The Future of Health and the University Ecosystem

Eminenza, Eccellenze, Illustri Rettori e Presidi, Delegati delle Università Cattoliche, sono lieto di poter offrire un saluto all’inizio di questo vostro Congresso. Come voi ben sapete stiamo vivendo in un momento cruciale della storia umana, un vero e proprio passaggio d’epoca che è segnato da una singolare paradosso. Da una parte l’umanità ha raggiunto come mai prima nella storia un livello di potenza dell’economia della tecnica che ci mette in condizione di onorare, per la prima volta nella storia, la consegna di Dio all’uomo e alla donna: ossia di prendersi cura del mondo creato, arricchendo di intelligenza e di bellezza l’opera di Dio, e di essere responsabili della generazione umana, radicando la storia nell’alleanza d’amore dell’uomo e della donna. Dall’altra, questa straordinaria maturità umana è insidiata da una profonda tendenza a edificare la terra e a costruire la storia attraverso la rimozione di Dio nella vita e nel pensiero degli uomini e delle donne. E la scissione si produce, emblematicamente, proprio nel luogo in cui la fede cristiana ha generato una civiltà che si vanta – del resto giustamente – di aver introdotto nella storia, virtualmente a favore dell’universale umano, la coscienza della dignità personale della vita e la scienza delle leggi che ci rendono amica la natura.

E credo che l’intelligenza cristiana – che nelle Università trova un suo spazio vocazionale – sia chiamata a intensificare la sua riflessione sui due aspetti di questo paradosso, che è ormai parte del nostro ambiente epocale. Sia sulla vistosa indifferenza per la cura del pianeta che ospita il miracolo della vita e la cura del legame sociale che deve rendere la terra più felicemente abitabile. Sia sull’indebolimento della capacità della fede di accompagnare i processi della modernizzazione con il discernimento critico e il fermento umanistico che la sapienza cristiana ha portato nella storia.

Il compito della ricerca scientifica, soprattutto in campo medico, in questo nuovo orizzonte è quello di metterci al servizio, con appassionata intelligenza, della vita dell’uomo, una vita reale, amata e salvata. E’ doveroso perciò evitare ogni ingenua concezione della natura assunta troppo facilmente quale criterio normativo inappellabile e ad una sua riduzione biologistica. Così pure è doveroso custodire la complessità della vita davanti alle riduzioni sociali che annullano la concretezza dei nostri corpi. Sarebbe strano pensare che la seconda metà del Novecento, segnata fortemente dalla riscoperta del corpo e dalla liberalizzazione sessuale, abbia prodotto un mondo in cui il corpo è abolito! Ed è altresì doveroso custodire la complessità della vita umana contro le riduzioni economiciste che relegano la salvezza dell’uomo a uno schema dialettico macro-economico, talvolta a una mera questione di budget. Infine, mi pare doveroso da parte nostra custodire la complessità della vita umana nella sua inscindibile tensione costituente tra individuo e società. Ogni sbilanciamento tra i due poli ha rappresentato, nel corso della storia recente, perdite tragiche di libertà, stragi immani in nome di beni superiori, infinite solitudini senza senso, dentro cui nascono, tragicamente, anche le domande di porre fine a una vita che non sembra più essere amata da nessuno.

L’intelligenza cristiana del mondo è dunque assunzione piena della storia, delle sue domande, delle sue sfide. Tutto ciò impone un allargamento e uno sguardo sapiente, anche e soprattutto sulle questioni etiche che si presentano continuamente a chi opera nel campo della ricerca medicale. Non possiamo semplicemente a ribadire una norma o a definire una singola questione. L’ascolto appassionato delle domande che abitano il cuore dell’uomo contemporaneo, così come l’esercizio di carità che provoca domande e inquietudini, chiedono un impegno più ampio, direi universale, esattamente nell’accezione che ha generato lo strumento dell’Università.

