La Vocazione e la missione della Famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo

Una Chiesa missionaria

Grazie per l’invito a partecipare a questo Congresso Internazionale. Ho accettato volentieri anche perché il tema della “Vita” è uno degli snodi cruciali per il presente e per il futuro della Chiesa e della stessa Società. E sono lieto di poter salutare tutti voi e ringraziarvi per l’impegno con cui sostenete e difendete la vita nei vostri Paesi.

Abbiamo appena terminato il Sinodo dei Vescovi e nel documento finale si offrono non poche indicazioni sul tema della Famiglia e della Vita. Attendiamo l’Esortazione Apostolica post-Sinodale per poter accogliere le prospettive che Papa Francesco ci offrirà. C’è già però l’orizzonte nel quale iscrivere le nostre riflessioni e la nostra azione pastorale: è il nuovo slancio missionario che Papa Francesco ha proposto a tutta la Chiesa particolarmente con l’Enciclica Evangelii Gaudium. Il Papa invita le Chiese – e tutti i credenti – ad una vera “conversione pastorale”, ossia a intraprendere con nuovo slancio e nuova passione la comunicazione del Vangelo della Famiglia e della Vita.

E’ necessario mettersi “in uscita” – scrive il Papa – per raggiungere coloro che sono nelle periferie urbane ed esistenziali e comunicare loro il Vangelo in maniera non solo comprensibile ma soprattutto attrattiva. E’ evidente perciò che non basta più continuare come sempre abbiamo fatto, non basta qualche semplice aggiornamento. E’ necessario fare nostro lo stile stesso di Gesù così come appare nei Vangeli. Gesù è l’esempio da avere davanti ai nostri occhi. E seguirlo con gioia. E’ il cuore del messaggio della Enciclica Evangelii Gaudium.

Queste mie riflessioni vogliono essere un contributo che mi auguro possa aiutarvi a comunicare il Vangelo della Famiglia e della Vita alle donne a gli uomini dell’Asia di oggi. E, venendo da Roma, vi porto le parole che Sant’Ignazio di Antiochia disse ai romani quando giunse nella città per ricevere il martirio: “In tempi difficili, il cristianesimo non è opera di convincimento, ma di grandezza”. Cari amici, non si tratta di ripetere, ma di comunicare per attrarre e coinvolgere.

Ai testi magisteriali che già conoscete, penso in particolare alla Evangelium Vitae, di cui celebriamo il ventesimo l’anniversario, vorrei aggiungere due ultimi legati al nostro tema: il testo finale del Sinodo dei Vescovi e le catechesi del mercoledì di questo anno di Papa Francesco. Ne faccio solo un cenno. Il documento finale del Sinodo – approvato dai Vescovi, come sapete, a maggioranza qualificata – si sviluppa in tre parti. Nella prima viene fatta una lettura sapienziale della situazione storica nella quale si trovano le famiglie di oggi nei diversi continenti. E’ una utile lettura perché la comprensione della situazione storica è indispensabile per comunicare in maniera efficace il Vangelo. La seconda parte è un invito a guardare Gesù e ad accogliere i suoi sentimenti, per capire più in profondità la vocazione della famiglia cristiana e la forza del sacramento nuziale. Nella terza parte, infine, si tracciano alcune linee della missione che la famiglia cristiana è chiamata a compiere nella società di oggi. E’ forse la parte più innovativa perché spinge le famiglie ad essere soggetti responsabili della evangelizzazione e testimoni diretti e credibili della bellezza del Vangelo della Famiglia e della Vita.

Sono importanti anche le Catechesi del mercoledì di Papa Francesco. In esse, il Papa riversa un ricco tesoro di sapienza spirituale e pastorale: descrive la vita quotidiana delle famiglie, delinea le responsabilità dei singoli membri e nello stesso tempo offre la visione di una nuova alleanza tra famiglia e comunità cristiana in vista della evangelizzazione. Si tratta di due testi preziosissimi. Essi aiutano a far sorgere una nuova primavera delle famiglie cristiane: chi più delle famiglie cristiane può comunicare la bellezza del Vangelo della Famiglia e della Vita? E’ nelle loro mani l’effettiva realizzazione del Sinodo.

