Ordinazione di Iosif Subiac

Ordinazione di Iosif Subiac


E’ una grande festa oggi a San Zenone. L’ordinazione di un sacerdote è un evento che riempie tutti di gioia. Un nuovo prete è una grande benedizione del Signore per la nostra Chiesa. E’ un dono per tutti; per te caro Josif che vieni scelto dal Signore per essere al suo servizio; un dono per questa diocesi che riceve da Dio un  operaio in più per il lavoro della sua vigna, a partire da san Zenone ove Josif inizierà il suo ministero; è un dono di cui gioisce la tua mamma, mentre il papà ti accompagna dal cielo, e tutti gli amici. Con questa Santa Liturgia vogliamo anzitutto ringraziare il Signore per l’amore con cui continua a guardare questa nostra Chiesa Diocesana. C’è bisogno di preti, e di preti che siano come Lui li desidera.


Sappiamo che nessuno può attribuirsi il sacerdozio. E’ per di più un ministero così importante e alto che sarebbe addirittura temerario attribuirselo. Solo il Signore può donare il sacerdozio. E solo Lui può dare l’aiuto necessario per compierlo. C’è da dire, care sorelle e cari fratelli, che se ne comprendessimo bene l’altezza forse saremmo tentati di fuggire, come talvolta è accadeva ai santi. Si tratta infatti di una vocazione che comporta una vita alta, e per certi versi anche eroica. Per questo dobbiamo guardare con ammirazione e soprattutto con amore i nostri sacerdoti, aiutarli, pregare per loro, accompagnarli nel loro difficilissimo ministero. E’ una vocazione alta quella del prete. E richiede un impegno straordinario. Ma il prete è necessario per la vita della Comunità, così come il padre per una famiglia. E per questo non cesseremo mai di pregare il Signore perché mandi operai per la sua messe, come Gesù stesso esorta a fare. Sapeste quanto è triste vedere, anche qui nella nostra Diocesi, il bisogno di preti e non poter mandare nessuno! E qualche volta mi è capitato persino di sentire che ci sono genitori e nonni che ostacolano ragazzi che desiderano diventare preti! Come si celebreranno le Messe, come si amministreranno i Sacramenti, come potrà crescere cristianamente una comunità se mancano i pastori? Ma vorrei aggiungere che non solo la comunità cristiana ma anche la società ha bisogno dei preti. Soprattutto una società come la nostra divenuta dura e violenta. Le parole del profeta Abacuc ci debbono far riflettere. Il profeta si rivolge a Dio chiedendogli il perché sia indifferente a tanta violenza. E lamenta: “Ho davanti rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese”. Sì, care sorelle e cari fratelli, oggi nel mondo, ma anche a terni, ci sono rapine e violenze, contese e liti. E tanti sono lasciati soli al loro destino, piccoli e grandi, giovani e anziani. Chi si prende cura di loro? Ecco, cari amici, il prete è mandato anche per rendere più umana la società. Egli infatti è inviato da Dio per proclamare l’amore, la misericordia, il perdono, la solidarietà. Ecco perché il mondo oggi ha bisogno del prete. Ne abbiamo bisogno ancor più di ieri, proprio perché la violenza e la tristezza sembrano guadagnare sempre più terreno nelle nostre società. I preti sono una diga al male e alla violenza, oltre che pastori per la comunità cristiana.  Un nuovo prete è un dono anche per il mondo, anche per Terni. Non solo per la Diocesi.


