Dedicazione della Chiesa di Valenza

Dedicazione di Santa Maria della Pace

Care sorelle e cari fratelli,


esattamente 780 anni fa – era il 1223 – Francesco d’Assisi, proprio in questi giorni, si trovava qui vicino, a Greccio. Quell’anno sentiva un forte desiderio, che manifestò al suo amico di Greccio, Giovanni Velita.
Gli disse più o meno queste parole: “Giovanni, quest’anno voglio vedere con gli occhi della carne la nascita di Gesù”. E nella notte del Natale del 24 dicembre del 1223, come sapete, si realizzò a Greccio il primo presepe. L’amico Stefano Di Stasio, l’artista che ha realizzato i quadri del ciclo francescano in questa chiesa, ce lo fa vedere nell’episodio di san Francesco a Piediluco. Francesco, quella notte, non voleva fare una semplice rappresentazione scenica. Egli, quell’anno, sentiva il bisogno di vedere con gli occhi della carne i disagi di Gesù che nasceva in mezzo agli uomini per liberarli dalla tristezza, dall’odio e dalla violenza.

Ebbene, oggi, Francesco torna in mezzo a noi. Molte volte venne qui, nella valle ternana, per predicare il Vangelo. Gli episodi che conosciamo sono tutti rappresentati nelle pareti. Ma Francesco ci circonda con le sue memorie perché anche noi possiamo rivivere, assieme a lui, la dolcezza e la forza del Vangelo. Egli – e queste storie lo dimostrano – non voleva fare altro che mettere in pratica il Vangelo, alla lettera. E con il Vangelo cambiò il cuore di tanti. Cambiò anche il cuore di quei cinque ternani i quali si recarono fin nel Marocco ove furono martirizzati. Francesco torna ancora, torna con questa chiesa, ci viene accanto, e ci esorta a stare con lui per vedere anche noi con gli occhi della carne il Natale di Gesù.

Potremmo dire che questa chiesa di Valenza è la nostra Greccio, è il nostro Natale, è il luogo ove vediamo il Signore. E’ la nostra Betlemme. Questa sera vi consegnerò il Vangelo di Matteo da me commentato. E’ un libro piccolo, com’era Gesù appena nato. Eppure è la fonte della salvezza. Prendete con voi questo piccolo libro, custoditelo con cura e soprattutto leggetelo e ascoltatelo. E qui troviamo Maria, la stella della pace. L’amico Paolo Portoghesi ha voluto far parlare di Maria anche l’architettura, anche le mura. Nella sua semplicità, il legno che qui predomina, ci fa pensare alla tenera e splendida culla di Betlemme. E qui Maria allarga il suo manto azzurro per accogliere tutti noi come quella notte stese il suo manto per accogliere Gesù bambino. Questa chiesa non solo parla di pace; è la casa della pace. Di essa possiamo dire quel che il Vangelo dice della casa di Zaccheo: “Oggi, la salvezza è entrata in questa casa”. Sì, non è una casa come le altre, questa. E’ la casa della pace, è il santuario della nostra salvezza. Chiunque entra qui con cuore sincero riceverà la pace. E ce n’è bisogno.
Questo Natale, care sorelle e cari fratelli, vede crescere nel mondo la paura e l’angoscia. Il terrorismo, le guerre, le violenze, le ingiustizie continuano a mietere vittime. E un senso di impotenza e di pessimismo sembra impossessarsi del cuore degli uomini. E accade che in tanti si rinchiudano in se stessi, nel proprio piccolo mondo, nel proprio egoismo; in tanti vogliono chiudere le porte agli altri: si dice agli stranieri, ma non è vero, perché chi chiude le porte le chiude a tutti, anche a chi gli sta accanto. Questa chiesa è l’esatto contrario: è la casa per tutti, nessuno qui è escluso, nessuno è qui straniero. Qui c’è il mondo intero, anzi l’universo intero; qui possiamo vedere con gli occhi del corpo la pace, come Francesco la vide a Greccio. Gesù, infatti, è la nostra pace. Vediamo l’altare, realizzato dall’amico Oliviero Rainaldi, che ripropone la quercia di Mamre, il luogo ove Abramo accolse i tre stranieri. Sta scritto: accogliete tutti, alcuni facendo così accolsero gli angeli. E qui, come il fonte battesimale ci dice, si rinasce ad una vita di pace. E non aspettiamo tempo. Già questa sera vedremo rinascere due bambini alla vita di Cristo. Qui, c’è sempre il pane della vita distribuito a tutti con generosa abbondanza.

Questa chiesa è una buona notizia, è un Vangelo che parla con l’architettura, con la scultura, con la pittura. Parla; parla dal pulpito con Pietro che predica a Pentecoste, trovandosi al centro dell’intera storia umana: tra la creazione e l’apocalisse. Sta scritto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”(Mt 24,35). Ed è una parola di pace. Maria, che oggi veneriamo Immacolata, resta al centro di questa chiesa per accogliere tutti. Verso di lei corrono, dalla Cascata delle Marmore, fedi e popoli diversi. Vedete, non si combattono tra loro, hanno luce non armi nelle loro mani. Quella luce giunge sino all’altare con i candelieri costruiti dall’amico Bruno Ceccobelli. E la colomba, lo Spirito di Dio, che presiede il trittico centrale guida misteriosamente l’intera storia umana. C’è il male, si vedono le due torri distrutte dal terrorismo, ma lo Spirito vince: fa piovere fiori di pace, fa abbracciare gli uomini, e spinge a gettare nel fosso le armi, come fanno quell’israeliano e quel palestinese. Ed è lo Spirito che ci fa intravedere la celeste Gerusalemme, la città della pace, quella città appena accennata in alto. Ma la Gerusalemme del cielo inizia già da questa chiesa nella quale oggi siamo accolti.

Il Signore, che ne prende possesso, ci chiama ad entrare. Qui egli ci costruisce come un popolo unico, come un solo corpo. Qui apprendiamo l’amore e la pace, la concordia e il perdono. Qui veniamo sfamati con la Parola e con il pane e il calice della salvezza. Qui diventiamo noi la Chiesa, quella fatta delle pietre vive che siamo ciascuno di noi. Vorrei dirvi, care sorelle e fratelli di Valenza, imitiamo la bellezza di questo luogo, rendiamo i nostri cuori belli com’è bella questa chiesa, e il Signore sarà con noi. Beati voi di Valenza per avere questa chiesa di pace! Qui, trovate Dio. Un antico inno orientale cantava per la dedicazione: “Questo luogo non è una semplice casa, è il cielo sulla terra, perché contiene il Signore. Se tu vuoi esaminare Dio freddamente, egli è infinitamente lontano; ma se tu lo vuoi cercare con il cuore, egli è interamente presente sulla terra. Se tu lo vuoi possedere, ti sfugge; ma se tu l’ami, è accanto a te. Se tu lo studi, egli sta nel cielo; ma se tu credi in lui, egli è in questo luogo. E perché egli resti con noi, uomini della terra, gli abbiamo costruito una casa, gli abbiamo preparato l’altare, la mensa ove la Chiesa si nutre con il pane della vita”. Egli sta qui, notte e giorno. Sta sulla porta ad aspettarci. E’ quel Gesù, che l’amico Paolo Borghi ha posto all’ingresso della Chiesa, ci accoglie, ci benedice e ci trasporta in alto, nel cielo della pace.

La preghiera di Salomone è anche la mia e la nostra preghiera di questa sera: “Siano aperti, o Signore, i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: lì sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona” (1 Re 8,30).