Una situazione paradossale

Una prima considerazione che desidero fare riguarda la situazione nella quale si trova la famiglia, oggi, nel mondo. La definirei una situazione paradossale. Da un lato infatti si attribuisce un grande valore ai legami familiari, sino a farne la chiave della felicità. I dati statistici mostrano che la famiglia è sentita dalla maggioranza delle popolazioni di tutti i paesi come il luogo della sicurezza, del rifugio, del sostegno per la propria vita. La stabilità coniugale resta pertanto un valore importante e un’aspirazione profonda, anche se la convinzione di stare insieme “per sempre” ha sempre meno dignità culturale, anzi si ritiene sia impossibile.

Dall’altro lato la famiglia è divenuta il crocevia di numerose fragilità: i legami vanno a pezzi, le rotture coniugali sono sempre più frequenti e, con esse, l’assenza a casa di uno dei due genitori. Le famiglie si disperdono, si dividono, si ricompongono. E c’è chi sostiene che “la deflagrazione delle famiglie è il problema numero uno della società odierna”. Un fenomeno sempre più rilevante è la moltiplicazione delle forme di famiglia. E’ divenuto normale pensare che gli individui possano “fare famiglia” nelle maniere più diverse: qualsiasi forma di “vivere insieme” può essere detta famiglia, l’importante – si sottolinea – è che ci sia l’amore. In tale orizzonte, la famiglia non è negata, essa viene posta accanto a nuove forme di vita e di esperienza relazionale che sono apparentemente compatibili con essa, anche se in verità la scardinano. E i dati già dimostrano l’affermarsi di una sorta di circuito disincentivante verso il “fare famiglia”. In diverse aree del mondo cresce il numero delle persone che scelgono di stare da sole. La deriva verso cui ci si dirige è chiara: una società de-familiarizzata o, se si vuole, a basso tasso di familiarità.

“Individualizzazione” della società e cultura di morte

L’indebolimento della famiglia trova una delle sue cause in una cultura che spinge sempre più verso un individualismo esasperato. L’affermarsi delle libertà individuali – un valore comunque di cui essere orgogliosi – se non trova alcun limite diviene patologico nel senso che impedisce la costruzione di relazioni durature e stabili. Ne consegue che la stessa società si individualizza. E’ quanto rileva il noto sociologo Sigmund Bauman. Per parte sua, il filosofo francese, Gilles Lipovetsky, parla di una “seconda rivoluzione individualista”, ove l’iperconsumismo della società spinge al culto dell’edonismo, alla privatizzazione della vita e ad una pericolosa autoreferenzialità. Ed ecco la desertificazione dei rapporti tra le persone, che purtroppo constatiamo ovunque. Ognuno indirizza la propria esistenza all’affermazione di sé, al culto di sé, alla realizzazione di sé. Tale attitudine è assieme prassi comune e valore da perseguire. Di conseguenza, la società diviene un ammasso di individui ove l’io prevale sul noi, la solitudine prevale sulla comunione, e i diritti dell’individuo su quelli della famiglia.  L’individuo, nuovo padrone di tutto, lo è anche della famiglia. E, per la prima nella storia, si scardina il nesso che lega “matrimonio-famiglia-vita”, da sempre e giustamente ritenuto il motore della società umana. Oggi viene destrutturato e ciascuno – in un delirio individuale di onnipotenza – lo ricompone a suo piacimento.

In questo orizzonte individualista appare per di più una contraddizione di fondo. Mentre si esalta l’individuo, nello stesso tempo si diffonde una cultura di morte. Mi fermo a riportare un passo dell’enciclica Evangelium Vitae che lo aveva colto già venti anni or sono: “Da un lato, le varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo e le molteplici iniziative che ad esse si ispirano dicono l’affermarsi a livello mondiale di una sensibilità morale più attenta a riconoscere il valore e la dignità di ogni essere umano in quanto tale, senza alcuna distinzione di razza, nazionalità, religione, opinione politica, ceto sociale. Dall’altro lato, a queste nobili proclamazioni si contrappone purtroppo, nei fatti, una loro tragica negazione. E’ ancora più sconcertante, anzi più scandalosa, proprio perché si realizza in una società che fa dell’affermazione e della tutela dei diritti umani il suo obiettivo principale e insieme il suo vanto”(18).