Caro Josif, sei chiamato da Dio ad una missione alta, di fronte alla quale tutti dobbiamo tremare. Ecco perché il prete non è un uomo orgoglioso, un uomo sicuro di sé,  un uomo che sa fare da solo. No, il prete sa di essere un povero uomo, un uomo debole, piccolo che tuttavia il Signore ha scelto per svolgere un ministero alto e pieno di responsabilità. Se non ci fosse la sua grazia, sarebbe da fuggire, altro che da far festa. Ma, se ti affidi al Signore, la tua vita sarà affascinante. Direi che non c’è vita più bella, più soddisfacente, più alta, pur con tutte le pene che comporta, della vita di un prete! Sono 37 anni che sono prete: è stato un crescendo di soddisfazioni che ripagano altamente le non poche sofferenze e angustie che vivo e che ho vissuto. Essere prete è bello, davvero bello. Te lo possono dire anche i sacerdoti che oggi ti fanno corona e che assieme a me ti imporranno le mani. Certo, la nostra vita di preti è paradossale. Non siamo chiamati a svolgere un mestiere, a occupare un ufficio, a essere dipendenti di un capo. Noi viviamo una vita diversa dagli altri però stando in mezzo a loro. E non è che se non si porta la veste talare non siamo però diversi. Il prete vivere in maniera diversi dagli altri. Spesso anzi deve vivere in maniera opposta. Se tutti vivono pensando a se stessi, tu devi vivere pensando agli altri; se tutti sono preoccupati per le proprie cose, tu devi preoccuparti per le cose degli altri; se tutti pensano ai propri parenti, tu devi essere parente di tutti; se tutti sono ossessionati per la propria tranquillità, tu non puoi pensare alla tua tranquillità, il tuo cuore infatti è inquieto finché c’è anche solo qualcuno che non sta bene.


Ma ovviamente, senza l’aiuto di Dio, è impossibile vivere questo ministero. E’ il senso di questa celebrazione. Certo, c’è bisogno del tuo assenso ad accogliere il dono che Dio vuole farti. Per questo ti interrogherò, davanti a tutti, se accetti questo dono di Dio. E sarà il Signore stesso, attraverso l’imposizione delle mani, che effonderà nel tuo cuore la forza dello Spirito Santo che ti rende suo ministro. L’apostolo Paolo lo ricorda al giovane Timoteo che aveva posto a capo della comunità di Efeso, dopo la sua partenza: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione della mani”. Sarò prima io a importele e poi tutti gli altri sacerdoti. Entri così a far parte del presbiterio al quale è affidato da Dio il compito di guidare questa Chiesa diocesana di Terni-Narni e Amelia. Sai che non sei solo a vivere la responsabilità. E questo ti è di conforto per non scoraggiarti e assieme di stimolo per far crescere la fraternità con tutti i presbiteri della diocesi.


Cos’è questo dono che ti viene dato con l’imposizione delle mani? Molte cose si potrebbero dire a tale proposito, ma vorrei sottolineare quella che sta fondamento di tutte: essere simile a Gesù, buon pastore. E’ questo il dono che ti viene fatto: di essere come Gesù. Sì, caro Josif, sei chiamato a vivere come Gesù, a spendere perciò tutta la tua vita per il Vangelo e per la Chiesa. E per te debbono avverarsi le parole di Abacuc: “Il giusto vivrà per la sua fede”, ossia vivere per questo ministero. La tua vita è essere come Gesù. E la tua preghiera deve essere come quella degli apostoli che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Signore, aumenta la nostra fede!”,. ossia, Signore, fa crescere in me la grazia del sacramento dell’Ordine, fa crescere in me l’amore, la misericordia, la passione per i giovani, per i poveri, fa crescere in me la fraternità con gli altri sacerdoti. Se fai crescere in te questa passione anche tu sperimenterai i miracoli descritti nel Vangelo: sradicare piante amare dai cuori degli uomini e vederle scomparire nel mare, spostare montagne di amarezza e dissolversi negli abissi. Il ministero vissuto con amore, caro Josif, non è mai senza efficacia. Scrive Paolo a Timoteo: “Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore”. Certo, se facciamo i preti per noi, se ci preoccupiamo troppo di noi stessi e della nostra tranquillità, saremo presto delusi; diverremmo come quei servi che pretendono i primi posti.


Sii un uomo dell’altare. E’ di qui che nasci come prete e dell’altare devi vivere. Penso alla celebrazione della Santa Liturgia, sia la tua prima preoccupazione spirituale e pastorale. Abbi cura dei Sacramenti, in particolare della Confessione. Perdi tempo nei colloqui spirituali. La mensa della Parola di Dio sia la fonte delle tue parole. E poi cura l’altro altare quello della cura per tutti a partire dai poveri. Si tratta di due mense che non devi separare: l’altare dell’Eucarestia e l’altare dei poveri.