Incontro della Commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana con il presidente Mario Draghi

Signor Presidente,

La riforma che oggi le presentiamo si intitola “l’abitazione come luogo di cura degli anziani”. Potrebbe sembrare un titolo ovvio. In realtà presenta una rivoluzione copernicana, il rovesciamento di un paradigma purtroppo consueto che vuole gli anziani emarginati e scartati.  La pandemia ha svelato in tutta la sua crudezza le conseguenze drammatiche di tale prospettiva.

La riforma che la Commissione presenta – e ringrazio ancora il Ministro della Salute, Roberto Speranza per averla istituita e per avermi concesso il privilegio di guidarla – ha l’ambizione di rimettere gli anziani al centro dell’attenzione e della cura perché restino nelle loro abitazioni, nei loro quartieri, là dove vivono da una vita, sia nelle grandi città sia nei Comuni delle aree interne che sono peraltro a rischio di spopolamento.

Gli anziani in Italia sono – siamo – ormai un grande popolo, signor Presidente: più di 14 milioni di persone e con una grande domanda, quella di non essere abbandonati, lasciati soli, sradicati dalla propria storia. Sentono come una condanna vivere gli ultimi anni della loro vita collocati in luoghi anonimi. Il volume che presentiamo inizia perciò con una Carta dei Diritti degli Anziani e dei Doveri della Società: l’Italia, paese tra i più longevi ed invecchiati al mondo, ha la responsabilità di tracciare una via di civiltà, che riporti il debole e il fragile nel cuore stesso della vita sociale.  “Anziani al centro” in maniera sintetica vuol dire essenzialmente 3 cose:

  1. Avere servizi che siano prossimi agli over 65, che anticipino le domande, che eroghino soluzioni prima che sia tardi e che il declino sia irreversibile. In questo senso troverà, signor Presidente, l’idea di un “continuum di servizi”, che parte dalla offerta di reti di prossimità, di valutazione dei bisogni, di inclusione sociale, digitale e culturale per tutti gli over 80. Quattro milioni di cittadini – tanti sono ora gli ultraottantenni in Italia – saranno ospitati in questa rete umana e informatica perché nessuno sia più lasciato solo e inascoltato.
  2. Una seconda cosa vuol dire “anziani al centro”: è necessario portare e integrare servizi nelle loro abitazioni affinché sia finalmente sanato l’assurdo divorzio fra sociale e sanitario che sta vanificando da decenni gli sforzi di soluzione per le cronicità e la non autosufficienza. Per centinaia di migliaia di over 65 con gravi difficoltà motorie, ad esempio, non avere l’ascensore significa non solo non poter uscire ma anche andare verso un declino di salute tanto irreversibile quanto evitabile. Per altro verso si deve dire basta alla pletora di piccole e grandi commissioni che sminuzzano le risposte e costringono gli over 65 a percorsi infiniti.
  3. E ancora, “anziani al centro” vuol dire creare nelle grandi periferie delle città come nei centri storici e nei paesi, spazi di incontro e cura, centri diurni che siano occasione di sostegno anche per le famiglie, cioè per quell’ altro grande popolo che si prende cura, spesso in mezzo a enormi difficoltà, di chi è avanzato negli anni. Poter portare i propri cari in un centro qualificato e attrezzato per molte ore al giorno, significa non solo poterli mantenere a casa ma anche avere la possibilità di lavorare, riposare, gestire tempo e risorse con ben altra prospettiva!

Troverà molto altro, signor Presidente, nel volume che abbiamo portato alla sua attenzione. Per parte mia desidero soprattutto offrirle quella che a nostro avviso è una possibile chiave di lettura di tutti i nostri interventi nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: riformare i nostri servizi e renderli realmente fruibili rappresenta un sogno di unità del nostro Paese.  Gli anziani rappresentano un crocevia strategico dove si possono incrociare diverse economie: certamente quella delle soluzioni digitali e innovative, delle riqualificazioni urbane, attraverso i centri diurni e il co-housing e quella di nuove prospettive di lavoro e occupazione. Queste sono forse le conseguenze positive più prevedibili. Si pensi a quanto un discorso di reale presenza di servizi può valere nelle aree dove l’Italia rischia di spopolarsi, nelle migliaia di comuni dove gli anziani sono maggioranza ma non c’è nulla per loro: green economy significa anche non abbandonare territori, incoraggiare le persone a restare, integrare forze giovani di immigrati. Fare unità intorno a chi è anziano, fare equità, combattere distanze e diseguaglianze è provare a innescare un inclusivo sviluppo per il nostro Paese e rendere sostenibile la spesa assistenziale! Non da ultimo, signor Presidente, significa anche dire ai nostri giovani una cosa molto importante: che le stagioni ultime della vita possono essere felici, dignitose e circondate da affetto. È una speranza importante per tutti.

Per questo incrociarsi di economie, competenze, piani e dimensioni, troverà nella riforma anche il testo di una legge delega che porti in Parlamento su Sua iniziativa, una discussione ampia ed articolata sui principi e sulle modalità di attuazione. Sempre per questo motivo proponiamo, sotto gli auspici della Presidenza del Consiglio e del Ministero della Salute, la creazione di una cabina di regia che raccolga ministeri e regioni, comuni e forze del terzo settore e che possa guidare la sperimentazione ed implementazione di servizi altamente innovativi e delle necessarie riforme di legge e misure attuative che devono accompagnarle.

C’è una bellezza nell’essere anziani! E’ il sogno che guida questo nostro progetto di riforma. È un sogno per tutti per me già anziano e per le generazioni che salgono. Sarebbe bello che la politica ritrovi anch’essa l’unità necessaria per disegnare un futuro attento ai nostri anni più fragili.