E ancora: “Come mettere d’accordo queste ripetute affermazioni di principio con il continuo moltiplicarsi e la diffusa legittimazione degli attentati alla vita umana? Come conciliare queste dichiarazioni col rifiuto del più debole, del più bisognoso, dell’anziano, dell’appena concepito? Questi attentati vanno in direzione esattamente contraria al rispetto della vita e rappresentano una minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo. È una minaccia capace, al limite, di mettere a repentaglio lo stesso significato della convivenza democratica: da società di «con- viventi», le nostre città rischiano di diventare società di esclusi, di emarginati, di rimossi e soppressi. Se poi lo sguardo si allarga ad un orizzonte planetario, come non pensare che la stessa affermazione dei diritti delle persone e dei popoli, quale avviene in alti consessi internazionali, si riduce a sterile esercizio retorico, se non si smaschera l’egoismo dei Paesi ricchi che chiudono l’accesso allo sviluppo dei Paesi poveri o lo condizionano ad assurdi divieti di procreazione, contrapponendo lo sviluppo all’uomo? Non occorre forse mettere in discussione gli stessi modelli economici, adottati sovente dagli Stati anche per spinte e condizionamenti di carattere internazionale, che generano ed alimentano situazioni di ingiustizia e violenza nelle quali la vita umana di intere popolazioni viene avvilita e conculcata?”(18).

Non vado oltre su queste riflessioni che voi conoscete molto bene. Ma è evidente che ci troviamo di fronte a due culture che si confrontano,: la cultura della vita con la cultura della morte. E la famiglia è nel cuore di questo confronto. Per questo non si deve separare la “famiglia” dalla “vita”. E’ il senso delle parole di Papa Francesco quando, durante il Sinodo, ha comunicato la sua intenzione di creare un nuovo Dicastero che unisca assieme “laici”, “famiglia” e “vita”. Non vado oltre su questo. E preferisco tornare al tema della famiglia.

La famiglia di nuovo al centro

Mi pare importante rilevare, di fronte al clima culturale cui ho accennato, l’urgenza di ridare dignità culturale e centralità sociale alla famiglia. Essa, infatti, si presenta come l’unica via per delineare un futuro saldo alle nostre società. Il delicatissimo passaggio storico nel quale ci troviamo delinea una sorta di spartiacque antropologico. In maniera sintetica lo raffigurerei con la contrapposizione tra l’affermazione biblica “Non è bene che l’uomo sia solo” – da cui è originata la famiglia –, e il suo esatto opposto, ossia  “E’ bene che l’individuo sia solo” e sciolto da ogni vincolo. Tale individualismo ha bisogno che la famiglia sia indebolita.

Dobbiamo però rilevare che, nonostante gli attacchi, la famiglia resta salda, tanto è radicata nel profondo del cuore dell’uomo. E’ la risorsa delle società: nessun’altra forma associativa ha le sue potenzialità umane e sociali. La famiglia ha avuto molte trasformazioni nel corso dei secoli, ma ha sempre rappresentato quanto di più umanizzante vi sia nelle società umane. Credo perciò che questo tempo di crisi – se siamo saggi e determinati – può trasformarsi in una opportunità di crescita per la famiglia e la vita. Certo, dobbiamo favorire modelli rinnovati di famiglia: ossia famiglie più consapevoli di sé, più rispettose del legame con l’ambiente circostante, più attente alla qualità dei rapporti interni, più interessate e capaci di vivere con altre famiglie. Insomma, viviamo in un tempo in cui c’è bisogno di “più famiglia”.

La vocazione e la missione della famiglia

Il Sinodo si è posto su questa linea, ossia sul bisogno di “più famiglia” sia nella Chiesa che nella società. Papa Francesco – e il Sinodo – chiedono di tornare a riflettere sul “mistero dell’inizio”. Gesù stesso rinviò a quel che era nel principio, quando gli posero la domanda sulla legittimità del ripudio: “all’inizio non fu così”(Mt 19,8). Già nelle prime pagine della Bibbia infatti viene tracciata la vocazione e la missione della famiglia. Non posso approfondire ora il testo biblico e mi fermo solo a rilevare che all’inizio della storia umana Dio affida ad Adamo ed Eva (in questa prima comunità sono presenti sia la “famiglia umana” che le singole famiglie) il compito di custodire il creato e la responsabilità della generazione: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela”(Gn 1, 28). E’ la sintesi della vocazione e della missione che Dio affida alla famiglia umana, di ieri e di oggi. Non siamo stati creati per rinchiuderci in se stessa, ma per rendere abitabile da tutti quella “casa comune” che Dio ha donato.

E’ in questa prospettiva che si comprende l’esortazione di Papa Francesco ai giovani che si avviano al matrimonio a sognare in grande, a pensare la famiglia come il luogo per rendere il mondo più giusto e più bello. Siamo ben lontani da quel sogno romantico di “due cuori e una capanna”. In effetti, la famiglia resta la via privilegiata per la piena umanizzazione di coloro che nascono alla vita, la via che può evitare le derive disumane di una società ipertecnica e iperindividualista. La famiglia – potremmo dire anche grazie ai suoi difetti e limiti – rimane il luogo della vita, il luogo del mistero dell’essere, il luogo della prova e della storia. La sua unicità rende la famiglia un insostituibile «patrimonio dell’umanità».

