Il Papa chiede una scala tra le generazioni

Gli anziani sono stati tra i più colpiti dalla pandemia, è quasi superfluo ricordarlo.
Papa Francesco, nell’enciclica Frateli tutti, aveva sottolineato che non era la prima volta: Qualcosa di simile era già accaduto a motivo delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente scartati. Già, la cultura dello scarto. I dati sono impietosi: secondo l’Istituto superiore della sanità in Italia, a fine aprile 2021, quando l’emergenza ha cominciato a rientrare, l’età media dei pazienti deceduti per Covid era di 81 anni.

Il documento del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita del 7 aprile 2020, pubblicato poco dopo l’inizio del lockdown, individuava nella solitudine e nell’isolamento i principali motivi per cui il virus stava battendo così duramente sulla popolazione anziana. E qualche tempo dopo un altro documento della Pontificia Accademia per la vita, dal titolo significativo e provocatorio, La vecchiaia: il nostro futuro, metteva in risalto un dato sociologico ineludibile: negli Stati Uniti tra il 1985 e il 2004 le reti amicali di sostegno si sono ridotte drasticamente di numero, abbattendo di fatto anche in Italia quella spontanea rete di accompagnamento e protezione che ha assicurato per secoli una vita dignitosa ai più anziani.

È un tema, quello degli anziani, che a monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, sta molto a cuore. A causa dell’allungamento della vita, per la prima volta nella storia umana convivono oggi sotto lo stesso cielo ben quattro generazioni. È come se ognuna fosse come il piano di un palazzo, privo però di scale e ascensori. Generazioni che rischiano di non comunicare tra loro, fuor di metafora.
Qui sta la straordinaria intuizione di papa Francesco, continua il vescovo, di proporre la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, sottolineando l’importanza di sensibilizzare alla relazione tra questi ultimi e i loro nipoti. È come se il Papa chiedesse di costruire subito la scala tra il primo e l’ultimo piano, cioè tra i due estremi anagrafici, per unire così anche le generazioni di mezzo.

Da un anno monsignor Paglia è anche presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitariadella popolazione anziana per nomina del ministro della Sanità Roberto Speranza. Di fronte allo scandalo della morte di tanti anziani, nel 2020 chiesi di incontrare il ministro, racconta. Gli feci osservare una grande contraddizione: l’Italia è molto avanzata nelle conoscenze scientifiche, nella medicina e nell’igiene pubblica e ha potuto così allungare la vita media dei cittadini. Poi, però, di fronte a eventi come il Covid non è stata in grado di mantenere questo standard, al punto che i luoghi della cura sono diventati i luoghi della condanna a morte per tanti anziani.

Alla proposta di creare una commissione governativa, il ministro accetta la sfida, mettendo monsignor Paglia a coordinarla. Una commissione che, a parte lui, è composta da tutti membri laici con il compito di analizzare la situazione e avanzare correttivi. La relazione dovrebbe a breve essere presentata al Governo. Al centro della proposta c’è un cambio di prospettiva: riteniamo che sia prioritario prendersi cura degli anziani lì dove vivono, nella loro abitazione, facendo sì che non siano mai lasciati soli. Una questione di civiltà che risponde a un’ispirazione evangelica. Si tratta di assicurare a tutti quello che chiamiamo continuum assistenziale: prendersi cura di loro tenendo conto delle condizioni in cui via via si trovano. Può accadere che quando non si è più autosufficienti ci sia bisogno di cure particolari nelle Rsa, che vanno però ripensate.
Una vera rivoluzione culturale che dovrebbe passare attraverso la creazione di una cabina di regia e di un iter parlamentare per approvare una riforma che potrebbe godere degli investimenti previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).