Curare i nostri anziani

di Vincenzo Paglia

Signor presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, oggi lei sta a Bergamo, la città che lo scorso anno è stata testimone di tragedie inenarrabili. Alcuni giorni prima, sulle pagine di Repubblica, con l’amico Corrado Augias proponevamo l’istituzione di una Giornata nazionale per la commemorazione di tutte le vittime del Covid 19. Oggi ricorre tale data e contiamo i nostri morti, che sono tanti, di ogni età e condizione. Li ricordiamo tutti. Ad oggi, in Italia, i morti per Covid 19 sono 103.431 (di questi solo l’1,1% ha meno di 50 anni). E nel mondo, degli oltre 2 milioni e mezzo di vittime, gli anziani rappresentano una quota preponderante: per ogni decesso tra i 5 e i 17 anni dobbiamo registrare ben 7.900 vittime tra gli over 85. Amnesty International, nel suo recente report, scrive che in Italia un anziano su 5 è deceduto a causa della pandemia in una Rsa. Questo ci porta a dire che, al di là delle responsabilità o dei meriti dei singoli, è il sistema complessivo delle residenze ad aver mostrato una scarsa resilienza e tenuta di fronte all’evento epidemico. È indispensabile e urgente intraprendere con decisione la via di forme assistenziali vicine alle dimore e al tessuto sociale delle nostre città e dei nostri Comuni.

L’apposita Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani, istituita dal ministro della Salute, che mi onoro di presiedere, ha elaborato in questi mesi una sostanziale riforma da attuare con i fondi europei del Recovery Plan, che sposti l’asse dall’assistenza residenziale alle case degli anziani, vero luogo di cura e prevenzione, ma vorrei anche dire vero luogo di vita per i nostri vecchi. Si deve traversare una volta per tutte quella sottile ma profondissima linea di demarcazione che vorrebbe i nostri anziani espulsi dal tessuto sociale, familiare e domestico, per concentrarli in quei “non luoghi” rappresentati dagli istituti, secondo un malinteso senso della loro custodia e tutela che tanti danni ha fatto sinora. Se qualcuno oggi proponesse un istituto per bambini orfani si griderebbe giustamente allo scandalo, considerato il fatto che gli orfanotrofi appartengono a un’epoca sicuramente superata, così come quella – speriamo – dei manicomi. La carta del fanciullo e le battaglie di basagliana memoria o per i diritti civili hanno aiutato a riconsiderare il diritto alla casa e alla famiglia per minori e malati di mente, per portatori di handicap e per senza fissa dimora, per migranti e persino, in una qualche misura, giustamente, per condannati a pene detentive. Per gli anziani no. Per loro gli istituti vanno sempre bene, non c’è carta dei diritti che tenga. E la discriminazione è sotto i nostri occhi: le Asl garantiscono il pagamento di una quota importante della retta per le Rsa ma non assicurano nella stessa misura le cure domiciliari. È molto semplice finire in una casa di riposo ma molto più difficile ottenere un aiuto per rimanere presso la propria dimora.

Caro presidente, mi appello oggi a lei, perché è necessario che il Ssn sappia compiere quell’ultimo miglio, il tragitto fino alla casa! Compiendo quel decisivo passaggio che sino ad ora si è solo finto di realizzare.
Passando finalmente a un modello vero di cure presso il proprio domicilio, dove si potrà innestare un’azione di telemedicina. Il progetto allo studio prevede di seguire i 4 milioni di ultraottantenni italiani in un’opera virtuosa di valutazione delle necessità, prevenzione e lotta alla solitudine, perché nessuno sia lasciato indietro e abbandonato. Sento invece parlare di ulteriori cure residenziali, addirittura la costruzione di 750 ospedali di comunità per ricoveri fino a 15-20 giorni. Per non parlare delle case della comunità (ovvero poliambulatori, dove troverà posto anche un assistente sociale) costruite, o riadattate, nella misura di 2500 unità. Mi chiedo dove troveremo il personale per popolare queste strutture? E, soprattutto, vale la pena polverizzare l’assistenza in una miriade di piccole strutture? È la risposta di cui abbiamo bisogno? Non giochiamo col fuoco: il Recovery Plan è l’ultima chance per questa transizione e dobbiamo saperla cogliere. La ringrazio per l’attenzione.

(Lettera al presidente del consiglio dei ministri pubblicata da Repubblica)