Fine vita, Paglia: i palliativisti sono i buoni Samaritani di oggi

Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, ribadisce a Roma l’importanza delle Cure Palliative e la necessità di prendersi cura dell’altro e il diritto a non morire da soli, come antidoto alle derive eutanasiche. E illustra il Progetto internazionale «Palliative Care» (Pal-life) della Pontificia Accademia ed il Congresso internazionale sul tema del 28 febbraio-1 marzo 2018.

Monsignor Paglia ha svolto il suo ampio intervento nel corso della giornata celebrativa dei 30 anni della Antea Associazione Onlus. L’evento, co-organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita, si intitolava «Le Cure Palliative: un diritto da garantire» e si è svolto a Roma presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di via Aurelia.

Paglia ha dedicato il suo intervento al tema «Il valore di offrire Cure Palliative nella società di oggi». Voi palliativisti, ha esordito, siete i «Buoni Samaritani che si chinano sull’altro nel momento più difficile della vita e quando la fragilità della condizione umana è più pronunciata». È necessaria una scienza medica che «non fallisca nel prendersi cura del malato» dunque attenta «alla dimensione esistenziale che si manifesta nel bisogno di relazioni umane concrete, di accompagnamento, di significato della vita, di senso della sofferenza e della stessa morte che si avvicina».

«Ben altra cultura», di fronte alle derive eutanasiche di oggi «è quella che spinge a continuare ad aiutare il malato nel momento in cui la morte si approssima. Insomma, una cosa è aiutare a morire e altra cosa farlo morire. La vera dignità è quella che prova la persona fragile, malata, quando viene curata con delicatezza, tatto e accompagnata con affetto e generosa attenzione».

Dal punto di vista medico è fondamentale il criterio della «proporzionalità delle cure». «Ciò ammette l’astensione dalle terapie, quando queste non siano più adeguate da un punto di vista dell’indicazione medica. Ciò però non deve essere confuso con forme di eutanasia omissiva. Non ogni astensione di cure è di per sé eticamente appropriata, neanche per il fatto che ci si trovi di fronte ad un paziente con infermità avanzata e persino terminale. Soprattutto, anche qualora le terapie attive si rivelassero oramai inefficaci o sproporzionate, si dovrà comunque sempre continuare a prendersi cura del malato, attraverso l’adeguata palliazione dei sintomi e l’attenzione alla sua persona e a i suoi bisogni attraverso la cura della nutrizione, dell’idratazione e dell’igiene. Il malato deve restare vivo fino alla morte, e non morire socialmente prima che biologicamente».

(da Vatican Insider)