Notte di Natale – Cattedrale di Terni

Notte di Natale - Cattedrale di Terni

Care sorelle e cari fratelli,


quella notte un angelo del Signore si presentò ai pastori mentre custodivano il loro gregge. Una grande luce li avvolse e “furono presi da grande spavento”. Ma l’angelo disse loro: “Non temete, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, vi è nato un salvatore che è Cristo Signore”.


E’ il Vangelo di Natale. Ed è risuonato anche in questa cattedrale.  Una luce ci ha illuminato e l’incenso ci ha avvolti. E dall’ambone, come dal cielo di Betlemme, è risuonato l’annuncio del Natale. Forse l’abitudine, che ottunde i cuori, non ci ha fatto stupire e neppure spaventare come accadde ai pastori. Ma se guardiamo oltre noi stessi e ci affacciamo sul mondo vediamo gente spaventata, non per gli angeli, certo, ma per le violenze e per le guerre. E quanti poveri sentono crescere in loro la paura, visto che il futuro appare ancor più buio di quel che già è ora? I tempi che stiamo vivendo non sono facili e non sembrano portare serenità. Lo sappiamo tutti, ma lo vive particolarmente chi è più colpito: penso ai poveri, ai deboli, alle persone sole, a quelle angosciate, a quelle travolte dai problemi. E’ vero però che anche noi abbiamo bisogno di conforto e di sostegno. E ci viene chiesto, almeno questa notte, come fu chiesto ai pastori, di non fermarci a guardare il nostro gregge o a contemplare le nostre cose, ma di alzare lo sguardo da noi stessi per accorgerci del grande dono che Dio ci fa in questa santa notte.


E’ tornato anche qui l’angelo del Natale per dire a noi e a tutti: “Non temete! Non abbiate paura! Non lasciatevi prendere dalla rassegnazione e dallo sconforto!” Chi di noi lo ascolta potrebbe ribattere: ma come non temere? come non rassegnarsi di fronte alla forza del male? E, comunque, che posso fare io per cambiare il corso delle cose? Ricordo ancora la triste impressione che mi fece un giovane di un liceo di Terni il quale, durante un’assemblea di scuola a cui ero stato invitato, ribatté che era inutile impegnarsi, che non valeva la pena darsi da fare, perché è impossibile cambiare il mondo. La notte della rassegnazione era calata sul cuore di quel giovane. E non è il solo, quanti altri sono come lui! Non aveva ancora né udito né visto l’angelo di Natale. Ma così si finisce per pensare solo a se stessi e a poco altro.


Il mondo ha bisogno del Vangelo di Natale. Ne abbiamo bisogno tutti. E l’angelo torna per annunciare ancora: “oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore che è Cristo Signore”. Già Isaia lo aveva detto: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. La luce è quel Bambino. Dice l’angelo ai pastori: “Troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Care sorelle e cari fratelli, è tutto qui il Vangelo del Natale: quel Bambino, deposto in una mangiatoia, è Dio. Quel bambino debole, che piange come piangono tutti i bambini, è il creatore del cielo e della terra; è colui che libera il mondo dal male e che dona agli uomini la felicità e la pace. L’angelo dice: “è una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”. Il Natale non è solo per noi o per qualche gruppo, ma, per il mondo intero. Tutti sono chiamati a gioire: i vicini e i lontani, i buoni e cattivi, i piccoli e i grandi. Tutti possiamo incontrare Gesù, tutti possiamo aprire il cuore a quel bambino. Del resto è venuto per stare con noi, anzi, per restare con noi. A Betlemme nessuno si accorge di lui e chi se ne accorge non lo accoglie, è costretto a nascere in una stalla. Quanta tristezza c’è in quella frase di Luca: “Non c’era posto per lui nell’albergo”! Eppure Gesù, pur di restarci accanto, accetta anche il freddo di una mangiatoia. Sembra non poter fare a meno di noi, anche se, in verità, siamo noi a non poter fare a meno di lui. Come non commuoverci di fronte ad un amore così grande?


Impariamo da Francesco di Assisi a vivere il Natale, ad accogliere Gesù nel nostro cuore. Francesco, 780 anni fa volle rivivere il Natale a Greccio. Al suo amico Giovanni Velita disse: “Quest’anno voglio vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato Gesù nel nascere”. Francesco non voleva fare una sacra rappresentazione, voleva “vedere” la grandezza dell’amore di Dio che veniva anche nel freddo di questo mondo pur di salvarci. Gesù nasceva nel freddo di un mondo segnato dall’egoismo e dalla fame, dall’ingiustizia e dalla guerra, per ridare il calore dell’amore. Ma questo accade ogni volta che si celebra la Messa. Sì, ogni Messa è Natale. Un giorno Francesco parlò così ai suoi frati: “Vedete, ogni giorno il Figlio di Dio si umilia, come quando dalla sede regale scese nel grembo della vergine, ogni giorno viene a noi in umile apparenza; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato”. E quella notte, il presepe non fu una sacra rappresentazione, ma la celebrazione della Messa che fu tenuta, appunto, nella grotta di Greccio, nel freddo e nella povertà di una stalla. Francesco cantò il Vangelo, ebbe in visione il Bambino e lo accolse nella Comunione. Fu questo il presepe di Francesco, il Natale a Greccio. E’ il presepe che noi ogni domenica siamo chiamati a vivere. Sì, potremmo dire: il presepe a Betlemme e l’altare nella chiesa. Il presepe vero è perciò l’altare: sull’altare il Signore nasce ogni volta che si celebra la Messa. Sono ormai tre anni che nella Chiesa diocesana stiamo meditando sul mistero dell’Eucarestia perché diventi il centro della nostra vita, come lo era per Francesco. Questa sera, la vediamo legata al Natale. Questo sta a dire che ogni domenica è Natale; che dobbiamo accorrere ad ogni celebrazione eucaristica come i pastori accorsero per vedere Gesù. Con gli occhi vediamo il pane e il calice, come Maria e i pastori vedevano quel bambino; ma nel pane e nel calice, come nella carne di quel bambino, c’è Dio. Pensiamo allo stupore di Maria nel guardare quel bambino! Pensiamo all’attenzione che aveva quando lo prendeva tra le mani! Non dobbiamo avere anche noi quello stupore nel contemplare l’ostia? Non dobbiamo avere la stessa delicatezza mentre la riceviamo nelle mani? Spesso invece siamo distratti e disattenti, privandoci di quella gioia interiore che ebbe Maria e che gustò Francesco. Ricordiamoci che ogni domenica possiamo gustare la stessa commozione che in questa notte tutti sentiamo. 


Francesco sentiva molto il Natale. Riteneva che dovesse essere una festa bella per tutti e particolarmente per i poveri. Voleva che loro fossero i primi a far festa, e per questo li esonerava dal digiuno e li invitava a mangiare. Anche noi vogliamo seguire questa tradizione francescana facendo domani il pranzo dei poveri in cattedrale. Voi sapete che la mensa di San Valentino è aperta tutti i giorni per loro, ma domani il pranzo è qui, in duomo. Vedete qui, davanti all’altare, un tavolo già preparato. Potremmo dire che è il presepe preparato da Gesù; un presepe alla rovescia: quando viene il Signore, infatti, noi gli prepariamo una stalla, quando arrivano i poveri il Signore gli apre le porte della cattedrale e prepara per loro un banchetto. E’ un piccolo segno per comprendere quanto è grande l’amore del Signore.


Care sorelle e cari fratelli, apriamo le porte del nostro cuore al Signore che viene ed egli ci farà gustare la stessa gioia che gustavano i pastori in quella notte a Betlemme.