Messa di ringraziamento per l’elezione del Papa
Care sorelle cari fratelli,
con questa celebrazione eucaristica vogliamo ingraziare il Signore per il dono del nuovo vescovo di Roma, nostro metropolita, e Papa della Chiesa universale, Benedetto XVI. E ringraziamo il Signore a nome dell’intera Diocesi che idealmente è riunita in questa cattedrale per questa santa celebrazione.
Abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli la narrazione dei primi passi dell’apostolo Pietro dopo la Pentecoste. Lo Spirito Santo era sceso sugli apostoli radunati nel cenacolo sconfiggendo le loro paure, i loro timori e le loro titubanze. Pietro, assieme a Giovanni, esce dal cenacolo e inizia a camminare per le vie del mondo. Sono i primi passi di Pietro. È una pagina illumina anche i primi passi di Benedetto XVI. L’altra sera, affacciandosi in Piazza San Pietro, si è presentato come un “semplice e umile lavoratore della vigna del Signore”. In queste sue prime parole rivolte alle decine di migliaia di persone della piazza sentiamo l’eco delle prime parole di Pietro al paralitico seduto alla porta Bella del tempio: “Non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù il Nazareno, cammina!” Sì, Benedetto XVI si è presentato alla Chiesa e al mondo “umile e insufficiente”, forte solo di Gesù nel cui nome però tutto è possibile per colui che crede. I nostri occhi l’altra sera erano rivolti al balcone della Basilica di San Pietro, come ad obbedire alle parole di Piero al paralitico: “Guarda verso di noi”. Noi lo abbiamo guardato e lui ci ha invitato ad alzare ancor più lo sguardo verso Gesù. Nel primo discorso ai cardinali ha detto: “Nell’intraprendere il suo ministero il nuovo Papa sa che suo compito è di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo”. E noi vogliamo guardare a lui per vedere meglio Gesù.
Ed è anche questo senso il senso del nuovo nome con cui si è voluto presentare. La scelta di un nuovo nome non è un semplice cambio di titolo, implica sempre una novità profonda nella vita di una persona. Gesù cambiò il nome a Simone per chiamarlo Pietro. Nel discorso rivolto ai cardinali radunati nella Cappella Sistina, Benedetto XVI ha voluto richiamare questa scena evangelica. “Ripenso in queste ore -diceva – a quanto avvenne nella regione di Cesarea di Filippo, duemila anni or sono. Mi pare di udire le parole di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, e la solenne affermazione del Signore: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Il nuovo nome significava un cambiamento profondo per la vita dell’apostolo, un cambiamento per sé e per gli altri. Da quel momento Simone diventava “pietra”, ossia “fondamento”. Il Papa si è presentato come Benedetto.
All’udire questo nome siamo tutti rimasti un po’ sorpresi. Ci è parso insolito. Ma la scelta non è stata casuale. Lui stesso, ieri mattina, lo ha spiegato. Ha detto di aver scelto Benedetto richiamandosi anzitutto al Papa Benedetto XV, il Papa che si oppose strenuamente alla prima guerra mondiale definendola “l’inutile strage”. Da allora tutti i pontefici del XX secolo hanno ripreso questa durissima affermazione di quel piccolo e gracile ma fortissimo Papa. E si oppose altresì alla divisione delle nazioni europee che si affrontavano con una violenza mai vista prima, ciascuna reclamando la benedizione di Dio sui propri eserciti che si scagliavano contro altri fratelli nella fede. Il nuovo Papa, Bendetto XVI, sulla scia di Benedetto XV, concludeva dicendo di voler essere il Papa “della pace e della riconciliazione”. Ma con il suo nuovo nome ha voluto anche ricordare l’altro Benedetto, quello di Norcia. E noi siamo particolarmente lieti di questo riferimento che tocca la nostra Regione umbra, e lo sentiamo come un ulteriore invito a non dimenticare le nostre radici cristiane e culturali. Lui, venuto dalla Germania, vuole ricordare anche nel nome quel tesoro di ispirazione religiosa e culturale che rappresenta San Benedetto per l’Europa.
Care sorelle e cari fratelli, davvero dobbiamo esclamare: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Sì, questo Papa è un dono di Dio a noi e al mondo. E viene davvero nel nome del Signore. Con commozione ricordo l’ultimo incontro che ho avuto con lui all’inizio del mese di febbraio di questo anno, mentre eravamo in piena crisi delle acciaierie. Durante la conversazione, ad un certo momento, il discorso è caduto sulle acciaierie e subito mi ha chiesto quale fosse il problema. Dopo una mia breve spiegazione della vertenza, ha aggiunto che la trattativa non sarebbe stata semplice, ma confidava che si potesse comunque risolvere presto per la tranquillità dei lavoratori e delle loro famiglie.
Noi oggi ringraziamo il Signore anche perché siamo certi che quel legame che lo univa da decenni a Giovanni Paolo II resta saldo, come lui stesso ha detto: “Mi sembra di sentire la sua mano forte che stringe la mia; mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare le sue parole, rivolte in questo momento a me: Non avere paura!”. È un legame che affonda le sue radici nel Concilio Vaticano II a cui ambedue, sebbene con ruoli diversi, avevano partecipato. Essi in verità sono ambedue frutti del Concilio, plasmati da quell’assise che è stata la grande Pentecoste della Chiesa del Novecento. E non a caso Benedetto XVI afferma “la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II… bussola con cui orientarsi nel vasto oceano del terso millennio”. Sono passati esattamente 40 anni dalla chiusura del Concilio e Benedetto XVI ci esorta a lavorare senza risparmio di energie alla ricostruzione dell’unità della Chiesa con gesti concreti che sollecitino la conversione; a far risplendere davanti agli uomini la luce di Cristo; a servire l’unità della famiglia umana con la pace; a sviluppare il dialogo tra le civiltà; a continuare il dialogo con i credenti delle religioni e con coloro che cercano.
Care sorelle e cari fratelli, è con grande attenzione che accogliamo la riaffermazione del Papa sulla centralità dell’Eucarestia. Da essa la comunità dei credenti trae tutte le sue energie. Sono vari anni ormai che la nostra Diocesi ha posto al centro delle sue preoccupazioni questo mistero da cui scaturisce l’intera vita della Chiesa. Noi tutti, sacerdoti e laici, giovani e adulti, bambini e anziani, credenti e non, ci stringiamo a Benedetto XVI perché la Chiesa sia in questo inizio di Millennio casa di misericordia e di pace per tutti. Furono questi i primi passi fatti da Pietro dopo Pentecoste quando ridonò vigore e forza a quel paralitico. Anche noi vogliamo porci su questa stessa via con maggiore risolutezza. Lo dico per me in questo quinto anniversario del mio ingresso in Diocesi e mentre raggiungo i sessanta anni di vita. LO dico per ciascuno di noi e per l’intera Diocesi. Insieme canteremo l’antico inno del Te Deum per ingraziare il Signore per il dono che ci ha fatto del nuovo Papa, Benedetto XVI. Ho voluto esprimere questi sentimenti in una lettera che oggi stesso consegnerò, chiedendo al Papa la Benedizione Apostolica per tutta la nostra Chiesa diocesana.