“Non soffiare sulla rabbia. E ricordiamoci i 25 milioni di nostri emigrati”
di Paolo Rodari
Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita: il cardinale Bassetti offre «leale collaborazione» al governo, ma chiede di evitare «rigurgitixenofobi». Salvini dice che se «non c’è casa e lavoro per gli italiani, figuriamoci per mezzo continente africano». Cosa pensa?
«Mi pare opportuno l’intervento di Bassetti come richiamo alla responsabilità sul piano istituzionale, civile, sociale. Ha fatto bene a insistere sul dovere di “lavorare per il bene comune senza partigianeria, con carità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale”. Il compito di ognuno è di riprendere a tessere i legami lacerati sul territorio e provocare un sussulto di amore per il Paese».
Salvini dice che servono centri per espellere. È lecito parlare così quando ancora ieri nove persone tra cui sei bambini sono affogati nel Mar Egeo e 47 cadaveri sono stati ritrovati di fronte alla Tunisia?
«Nella tradizione cristiana e dell’umanesimo laico è un “imperativo categorico” quello di accogliere chi fugge dalla guerra e da situazioni drammatiche. In meno di 100 anni sono partiti dall’Italia più di 25 milioni di persone e non perché in Italia c’erano la guerra o la persecuzione. Hanno collaborato – assieme a tanti altri immigrati – a rendere grandi tanti Paesi. E poi guai a distorcere la realtà e a favorire la percezione dell’insicurezza che si dice generata dagli immigrati fomentando la rabbia collettiva. Si dimentica un dato positivo: sono più di 5 milioni gli immigrati residenti in Italia, provenienti da circa 200 nazioni, a dimostrazione che abbiamo saputo accogliere. L’immigrazione va governata evitando chiusura e ingenuità
ambedue controproducenti».
Il neo ministro Fontana ha dichiarato che «le coppie gay non esistono». Nel 2016 disse di preferire il cardinale tradizionalista Burke a Francesco. Così anche parte del mondo cattolico. Quale cristianesimo cercano queste persone?
«Per i cattolici la scelta del Papa non è opera umana, ma dello Spirito. E grazie a Dio Francesco sta donando un nuovo spirito di fraternità e di pace a un mondo individualista e conflittuale. È ferma la sua convinzione che la vita vada difesa sempre, in ogni momento e condizione, da quella nascente a quella dei migranti, da quella violentata a quella che invecchia. La testimonianza di Francesco mostra l’amore gratuito proprio del Vangelo. E, mi lasci dire, come italiano, l’orgoglio di un Papa che ha scelto di chiamarsi con il nome del protettore dell’Italia, Francesco d’Assisi, il più universale tra i figli
di questa terra».
Agli attacchi contro il Capo dello Stato la Chiesa ha risposto con la preghiera del Te Deum per la patria. Perché questa risposta?
«L’arrivo di un nuovo governo è una buona notizia. Quanto accaduto ha spinto a una riflessione per il 2 Giugno che si riallacciava al 70° anniversario
della Costituzione. Quel testo va riletto sia nella lettera sia nello spirito, mostrando il pericolo che viviamo di una divaricazione tra politica e società. È il nodo più delicato e pericoloso che il Paese sta attraversando. Bisogna richiamare il bene comune e colmare un deficit di cultura. Qualsiasi operazione legislativa richiede un bagaglio culturale profondo, assieme a una conoscenza delle questioni».
La Chiesa si spende per l’integrazione anche attraverso i corridoi umanitari. Cosa rappresentano i migranti per il futuro dell’Italia?
«L’intuizione della Comunità di Sant’Egidio di realizzare corridoi umanitari rappresenta una intelligenza d’amore che coinvolge nell’integrazione
l’intera società. È di grande interesse che questa esperienza sia stata accolta anche da altri Paesi europei come la Francia, il Belgio e altri».
Perché per la Chiesa l’Europa è scelta ineludibile?
«Mi auguro che la storia resti “maestra nella vita”. L’Europa è nata dopo tragedie inenarrabili. I primi 45 anni della storia europea sono uno dei periodi più tragici dell’umanità. Dal ’45 l’Europa vive nella pace. Va evitata la tentazione di indebolirla. Semmai c’è bisogno di più Europa o di una
migliore Europa, di una casa comune dove nessuno sia lasciato indietro. Il problema non è distruggere la casa, ma renderla più efficiente, più bella per tutti particolarmente per i più deboli»
(da Repubblica)