Articolo per il Washington Post

Articolo per il Washington Post

 


Sono passati più di diciassette secoli dalla morte di San Valentino, vescovo di Terni dal 197 sino al 273, quasi per un intero secolo. Valentino fu un uomo del Vangelo. Lo predicava ovunque, a Terni e fuori, sino a Roma dove fu decapitato durante le persecuzioni dell’imperatore Aureliano.



L’amore predicato e testimoniato da Valentino fu quello del Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. E fu l’amore che lo spinse ad aiutare anche i giovani a sposarsi, come Sabino e Serapia i giovani protagonisti della più famosa leggenda che lega la figura di San Valentino ai fidanzati e agli innamorati: Sabino era un legionario romano, lei una cristiana di Terni. Per Sabino la conversione al cristianesimo maturò parallelamente all’amore per Serapia e l’amicizia con Valentino, e portò con sé il rifiuto delle armi, dell’oppressione violenta degli altri, della lotta e della guerra, di una logica di vita legata al potere e alla forza. E’ un messaggio antico che, in questo tempo, sentiamo di un’attualità sconvolgente. Sabino, grazie a Serapia e a Valentino, scoprì un amore che cambiò la sua vita.


Con San Valentino anche Terni, una piccola città nel cuore d’Italia, è divenuta “Città dell’amore senza confini, città dell’amore universale” come scrisse Giovanni Paolo II il 14 febbraio del 1997, quasi definendo l’amore che dobbiamo vivere e annunciare: “L’amore vince, abbatte le frontiere, spezza le barriere fra gli esseri umani. L ‘amore crea una nuova società”.


Lo scorso anno, con la pubblicazione della sua prima enciclica – Deus Caritas est – proprio alla vigilia della festa di San Valentino, anche Benedetto XVI è tornato a ribadire che Dio è la fonte dell’amore, anche dell’eros. Anzi, l’eros è dentro il mistero stesso di Dio. E quando l’eros non è più dono ma ripiegamento su se stessi, Dio lo salva con il suo Spirito, l’agape, perché l’uomo si riapra agli altri. Agli uomini travolti dalla violenza e dalle guerre, dall’abbandono e dall’ingiustizia, agli uomini ripiegati su sé stessi e sui propri interessi personali, papa Benedetto ha voluto presentare un Dio dal volto umano, un Padre buono innamorato degli uomini.


Mentre la società sembra fare del tutto per distruggere i legami di amore, guardando alla fedeltà persino con irrisione, le centinaia di coppie di fidanzati che ogni anno rinnovano la loro promessa d’amore davanti all’urna del santo sottolineano invece quell’amore forte che è fatto di fedeltà e fortezza anche a costo di sacrificio. L’amore è infatti una dimensione tremendamente seria, se vogliamo sia vera. Appena varcata la soglia del III millennio torniamo allora guardare alle origini del tempo della Chiesa: dalla vita di san Valentino riceviamo una testimonianza bella e appassionata che ci attrae verso un amore largo e generoso per il mondo intero. Valentino ha imitato Gesù e non si è lasciato cogliere dalla paura o dall’egoismo di salvare se stesso. Egli, come tanti altri cristiani in passato e ancora oggi, ha dato la vita per amore. Cristiani come don Andrea Santoro, mio compagno di classe in seminario sin dalle scuole medie, ucciso lo scorso anno in Turchia. Uomini come Francesco d’Assisi, il cui messaggio d’amore – come quello di San Valentino – partì dall’Umbria, cuore dell’Italia cristiana. Uomini come Oscar Romero, che diede la sua vita per difendere i poveri e gli oppressi in Salvador. In un secolo che è iniziato all’insegna del terrorismo e delle guerre, in un mondo che rischia di dimenticare cos’è l’amore e dove invece esistono tante scuole di odio, il messaggio di Valentino è la proposta dell’amore come scelta di fondo della propria vita, come cammino da condividere, una strada su cui incontrare ed accogliere tutti.