Natale 2008 – Te Deum

Natale 2008 - Te Deum

Care sorelle e cari fratelli,


 


La Chiesa, otto giorni dopo il Natale, ci porta ancora una volta a meditare, o meglio, a rivivere questo mistero che ha cambiato il corso della storia. Il vero inizio che da un nuovo impulso alla nostra storia che sempre dovremmo ricordare è la nascita di Gesù. Le generazioni cristiane passate, infatti, proprio per questa convinzione, iniziarono a contare gli anni partendo dalla nascita di Gesù. E’ stato un evento che ha cambiato la storia umana, immettendovi una energia nuova di amore, di giustizia e di pace. Il 31 dicembre è solo una scelta legata alla conclusione della rivoluzione che la terra ha compiuto attorno al sole; si tratta di una convenzione che ci segnare il cambiamento di calendario. Ovviamente va bene fare festa. Certo è che il cambiamento della vita non dipende dalla terra che gira o dal sistema solare che si muove nello sconfinato universo. Quel che ha portato la vera novità nella storia è l’evento del Creatore del cielo e della terra che ha scelto di nascere in mezzo a noi. E il Te Deum che canteremo questa sera è un inno di ringraziamento proprio per la notte di Natale che continuiamo a celebrare. Sì, ringraziamo il Signore perché non se ne è stato nei cieli lontano ma è venuto ad abitare con noi.


Il Vangelo ci riporta accanto a quel Bambino. La scena evangelica posta davanti ai nostri occhi: quel piccolo gruppo di pastori, assieme a Maria e a Giuseppe raccolti tutti attorno a quel bambino è l’inizio di una storia nuova nel mondo. Non la storia di una dottrina, magari alta e straordinariamente saggia, non la storia di un impero, magari sapiente e giusto, ma molto più semplicemente la storia di una fraternità di amici, di un gruppo di persone che riconosce in quel Bambino il Salvatore: è la Chiesa. La Chiesa, care sorelle e cari fratelli, è tutta già qui. Certo, nel corso dei secoli si è arricchita di forme, di istituzioni, di realizzazioni, ma il suo cuore, la sua forza è tutta e solo in quel gruppetto della grotta di Natale. E’ questo evento che continua a generare amore, giustizia e pace nel mondo. E noi, attraverso la grazia del battesimo, ne siamo diventati partecipi. Sì, attraverso la sequela al Vangelo, noi siamo diventati partecipi di questo straordinario sogno di Dio di cambiare il mondo attraverso questo bambino. Essere cristiani è far parte di questo disegno straordinario di amore. In questi giorni siamo chiamati tutti a riconoscerlo, a capirlo e a viverlo. Purtroppo, spesso siamo a tal punto concentrati su noi stessi o sulle cose che crediamo importanti, e dimentichiamo questo orizzonte di amore che è la nostra vera sostanza e identità. Il Te Deum lo cantiamo anche per questo: per ringraziare il Signore di non essere soli, ma di far parte della Chiesa e quindi del disegno di amore di Dio sul mondo. Non siamo in balia del caso e neppure degli oroscopi e neppure del ciclo solare o dell’eterno ritorno. Noi siamo inseriti dentro una storia di amore che è quella della Chiesa, di questa Chiesa di Terni, Narni, Amelia. Sì ringraziamo il Signore di far parte di questa famiglia.


Lo ringraziamo per i doni che continua a farci. Lo ringraziamo per la storia di questi anni passati e in particolare di questo anno che abbiamo iniziato sull’onda della Lettera Pastorale “La via dell’amore”. In essa ho voluto evidenziare che l’amore, quello di Maria, di Giuseppe e dei pastori, per il Bambino è il cuore della fede cristiana. Sì, ci è chiesto anzitutto di amare in maniera larga e gratuita. E questo è possibile se iniziamo ad amare i piccoli e i poveri. Di qui rinasce la vita. Solo se percorriamo questa via dell’amore, che è quella del Buon Samaritano, cambieremo questa nostra società. Questa convinzione ci ha spinti a spenderci non solo per noi stessi o per le questioni interne alle nostre parrocchie, ma anche per la vita della città e per il suo sviluppo. E’ da tempo che cerchiamo di sollecitare la vita di tutti ad aprirsi e ad essere più generosa perché ogni persona, e non solo alcuni, perché tutte le istituzioni e non solo alcune, prendano a cuore in maniera rinnovata il destino di questa nostra città. Le energie ci sono. Lo abbiamo visto nel convegno di giugno appositamente intitolato: “Una responsabilità comune per il futuro della città”. Esce proprio oggi il volume degli Atti. Sono offerti alla città intera perché ciascuno continui la riflessione e ciascuno possa portare il suo responsabile contributo. La Chiesa diocesana, dopo il convegno, si è sentita interpellata in prima persona a pensare non solo alle proprie questioni interne ma anche all’intera città e al suo futuro. Su questo abbiamo tenuto l’assemblea diocesana di fine novembre. E una nuova lettera pastorale contribuirà a sviluppare questa prospettiva. Il mio augurio è che tutte le diverse istituzioni e realtà cittadine possano aprirsi ad una riflessione sulla città e avviare un processo virtuoso per affrontare con maggiore slancio gli anni che verranno.