E il miracolo della vita Dio lo affida all’amore fecondo tra l’uomo e la donna: il matrimonio è una chiamata (una vocazione) alla generatività. E’ sulla differenza sessuale che si costruisce la “potenza” generativa. L’unione tra due uguali non sa generare (al massimo soddisfa un bisogno), mentre solo unendo la radicale differenza è possibile all’essere umano adempiere al proprio mandato (alla propria vocazione) di generare e di accogliere la vita. Per questo è nella famiglia che viene scritta la prima pagina della sacralità della vita che nasce, è dall’amore tra l’uomo e la donna che nasce l’accoglienza e la cura delle nuove generazioni, che si genera il dono responsabile della vita. La natura generativa dell’amore di coppia la rende poi capace di accoglienza di ogni vita, capace di accogliere anche chi viene rifiutato. Così l’adozione, l’affido, la cura delle persone fragili in famiglia sono frutto e compito dell’amore tra l’uomo e la donna. Andrebbe maggiormente tematizzato il tema relativo alla dimensione della paternità e maternità responsabile, come lo stesso testo sinodale sottolinea richiamando i testi del magistero. So che in questi giorni continuerete a riflettere con attenzione su questo tema.

La difesa e la cura della vita in tutte le età

Per parte mia – tra le innumerevoli osservazioni che si dovrebbero fare – vorrei sottolineare un aspetto che a me pare decisivo. L’orizzonte nel quale iscrivere l’intera questione della “vita” è la famiglia perché ne è il grembo ove sgorga, cresce, e giunge al suo compimento. C’è un aspetto “familiare” che deve tessere l’intero discorso sulla vita dal suo concepimento sino alla fine naturale.

La vita umana va perciò scandita sin dal senso materno come sua prima tappa. Il grembo della mamma è e resta la prima scuola di relazione tra due persone, una scuola fatta di ascolto e di contatto solo corporeo eppure intenso, un contatto che si nutre dei battiti del cuore materno. E qui credo sia importante sottolineare in maniera forte il ruolo della madre. E’ molto significativo il Messaggio di Papa Francesco per la quarantanovesima Giornata Mondiale della Comunicazioni Sociali sulla famiglia come luogo primario ove si apprende la comunicazione. E “grembo” della madre come prima “scuola” di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto corporeo. Vorrei proporvi alcune parole che mons. Romero pronunciò nell’omelia ai funerali di un suo prete ucciso dagli squadroni della morte: “Non tutti, dice il Concilio Vaticano II, avranno l’onore di dare fisicamente il loro sangue, di essere uccisi per la fede; però Dio chiede a tutti coloro che credono in lui uno spirito del martirio, cioè tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore… Perché dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; è dare la vita a poco a poco, nel silenzio della vita quotidiana, come la dà la madre che senza timore, con la semplicità del martirio materno, dà alla luce, allatta, fa crescere e accudisce con affetto suo figlio.” E’ uno splendido esempio di come annunciare la bellezza della maternità.

Vi è poi la seconda tappa, quella della fanciullezza, che chiede di essere sviluppata nella famiglia. E’ in questi anni che si apprendono, come in una sintesi, tutte le dimensioni della vita. Di qui il “primato” che i bambini devono avere nella attenzione della famiglia, della Chiesa e della società. Gesù ce lo insegna a chiare lettere, anzi a chiari esempi, partendo da, lui stesso che per abitare tra noi si è fatto bambino. Quando questo non accade – o perché non c’è la famiglia o manca uno dei genitori – appaiono le gravissime ferite inflitte su questi bambini innocenti. Papa Francesco insiste in maniera particolare perché si ponga attenzione a questa età della vita che troppo spesso viene scartata, abbandonata, dimenticata.

Vi è poi l’età dell’adolescenza. Ancora una volta l’esempio di Gesù è illuminante. Il suo legame obbediente ai genitori è evidente, ma nello stesso appare con chiara la capacità degli adolescenti di rispondere alla chiamata di Dio. In questa età essi iniziano ad assaporare i passi della libertà. Ma non possono compierli senza avere attorno a loro l’ambiente famigliare che li sostiene. Eppure, proprio questa età è colpita spesso in maniera gravissima. La loro vita viene non di rado violentata da stili di vita degli adulti che sono devastanti. E si danneggia talora per sempre la loro intera esistenza. Non possiamo non chiederci come aiutarli a crescere e come impedire che si vedano rubare l’anima da una società che non riesce a offrire valori per cui vale la pena vivere. Il fenomeno dei “bambini di strada” presente nelle grandi città di oggi è un segno della cattiveria di una società che non sa crescere i suoi figli.

