stessi. Il ministero pastorale non si fonda anzitutto sulle vostre capacità, ma solo sull’amore, solo sulla dedicazione dell’intera vostra vita a Gesù: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo!”. E Gesù, come a Pietro, dice a voi di pascere le sue pecore, non le vostre ma le sue pecore. Non è allora solo un caso che riceviate l’Ordine sacro nell’anno che Giovanni Paolo II ha voluto dedicare all’Eucarestia, cuore della Chiesa e ragione del sacerdozio. Sì, il sacerdozio e il diaconato sono modellati dall’Eucarestia, nascono infatti dall’altare e portano all’altare. Tutta la vostra vita deve in certo modo ruotare attorno all’altare. Voi stessi perciò dovete diventare eucaristici. È a dire che dovete essere come quel pane “spezzato” e quel vino “versato” per i fratelli e le sorelle. Insomma, non vi appartenete più, come non si apparteneva più il Signore Gesù. Quante volte egli ha ripetuto ai suoi che non è venuto sulla terra per essere servito ma per servire? E servire, nel linguaggio evangelico, significa amare senza porsi alcun limite, appunto, come Gesù stesso per primo ha fatto. L’Ordine sacro vi plasma come pastori buoni per tutta la Chiesa: guardate Gesù, non staccate mai i vostri occhi da lui, e crescete nella sua imitazione. Sarete così uomini di amore, uomini di misericordia, uomini ricchi in umanità.


Tu, caro André, che sei venuto dall’Africa – e saluto i tuoi genitori che ti sono oggi accanto e gli altri amici africani – deve crescere nel servizio perché, una volta tornato nella tua e nostra terra africana, possa essere testimone dell’amore evangelico che supera ogni barriera e ogni divisione. Resterai ancora qui tra noi per terminare la tua formazione e per allargare ancor più le porte del tuo cuore perché l’amore trabocchi dal tuo cuore. E tu, caro Marco, che sei frutto di questa terra, divieni partecipe del presbiterio di questa Chiesa diocesana e sei ordinato per servirla con amore e con passione. Possano applicarsi a te queste parole rivolte ad un neo sacerdote che il beato papa Giovanni riporta nel suo diario: “Fai rivivere nostro Signore! Che si dica dietro di te: È Gesù tornato sulla terra a conversare con gli uomini. Sorridi a tutti, ai ricchi e ai poveri, ai poveri e ai ricchi egualmente: e se ammetti qualche ineguaglianza che essa sia a favore dei piccoli, i quali hanno maggiore bisogno di questa elemosina… imita la bontà (io adoro questa parola) la bontà e la mansuetudine del Figlio di Dio. Passa facendo del bene: guarendo ogni languore ed ogni infermità; evangelizzando il regno di Dio per i paesi e le città; imponendo le mani ai piccoli fanciulli, e sorridendo santamente alle madri. E visita i malati”. Il tuo ministero sacerdotale continua ora presso la parrocchia di san Giovanni Bosco che ti accolto come diacono e che ti ama con amore sincero. Ovviamente non dimenticherai i tuoi amici di Giove che oggi sono venuti per farti anch’essi corona. E tu, Cristian, che sei giunto in questa Chiesa come un dono inaspettato, sii tra noi, assieme ai tuoi fratelli e alle tue sorelle dei Ricostruttori nella Preghiera, che saluto con affetto assieme a padre Cappelletto, testimone del primato assoluto di Dio. Con te il monastero di San Simeone a Stroncone diviene ancor più chiaramente un’oasi di preghiera e un luogo di pace. È facile per noi lasciarci prendere dagli affanni e dalle angosce e farci travolgere dai ritmi di una vita spesso banale. Il vostro monastero ci aiuti a porre Dio sempre più al centro della vita.


E lasciate, care sorelle e cari fratelli, che in questa celebrazione così festosa ringrazi assieme con voi il Signore per questi cinque anni del mio servizio pastorale nella Chiesa di Terni, Narni, Amelia. Esattamente il 16 aprile del 2000 facevo il mio ingresso nella Diocesi. Non vi era un evento più bello di questo per ricordare a me, a voi cari sacerdoti, a voi cari ordinandi la preziosità e la bellezza del ministero pastorale. In questa domenica del “buon pastore” riscopriamo ancor più la gioia di servire il Signore senza porre limiti e ostacoli. E voi, cari fratelli e sorelle, pregate per noi perché impariamo da Gesù a servire la Chiesa di Dio e a crescere nell’amore. E il Signore Iddio ci aiuti tutti ad essere testimoni della sua misericordia.