Funerale di Edoardo

Funerale di Edoardo

Care sorelle e cari fratelli,


ci siamo raccolti in tanti in questa nostra cattedrale per dare l’ultimo saluto a Edoardo. Siamo tutti molto tristi; e anche questa nostra cattedrale lo è. Edoardo stava qui proprio qualche settimana fa, assieme alle centinaia di suoi compagni che dovevano fare la cresima. Lui stava seduto per terra, davanti l’altare, sotto i gradini. Dove si trova ora. Ricordo che lo chiamai accanto a me per leggere un piccolo passaggio del Vangelo di Emmaus: il Vangelo di Gesù che si fa compagno di strada di due discepoli che si erano rattristati per la sua morte. L’avevo notato, stava a sentire attento e lo chiamai. Dopo qualche diniego si è alzato ed è venuto accanto a me. Era felice, e con lui tutti noi. Oggi siamo tutti tristi. Anche la cattedrale è triste.

Ancora una volta però gli ha aperto le porte per accoglierlo, per dirgli il suo amore e per accompagnarlo sino all’ultimo traguardo, quello che la vita gli ha negato. La morte, che è sempre brutta e sempre cattiva, ce lo ha portato via. Essa è un nemico davvero terribile. E a ragione tutti vorremmo allontanarla da noi. Anche Gesù lo chiese al Padre; e aveva esattamente venti anni in più di Edoardo.

Questa volta, però, la morte è stata davvero vigliacca. Senza alcun preavviso si è insinuata veloce come un serpente velenoso, più veloce della corsa, e ci ha strappato di mano questo fiore giunto quasi al traguardo. Sì, la morte lo ha strappato dalle vostre mani, di voi cari genitori e sorelle. So quanto lo amavate. Del resto Edoardo si faceva amare: era sempre felice; lo era a tal punto che lo pensavate persino ingenuo; ma lui era sereno nel cuore, era desideroso di vivere, di giocare, di stare con gli amici. E tu, caro Alberto, avevi persino lasciato il lavoro per stargli accanto. Mi raccontavi ieri di averne parlato con lui. E Edoardo, senza esitazione alcuna, aveva acconsentito: ti voleva vicino, ti voleva bene. E voleva bene anche a te, cara Donatella, che lo hai curato e fatto crescere con affetto materno. Ma la morte improvvisa e cattiva ve lo ha strappato dalle mani, come pure da quelle di tutti i suoi compagni, quelli della scuola e della parrocchia. E ha scritto bene uno di voi, cari ragazzi, su un biglietto: “non riesco a farmene una ragione”. È vero, nessuno di noi se ne riesce a fare una ragione. E tutti vorremmo come cancellare quello che è accaduto dalla lavagna nera della morte, purtroppo non è possibile. Eppure noi non lo vogliamo dimenticare, non vorremmo neppure lasciarlo andare. Per questo siamo venuti in tanti questa mattina. Pur sapendo che nessuna morte è giusta, sentiamo che questa lo è ancor meno. E vorremmo dirlo al Signore, vorremmo gridarglielo. Non ci è stato possibile rivolgere a Gesù nemmeno la preghiera che gli fece quel capo della sinagoga per la sua figlia: “Signore, la mia figliola è agli estremi; vieni a imporgli le mani perché sia guarita e viva”. Edoardo stava bene, ed era felice. Ma ora siamo qui. La morte ce lo ha tolto.

Il Vangelo non ci lascia però senza risposta. E viene a dirci che Gesù è stato ancor più veloce della morte. Sì, Gesù ha corso più svelto della morte, ha preso Edoardo tra le sue braccia e lo ha salvato dal potere malvagio della morte. Gesù sa bene cos’è la morte e quanto sia violenta. Anche lui ne ha avuto paura; e ne è stato colpito. Aveva trentatre anni, venti più di Edoardo. Sembrava che avesse sconfitto anche lui. In verità Gesù ha affrontato la morte e l’ha vinta. Ed ora viene in soccorso di tutti coloro che ne sono colpiti. E li salva sottraendoli dal buio della disperazione. Sì, Gesù è corso verso Edoardo e, mentre la morte pensava di cantare vittoria, è stata sconfitta ancora una volta. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci narra una di queste vittorie di Gesù sulla morte. Non tutti allora lo compresero. Infatti, mentre Gesù andava verso la casa di quella ragazza alcuni servi raggiungono il gruppo e dicono al padre della ragazza: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il maestro?”. Ma Gesù rivoltosi al capo della sinagoga gli dice: “Non temere, continua solo ad aver fede!” Pochi credevano a quelle parole e si misero anche deridere Gesù. Capita anche oggi che tanti non badano alle parole di Gesù e si rassegnano alla tristezza della vita, lasciando che il male continui a vincere indisturbato. Ma Gesù, che amava quel padre che si era rivolto a lui con la fiducia che poteva vincere la malattia, gli disse: “La ragazza non è morta, ma dorme”. Com’è possibile? A noi appare la durezza implacabile della morte. Ma Gesù ci dice che Edoardo dorme. Ed in effetti c’è un dialogo segreto tra Gesù e il suo piccolo amico Edoardo; un dialogo che a noi non è dato né di sentire né di comprendere. Ma Gesù gli è accanto con amore e con tenerezza. E lo abbraccia stringendoselo al petto. Potremmo dire che quella cresima che avrebbe dovuto ricevere fra qualche mese la riceve ora dall’abbraccio di Gesù. E questa nostra celebrazione descrive quasi alla lettera quel che sta ora accadendo a Edoardo. Apriamo bene gli occhi del cuore. E lo vedremo. E ne saremo consolati. Scrive il Vangelo che Gesù, giunto alla casa di Giairo, fece tacere tutti coloro che strepitavano e piangevano, chiamò il padre e la madre della fanciulla ed entrò dove stava la bambina. Presale quindi la mano le disse: “Alzati!” E la bambina si alzò. Sì, oggi Gesù prende per mano Edoardo e lo alza: non è più prigioniero della morte. Edoardo si alza e corre veloce verso il traguardo, verso il cielo, e giunge per primo alla porta del Paradiso.

Lo so. A voi, cari genitori, il cuore è spezzato e a tutti noi è intristito. Ma guardiamo in alto e vedremo Edoardo; lo vedremo felice forse ancor più di prima; lo vedremo che vi guarda, che ci guarda, con quel suo sorriso di sempre. Non è più piccolo; ormai Edoardo è grande, grande non nell’età, ma nella gioia e nella felicità. E chiede a tutti di ricordarlo così. Chiede a tutti di amarci, di non farci del male, anzi di volerci bene, di non dimenticarci gli uni gli altri. E questa Santa Messa, che pure è segnata dalle lacrime, è anche piena di consolazione e di canto. È il riflesso della gioia che c’è nel cielo all’arrivo di Edoardo. Gli va incontro il piccolo Iqbal, bambino del Pakistan, ucciso per ribellarsi allo sfruttamento, e gli altri bambini che la morte ha pensato di aver stroncato, ma che Gesù ha salvato. Tutti ora gli vanno incontro per fargli festa. È la Messa che si fa nel cielo, a cui noi anche ci uniamo. Cari amici, Edoardo dal cielo guarda voi genitori, voi due sorelle e guarda anche noi perché impariamo da lui ad essere felici e a volerci bene.