Mi permetto di accennare a tre esempi dove la domanda etica diventa decisiva. Il primo riguarda la centralità che il tema della salute avrà nell’imminente futuro sistema economico occidentale, grazie allo sviluppo, a fianco dell’idea tradizionale legata alla lotta alle patologie e alla cura (healing), di una medicina più interventista che parla di conservazione e potenziamento di standard di efficienza prestazionali (enhancing). Una medicina costosissima e destinata solo a pochi, funzionale a una società della prestazione e della competitività economica, che allargherà il divario con le popolazioni che non possono accedere ai servizi sanitari di base. Non è pensabile, come ci ricorda Hans Jonas, che in un mondo di risorse limitate, in cui già ora si prefigurano scenari di crollo dell’ecosistema, un progetto simile possa davvero riguardare tutti gli uomini esistenti sulla terra. Il secondo esempio riguarda la capacità dell’uomo di gestire tecnicamente tutte le variabili legate alla generazione umana, finora lasciate alla natura, interpretata, troppo rapidamente, come “caso”. La domanda è semplice: perché, se ci sono le condizioni (economiche e tecnologiche) per farlo, si dovrebbe affidare la riproduzione alla casualità degli eventi, e ipotecarla con una relazione affettiva vincolante e dunque potenzialmente limitante, se il processo può essere controllato e totalmente nelle mani del singolo individuo? Il terzo esempio è legato alle questioni relative alla robotica e all’integrazione tra uomo e macchina (basti pensare a temi quali l’intelligenza artificiale, ai nuovi progetti delle neuroscienze, e a tutti quei filoni su cui si stanno investendo miliardi nella prospettiva di arrivare a un essere umano più evoluto, perché tecnicamente incrementato). Anche la domanda è immediata: in quali termini possiamo oggi parlare di natura? E ancora: come proporlo in uno spazio pubblico discorsivo dominato dalla fede nella potenza della tecnica, in un modo che non sia puramente difensivo?

La risposta a queste e alle altre innumerevoli domande che segnano quotidianamente la ricerca scientifica credo possa nascere da una comprensione sapiente dell’atto medicale. Insomma, solo ricollocando in un quadro umanistico la pratica tecnico-scientifica è possibile affrontare la complessità delle scelte che devono essere assunte. Anche perché oggi, a me pare, che la vera questione non si ponga sul piano del rapporto tra fede e ragione, quanto piuttosto sul rapporto tra umanesimo (che è la pienezza della rivelazione di Dio) e tecnica. E’ in questo crocevia che le Università Cattoliche sono oggi chiamate a svolgere il loro compito di ricerca e di insegnamento. Le università cattoliche sono chiamate a offrire il contributo specifico per aiutare sia la comunità dei credenti sia la società a progredire nella destinazione verso cui Dio guida l’intera storia umana. Anche le università cattoliche sono parte di quel lievito evangelico chiamato a fermentare l’unica storia umana.

La Chiesa – e con essa le Università cattoliche – operano perciò insieme e non contro. La riscoperta sapiente e feconda delle questioni decisive per l’umanità chiede necessariamente il contributo di tutti. In occasione del venticinquesimo della sua fondazione, Papa Francesco ha voluto scrivere una lettera alla Pontificia Accademia per la Vita intitolata Humana Communitas, iscrivendo esattamente in questa comunità (quella dell’intera umanità!) tutto il dibattito etico e antropologico di questo tempo. Coerentemente, perciò, ha nominato membri dell’Accademia non solo cattolici ma anche anglicani, ortodossi, ed ebrei mussulmani, taoisti, anche alcuni non credenti. Se cogliamo le differenze solo nel loro aspetto problematico e non nella ricchezza che offrono, ci condanniamo a una sterilità certa; solo la differenza (a partire da quella uomo – donna) è feconda e generativa.

Tutto ciò è possibile se saremo capaci di scendere nelle profondità del tesoro della sapienza della Chiesa e spenderlo con generosità per il bene di tutti. In un mondo ormai globalizzato è necessaria una Chiesa che non si ponga confine alcuno. Lo Spirito di Dio è Signore e dà la vita a tutti, sempre.

Forum “New Frontiers for University Leaders”
Roma, 4novembre 2019