Amore

La volta scorsa ci siamo posti la domanda sulla fede. Ora ce ne poniamo un’altra, anch’essa importante: cosa significa amare? O meglio, cos’è l’amore? In genere si pensa che l’amore sia quel sentimento che spinge ciascuno di noi a voler bene all’altro. Ed è vero. Anzi, speriamo che sia sempre così. Ma l’esperienza, purtroppo, e non solo quella personale, ci mostra che in ciascuno di noi c’è un istinto fortissimo che in verità ci spinge ad amare più se stessi che gli altri, a pensare più agli affari propri che al bene degli altri. Questo istinto egocentrico (i Padri della Chiesa lo chiamavano, appunto, l’amore per sé) sta alla radice di tanti mali sia personali che familiari e sociali. La philautia, l’amore per sé, continua ad avvelenare sempre più la vita degli uomini. C’è bisogno di un amore vero. Ma dove si apprende? Non da se stessi. Dobbiamo riaprire le pagine della Bibbia. L’amore vero è quello di Gesù. Quando gli autori del Nuovo Testamento dovettero parlare dell’amore di Gesù furono costretti a prendere una parola praticamente non usata, ossia agape. L’amore di Gesù, infatti, non si nutriva della mancanza dell’altro (è l’eros) e nemmeno semplicemente si rallegrava della sua presenza (è la philia). Gesù amava in un modo disinteressato, gratuito, perfino ingiustificato, e non esigeva nessuna reciprocità. Insomma, è un amore senza limiti, che non conosce frontiere,  e che è pronto non solo ad amare i nemici ma persino a dare la vita per gli altri. Chi può concepire un amore così? Solo Dio poteva rivelarcelo. E in effetti tutta la storia biblica è una storia di amore. Dio Padre ha inviato il Figlio sulla terra per farsi “prossimo” agli uomini e salvarli. L’amore di Dio non è un sentimento che va e che viene: è il Figlio che è venuto ed è restato, anche noi non lo abbiamo accolto e addirittura lo abbiamo messo a morte. Cari amici, abbiamo bisogno almeno di una goccia di questo amore. Per il cristiano, perciò, amare significa avere nel cuore l’amore di Dio, anzi Dio stesso perché “Dio è amore”, come scrive Giovanni (1Gv 4,8). Ecco perché dovremmo dire assieme all’apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”(Gal 2,20). Il cristianesimo – e in questo si differenzia in maniera radicale dalle altre fedi – più che una religione che divinizza l’uomo, è la religione di un Dio che per amore si fa uomo. Siamo chiamati ad accogliere il Vangelo nel cuore, e avremo così “gli stessi sentimenti” ossia lo stesso amore “che è in Cristo Gesù” (Rm 15,5). Per Paolo scrive anche a noi, come fece ai Corinzi, che nulla è al di sopra della carità: né la profezia della tradizione ebraico-cristiana, né l’ineffabile lingua degli angeli che inebriava i Corinzi, e nemmeno la speranza; e neppure la conoscenza, la quale in questo mondo è così misera sì che conosciamo Dio “in modo confuso, come in uno specchio”(1Cor 13,12). L’amore è superiore persino alla fede: “Se avessi tutta la fede tanto da poter trasportare i monti, ma non avessi l’amore, non sarei nulla”(1Cor 13, 2). Tutto passerà, anche la fede e la speranza. Al termine resterà solo l’amore, quello di Gesù. Accogliamolo e anche noi saremo capaci di amare tutti iniziando dai più poveri e più deboli. E’ l’amore di cui ha bisogno il mondo, e noi.