“La morte lavora in tutte le forme di ostacolo alla vita”

“Il lavoro della morte è tutte le volte che la vita viene ostacolata, non sostenuta, in tutte le sue forme. Quando si consegnano i bambini alla guerra, le donne alla sopraffazione, gli anziani all’abbandono e così via. Non dobbiamo essere come Ponzio Pilato che se ne lava le mani, e il lavoro sporco della morte porta gli innocenti allo scarto”. È quanto affermato dal Presidente della Pontificia Accademia per la Vita Mons. Vincenzo Paglia, nel corso della Conferenza Stampa di presentazione della XXIV Assemblea Generale della medesima accademia sul tema della “bioetica globale”.

“C’è un impegno che richiede la consapevolezza della responsabilità di formare le coscienze di tutti”, un lavoro che “richiede un coinvolgimento di accompagnamento, di vicinanza”, ha proseguito Paglia. “Abbandono vuol dire essere complici della morte, e l’indifferenza è complicità. Questo richiama il lavoro bello della vita, che va oltre le leggi, le rassegnazioni e l’indifferenza”.

“Sono molto grato al discorso del Papa”, ha inoltre spiegato il prelato, riferendosi alle parole pronunciate da Papa Francesco nell’udienza concessa durante la mattinata. “Il tema della bioetica è piuttosto recente, e ha il linguaggio e il pensiero sia della medicina che dell’etica o della giurisprudenza. Oggi il Papa ha accolto questa prospettiva che lega in maniera evidente globalizzazione, vita e il collegamento di un’etica globale, per evitare corse o fughe in avanti di scienza, tecnica e economia prive di una visione etica del progresso”.

“È indispensabile l’interrogativo dell’orizzonte dell’estremo arco dell’esistenza”, ha così affermato Mons. Paglia. “La vita umana esiste, esistono gli individui, ma il Papa aggiunge che la vita umana riguarda direttamente sia il singolo individuo che l’unità della famiglia umana come soggetto al quale è affidata la cura della casa comune, che deve essere riempita dalle generazioni”. Paglia ha spiegato che nell’ambito dell’Accademia da lui presieduta “ci sono iniziative in corso sulla robotica, intelligenza artificiale, ingegneria genetica, per dimostrare come è indispensabile uno sguardo globale”. “Basta pensare alla differenza nella distribuzione dei farmaci. Il Papa sottolinea che dobbiamo frequentare e abitare tutte le realtà e gli ambiti in cui è necessario un supplemento di intelligenza per difendere e accompagnare”, ha aggiunto.

“La globalizzazione chiede uno scatto di riflessione e di etica. Quando per gli accordi sul clima qualcuno ritira la propria firma ci accorgiamo subito che si tratta di qualcosa di sbagliato. Ma perché questo non accade quando si parla dell’umano? Non possiamo assistere a deportazioni o minoranze vessate. Papa Francesco sottolinea che la vita è sempre da difendere ed è sempre importante”, ha affermato Paglia. E non c’è dubbio, ha aggiunto, che “all’interno del tema delle cure palliative ci sono riflessioni, incontri esperienze di accompagnamenti al fine vita anche da parte di altri cristiani, ebrei o musulmani”. “Io credo che è uno dei nuovi compiti che le religioni debbano riscoprire per una visione olistica della famiglia umana”, ha detto Paglia.

All’intervento di Paglia ha fatto seguito quello di Mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita. Bisogna “recuperare una visione della bioetica che dialoghi con il mondo dell’etica, della filosofia e della tecnologia”, ha così spiegato Pegoraro. “Le questioni che riguardano la vita umana e la responsabilità etica devono essere sempre più viste in questa prospettiva di dialogo”. Si tratta, ha concluso il prelato, di “creare un ponte tra scienza tecnica e campo umanistico, verso il futuro.

(Francesco Gnagni – IL FARO DI ROMA)