Vi è poi la grande fascia dei giovani. E’ una generazione che in questo tempo di transizione è messa a dura prova. Il disagio di un enorme numero di giovani, soprattutto nelle sterminate periferie urbane, sta provocando guasti terribili. Purtroppo le generazioni degli adulti rischiano di offrire ai giovani una società nella quale è davvero difficile vivere di ideali. E si dimentica che è a questa generazione che viene – come scrive la Bibbia – di lasciare il padre e la madre per formare una sola carne e portare avanti il cammino della storia. Oggi, questa età della vita, sta vivendo una condizione problematica. E l’età adulta, su cui grava il compito arduo e assieme affascinante di “gestire” la società nel suo insieme, rischia di non avere più ideali alti che appassionino la nuova generazione che sale. E’ il rischio che i “padri” non sappiano più trasmettere ai giovani il sogno di un mondo migliore.

C’è, infine, l’ultima età della vita, quella degli anziani. Grazie a Dio la vita si è allungata e gli anziani sono cresciuti anche di numero. Ma, purtroppo, non è cresciuta l’attenzione verso di loro. Talora anche le comunità cristiane sono povere di idee e di affetto nei confronti degli anziani. E’ una nuova frontiera che richiede uno scatto di creatività e di generosità. Troppo spesso sono ritenuti un peso di cui sbarazzarsi il prima possibile. L’affermarsi dell’eutanasia sta a dire la crudeltà di una cultura che allunga gli anni, ma li rende poi terribili, sino a spingere ad odiare l’esistenza stessa. La difesa e il sostegno della vita negli ultimi anni è uno dei temi su cui siamo chiamati a porre maggiore attenzione.

In questo orizzonte vorrei porre tre questioni: la donna, la pena di morte e la difesa del creato. Sappiamo quanto la vita sia legata alla donna. Eppure è proprio su di essa che tanto spesso si abbatte la violenza. Il Sinodo dei Vescovi rileva che ancora oggi “essere donna suscita discriminazione: il dono stesso della maternità è penalizzato anziché valorizzato… Non bisogna nemmeno dimenticare i fenomeni crescenti di violenza di cui le donne sono vittime all’interno delle famiglie. Lo sfruttamento delle donne e la violenza esercitata sul loro corpo sono spesso unite all’aborto e alla sterilizzazione forzata. A ciò si aggiungano le conseguenze negative di pratiche connesse alla procreazione, quali l’utero in affitto o il mercato dei gameti e degli embrioni. L’emancipazione femminile richiede un ripensamento dei compiti dei coniugi nella loro reciprocità e nella comune responsabilità verso la vita familiare. Il desiderio del figlio ad ogni costo non ha portato a relazioni familiari più felici e solide, ma in molti casi ha aggravato di fatto la diseguaglianza fra donne e uomini”.

Vi è poi il tema della pena di morte. In questi ultimi decenni si è sviluppata sempre più la convinzione non solo della sua inutilità, ma anche della sua radicale ingiustizia, senza considerare i tragici errori in cui talora cade la giustizia umana. La Chiesa, ammaestrata dalle Sante Scritture, deve continuare a testimoniare che nessuno ha il potere sulla vita di un altro. Ed è quanto mai opportuno sostenere attivamente la difesa e la cura della vita umana anche in questa condizione.

Un’ultima osservazione riguarda la questione ecologica. Non mi dilungo su questo tema. E’ indispensabile riflettere sulla Enciclica Laudato sì. Non ci troviamo di fronte ad un Papa “verde”. Papa Francesco ha uno sguardo ben più ampio e si iscrive nella missione originaria della Genesi, quella della difesa del creato come missione affidata alla Famiglia umana e alle singole famiglie. C’è bisogno di una vera “conversione ecologica”, sostiene Papa Francesco. C’è bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale e spirituale perché la “casa comune” è affidata alle nostre mani non venga irreparabilmente distrutta. E tale rivoluzione coinvolge certo la politica, l’economia, la cultura e assieme anche i comportamenti delle singole famiglie. Non mi dilungo ma sottolineo che la nostra prospettiva sulla vita trova oggi un alleato preziosissimo in coloro che si impegnano per la cura dell’ambiente. E’ il legame strettissimo tra ecologia ambientale e ecologia umana.

