«I malati Covid terminali avranno i parenti vicini»
di Serena Sartini
Visitare i propri cari e accompagnare nel fine vita i malati di Covid.
Al momento non è possibile, per le restrizioni imposte da ospedali e strutture sanitarie, che vietano qualsiasi contatto con i positivi. Da oggi qualcosa cambia. Parte dall’ospedale di Prato, per poi estendersi in tutta la Toscana la sperimentazione che consente di visitare chi si avvicina alla morte anche durante la pandemia.
Un’iniziativa promossa da Tutto è vita Onlus. Ne parliamo con monsignor Vincenzo Paglia, presidente della commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana promossa dal ministro Speranza.
«Mi pare che l’iniziativa sia particolarmente significativa, perché risponde a quel bisogno di relazioni umane che in questo tempo di distanza sociale sono preziosissime. Ci troviamo di fronte a situazioni limite, nelle quali la solitudine sentita anche come abbandono, assume tratti ancor più terribili. Ecco perché questa decisione della Toscana di permettere in piena sicurezza la visita ai cari all’ospedale mi pare particolarmente significativa».
L’idea potrebbe diffondersi in tutta Italia?
«Nella commissione più volte ne abbiamo parlato. Anche perché ci sono giunte non poche lettere sulla tragedia di tanti anziani, che da marzo non ricevono le visite né di familiari né di amici.
Ricordo una lettera di un’anziana di Bergamo che diceva di comprendere l’impegno a trovare soluzioni perché si svolgessero le partite di calcio e si potesse permettere l’accesso allo stadio, ma chiedeva perché nessuno pensasse anche alla possibilità per i malati di incontrare almeno qualche familiare. In questo senso la Commissione ha preso subito in carico queste preoccupazioni. Abbiamo preparato un testo, presentato al ministro Speranza, perché si possa permettere in piena sicurezza la visita ai propri cari e amici. Mi auguro che, quanto prima, gli organi deputati al controllo possano decidere positivamente affinché in tutta Italia si possano permettere queste visite».
Concretamente come si attua la proposta?
«È molto articolata perché deve tenere insieme due dimensioni, quella della sicurezza e quella dell’amore, anzi direi che l’una e l’altra si compenetrano. Le raccomandazioni che vengono fornite ai visitatori sono rigorose e dettagliate, perché la salute dei malati è davvero il primo obiettivo che tutti ci proponiamo, ma anche consapevoli dei danni che provoca una solitudine d’abbandono».
Vicinanza ai malati: è questo l’impegno della chiesa?
«Proprio domenica il Vangelo ci ha ricordato l’importanza della visita ai malati. La visita oltre a essere un comandamento dell’amore che consola l’anima, è anche una potente medicina per il corpo. L’indispensabile correttezza per evitare qualsiasi pericolo di contagio non deve portare alla rassegnazione. Nessuno deve essere lasciato solo. Essere vicini gli uni agli altri, soprattutto a chi è malato è la medicina cruciale».
(Il Giornale)