Carlo Maria Martini
In molti modi si è parlato del cardinale Carlo Maria Martini, dopo la sua morte, e non sempre con un atteggiamento sereno. Ma come non commuoversi e interrogarsi di fronte a quella innumerevole folla che andava a porgergli l’ultimo saluto? Era una folla composta da persone di ogni ceto, ed anche di altre fedi, che ha testimoniato l’attrattiva spirituale che la sua straordinaria figura di credente emanava. Quando anch’io mi sono trovato davanti alla sua bara – conoscevo padre Martini da più di quaranta anni -, la mia mente è stata invasa dagli innumerevoli ricordi mentre il mio cuore si intristiva per una luce che si spegneva e la fede mi apriva uno squarcio nel cielo che spalancava le sue porte per accoglierlo. Ricordo con commozione l’inizio della mia amicizia con lui. Erano i primi anni Settanta e padre Martini – allora rettore del prestigioso Pontificio Istituto Biblico – venne a Trastevere ed entrò nella piccola chiesa di sant’Egidio seguendo, incuriosito, un giovane che aveva sotto braccio una Bibbia. Erano anni in cui non era facile vedere un giovane camminare con la Bibbia tra le mani. Nella piccola chiesa si stava svolgendo la preghiera serale con la presenza di molti giovani. Al termine si presentò e ci mettemmo in una stanza a parlare. Ad un certo momento, con una cortesia umile ma decisa, mi chiese se potevo suggerirgli qualcosa da fare per aiutare i più poveri: “Mi chiamano ovunque a parlare del Vangelo – spiegò – ma non faccio quasi nulla per aiutare i poveri. E’ difficile parlare di Gesù senza essere vicini ai poveri e servirli”. Lo studioso della Bibbia aveva ragione. Non si può vivere il Vangelo solo a parole, ma anche con i fatti. E’ sufficiente, in effetti, scorrere anche solo poche pagine dei Vangeli per rendersi conto del tempo che Gesù spendeva con i deboli, con i malati e con i poveri. Sorpreso dalla richiesta – dopo un po’ di esitazione – gli proposi di andare da un anziano di Trastevere per accudirlo e sistemargli l’unica stanza nella quale viveva. E padre Martini si recava ogni giovedì pomeriggio da quell’anziano: gli lavava i piatti, puliva la stanza, andava a fargli la spesa e si intratteneva a parlare con lui per offrirgli compagnia. E non si scandalizzava affatto delle “tirate” che quell’anziano, anticlericale, faceva sui preti. Padre Martini, con affabilità e fedeltà, continuava a stargli accanto con amore. Successivamente, volendo intensificare la sua azione anche sul piano pastorale, volle andare in una borgata romana – all’Alessandrina – per celebrare la Santa Messa con una piccola comunità di Sant’Egidio in una ex-pizzeria trasformata in cappellina. Il sabato pomeriggio si riuniva assieme ad alcuni giovani per preparare l’omelia: il Vangelo non doveva passare sulla testa di quelle persone di periferia per lo più lontane dalla pratica religiosa che iniziavano a frequentare nuovamente la Chiesa. Era necessario capire la situazione che vivevano perché la predicazione potesse raggiungere il cuore di quelle persone.
Cari amici, mi fermo solo a questi due semplici ricordi che, tuttavia, a mio avviso, delineano con chiarezza la spiritualità di Carlo Maria Martini e la sua passione pastorale. Questa tensione potè esprimerla in maniera ancor più alta e ampia quando Giovanni Paolo II gli affidò la diocesi di Milano. Martini ci lascia questa eredità che tutti siamo invitati a raccogliere: l’ascolto del Vangelo e l’amicizia con i poveri, uniti assieme. E’ l’insegnamento di Gesù, come appare nei Vangeli. E tutti possiamo accoglierlo. Benedetto XVI lodò questo singolare e straordinario stile di Martini sino ad indicarlo come un “maestro per i giovani”. Come non ricordare le migliaia di giovani che gremivano, ogni primo giovedì del mese, il duomo di Milano per le meditazioni che Martini faceva loro? Egli credeva nella forza della Parola di Dio: essa – diceva – cambia il cuore, arricchisce la mente, illumina l’orizzonte dell’esistenza, ed è per tutti, anche per chi non crede. La fede è salda se poggia sulla roccia della Parola di Dio. Quante volte mi ha esortato a continuare il commento ai Vangeli di ogni giorno, aggiungendo che “è il primo compito del pastore d’anime”. Aveva ragione! Cari amici lettori, in questo “anno della fede” – che Benedetto XVI ha indetto per ricordare il Concilio Vaticano II che ha ridato nelle mani dei fedeli le Sante Scritture – raccogliamo questa preziosa eredità di Carlo Maria Martini, uomo della Parola di Dio e dell’amore per tutti a partire dai più poveri. Del resto è la via che Gesù ha indicato ai discepoli fin dalle prime pagine del Vangelo. Mettiamoci anche noi in questa via. Riprendiamo in mano il Vangelo. Ascoltiamolo e cerchiamo di metterlo in pratica! La sua luce illumina i nostri passi all’inizio di questo nuovo millennio. Padre Martini continuerà ad aiutarci dal cielo.