Conclusione: famiglia e comunità cristiana per un nuovo slancio missionario

Avviandomi alla conclusione vorrei ricordare l’urgenza di un nuovo rapporto tra le comunità cristiane e le famiglie. Sappiamo bene, soprattutto dopo questo Sinodo, che non si tratta semplicemente di aggiornare la pastorale famigliare e quella della vita, quanto piuttosto di rendere più famigliare l’intera azione pastorale della Chiesa. In tal senso, è urgente investire molto più di quanto facciamo sulla testimonianza del Vangelo della Famiglia e della Vita da parte delle stesse famiglie cristiane. Il solo contrasto non basta. Il Vangelo della Famiglia e della Vita va proposto con sapienza e con gioia. Questo richiede il superamento della distanza che spesso vediamo tra le singole famiglie e la comunità cristiana. Oggi, troppo spesso, le famiglie sono poco ecclesiali e chiuse in se stesse, mentre le comunità cristiane sono poco famigliari e troppo burocratizzate.

Papa Francesco esorta a trovare un rapporto più stretto: “Oggi l’alleanza tra famiglia e parrocchia è cruciale. Contro i “centri di potere” ideologici, finanziari e politici, riponiamo le nostre speranze in questi centri dell’amore, evangelizzatori, ricchi di calore umano, basati sulla solidarietà e la partecipazione”. Oggi afferma di nuovo: “Rafforzare il legame tra famiglia e comunità cristiana è oggi indispensabile e urgente”. A alle famiglie dice: “Le famiglie a volte si tirano indietro, dicendo di non essere all’altezza… Ma nessuno è degno, nessuno è all’altezza, nessuno ha le forze! Senza la grazia di Dio, non potremmo fare nulla. E il Signore non arriva mai in una nuova famiglia senza fare qualche miracolo. Ricordiamoci di quello che fece alle nozze di Cana! Sì, il Signore, se ci mettiamo nelle sue mani, ci fa compiere miracoli”.

Le famiglie possono ridare un’anima famigliare alle parrocchie. E alle comunità cristiane chiede di fare la propria parte come, ad esempio, di “superare atteggiamenti troppo direttivi e troppo funzionali, favorendo il dialogo interpersonale e la conoscenza e la stima reciproca. Le famiglie prendano l’iniziativa e sentano la responsabilità di portare i loro doni preziosi per la comunità. Tutti dobbiamo essere consapevoli che la fede cristiana si gioca sul campo aperto della vita condivisa con tutti, la famiglia e la parrocchia debbono compiere il miracolo di una vita più comunitaria per l’intera società”.

Queste affermazioni finali di Papa Francesco aprono ad una nuova e più larga visione. Famiglie e comunità cristiane, in un mondo che globalizza individualismi e conflitti, sono chiamate a far risuonare la profezia del Vangelo della Famiglia. La famiglia deve allontanare la tentazione del familismo che la relega nel circolo ristretto dei propri affetti. Se si apre al più vasto orizzonte della società, essa si conquista il diritto di stare al timone della storia, della cultura, della politica e dell’economia dei popoli: sarebbe un’autentica rivoluzione per la comunità umana. L’amore che fonda la famiglia infatti è una energia che porta ad andare oltre ogni confine, da quelli familiari a quelli sociali. Si potrebbe dire che l’amore  che la famiglia cristiana riceve in dono da Dio la porta ad uscire da sé e a riscoprire la vocazione dell’inizio, ossia custodire il creato e formare le generazioni nella fede, nella speranza e nell’amore. Il sacramento del matrimonio incorpora questa vocazione e questa missione delle origini nel legame indissolubile di Cristo e della Chiesa.

In questa vigorosa rilettura della missione famigliare e della testimonianza ecclesiale, Papa Francesco suggerisce una Chiesa che, attraverso la fitta rete delle comunità famigliari, divenga fermento di fraternità fra tutti i popoli della terra. E’ decisiva la scelta di pensare il futuro della società, della Chiesa e della famiglia alla luce di quell’alleanza che il Signore ha stabilito tra l’uomo e la donna per la “guida” del mondo. E’ questo il mistero grande «in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (cfr. Ef 5,32). Alle nostre famiglie è chiesto di essere testimoni di quell’amore che riesce a scaldare i cuori e a trasformare il mondo.