XVII Domenica del Tempo Ordinario

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Gesù spiega cos’è il regno di Dio. Per comprenderne il segreto dobbiamo diventare piccoli, perché solo i piccoli lo trovano e lo capiscono, mentre resta nascosto ai sapienti ed agli intelligenti. Tutti possiamo diventare piccoli: deponendo la malizia, disarmando i cuori pieni di difese, aggressivi; liberandoci delle lame affilate dei nostri giudizi; imparando ad obbedire al Vangelo. I piccoli comprendono il regno perché si affidano e sono discepoli; gli intelligenti non riescono più a lasciarsi andare a nessun sentimento e prendono sul serio solo se stessi. I piccoli hanno bisogno di essere guidati e tendono le mani perché qualcun altro le stringa; i saggi credono di conoscere già la via e fanno da soli. I piccoli ascoltano le parole di un padre; gli intelligenti riducono tutto ad una lezione e si giustificano perché rispettano i loro sacrifici. Il regno non si comprende restando come si è: dobbiamo diventare discepoli e seguire il Maestro. Prendendo in braccio ed accarezzando i bambini, con la tenerezza che anticipa il suo regno, Gesù disse: “A chi è come loro appartiene il regno di Dio”.
Le prime due parabole, pur richiamando la tradizione sapienziale, sottolineano non la scoperta del tesoro e la ricerca della perla preziosa quanto la decisione del contadino e del mercante di vendere ogni cosa per puntare tutto su quello che hanno scoperto. Nel primo caso si tratta di un contadino che casualmente si imbatte in un tesoro nascosto nel campo dov’egli sta lavorando. Non essendo il campo di sua proprietà deve acquistarlo se vuole entrare in possesso del tesoro. Di qui la decisione di rischiare tutti i suoi averi per non perdere quella occasione davvero eccezionale. Il protagonista della seconda parabola è un ricco trafficante di preziosi che da esperto conoscitore ha individuato nel bazar una perla di raro valore. Anche lui decide di puntare tutto su quella perla, al punto da vendere tutte le altre. Di fronte a queste scoperte, per ambedue inaspettate, la scelta è chiara e decisa. Certamente si tratta di vendere tutto quello che si possiede, ma l’acquisto è impareggiabile. Si chiede un “sacrificio”, come ad esempio suggerisce il Vangelo nell’episodio del giovane ricco, ma il guadagno è enormemente superiore. Il “regno dei cieli” vale questo sacrificio. Del resto quante altre volte siamo pronti a vendere tutto, anche l’anima, pur di possedere quello che ci interessa! Il problema è se davvero ci interessa il Signore e la sua amicizia, e se riusciamo a comprendere la gioia e la pienezza di vita che ci viene “inaspettatamente” presentata, come inaspettatamente si presentarono il tesoro a quel contadino e la perla a quel mercante.
Noi spesso non sappiamo, come dice Salomone, “distinguere il bene dal male”. “Non so come regolarmi!”, riconosce, chiedendo, proprio per questo, il bene del discernimento. Quel contadino o quel mercante riconoscono il tesoro come il loro tesoro. La vera saggezza è vendere tutto per acquistarlo. A che serve tutto il resto? La gioia di quel contadino sembra incontenibile. Ha trovato quello che cercava e non vuole perderlo. Il regno non è rinunciare, ma trovare molto. Non si può accumulare quel tesoro, omologando a quello che già si possiede. A volte gli uomini, nel loro attaccamento alla tristezza, catturati dalla logica delle cose, dimenticano che quanto hanno trovato è molto di più. La gioia può travolgere la diffidenza, la paura, il calcolo, le piccole ma resistenti riserve del cuore. È la gioia dei malati guariti; dei peccatori perdonati; del ladrone la cui vita è ricordata ed a cui si apre la porta del paradiso. Estraiamo dal nostro tesoro cose nuove e cose antiche! Il tesoro è il Vangelo che ci viene affidato: è seme del regno che può far nascere già i frutti. È tesoro di saggezza, di umanità, di beatitudine. È antico ed è sempre nuovo. È antico, viene prima della nostra storia, la raccoglie e la conserva tutta. È sempre, inaspettatamente, nuovo: non smette di aprirci al nostro futuro e rigenera ciò che è vecchio. Non lo si capisce una volta per tutte. Dobbiamo sempre ascoltarlo. Anzi: più siamo discepoli più sappiamo tirare fuori dei nostri vasi di creta le cose nuove e antiche dell’amore di Dio per gli uomini. Perché tutto e tutti trovino pienezza nel suo regno.