Per cristiani servire la città significa anzitutto essere lievito di amore, di giustizia e di pace. Non sono anzitutto i programmi e neppure le strategie il primo contributo che noi possiamo offrire. Possiamo e cerchiamo di fare anche questo. Ma il debito grave che abbiamo verso la società di oggi, e non solo nella nostra città, ma anche nella regione e nel nostro Paese, è quello di far ritrovare l’amore. Sì dobbiamo ridare il cuore ad una società che spesso si comporta senza cuore, tanto da diventare spietata. Dobbiamo ridare l’amore gratuito ad una società che respira solo sul versante mercantile del dare solo se riceve. Dobbiamo ridare un’anima a questa società che sembra averla smarrita dietro il guadagno a tutti i costi, l’interesse esclusivo di singoli e di gruppi, un materialismo sempre più invadente, una rassegnazione che lascia dilagare l’egocentrismo, la ricerca di droghe per un attimo di felicità, e così oltre. I cristiani sono una risorsa per la città se sanno testimoniare il Vangelo dell’amore. E’ questa la prima frontiera della nostra responsabilità, care sorelle e cari fratelli. Ed è in questo contesto che ho voluto consegnare in questo anno a tutti voi il libro dei Vangeli della Messa di ogni giorno, da me commentati. Sfogliando queste pagine ogni giorno diventeremo quel lievito di amore di cui la città e il mondo hanno bisogno.


Le notizie di guerra che continuano ad arrivarci – ed in questi giorni sono particolarmente preoccupanti quelle che vengono dalla terra di Gesù – non possono vederci distratti, magari occupati solo per le nostre questioni interne. Le guerre, questa guerra, è l’emergenza di un malessere profondo che coinvolge quel “villaggio globale” che è il nostro mondo. Sì, la striscia di Gaza e il Negev fanno parte di noi, della nostra città, della nostra terra. Ecco perché assieme al Te Deum vogliamo anche invocare la pace. La preghiera per la pace che il primo gennaio la Chiesa ci chiede di fare, è il modo giusto per muovere i nostri primi passi nell’anno che viene. Il messaggio di Benedetto XVI intitolato “Combattere la povertà, costruire la pace”, richiama il rapporto perverso che c’è tra guerra e povertà. Là dove un povero non è aiutato, là dove muore un povero, si getta un seme di guerra, di cultura dell’indifferenza che diventa presto disprezzo e violenza. Solo se si apre un circolo di amore che porta all’attenzione ai poveri anzitutto, la pace troverà la sua vita. Sono lieto perciò di sapere che domani pomeriggio al termine della celebrazione eucaristica partirà dalla Chiesa di san Pietro un piccolo corteo per la pace che si concluderà nella Chiesa di san Lorenzo. E’ un modo per prender parte a quell’anelito di fraternità universale partito dalla grotta di Betlemme in quella notte nel quale il Principe della pace, come scriveva Isaia, è venuto ad abitare in mezzo a noi.


Care sorelle e cari fratelli, il libro dei Numeri riporta anche a noi la benedizione di Mosé al popolo di Israele: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti dia pace”. E’ la benedizione che chiediamo a Dio per la nostra città, per questa nostra terra, mentre ringrazio le autorità che hanno voluto prendere parte a questa nostra celebrazione e in particolare al Comune per la bella tradizione che da qualche anno vede porgere alla Chiesa diocesana un dono. Questo anno si tratta di una “pisside” per la Cattedrale di Terni. In essa, assieme alle ostie che diventano il Corpo del Signore, vogliamo deporre tutte le gioie e le speranze, tutti le tristezze le angosce di questa nostra città perché il Signore la protegga, le sia propizio e le dia pace.