XXIII Settimana del Tempo Ordinario – martedì

In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:  Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

Gesù, potremmo dire, sceglie i suoi più stretti collaboratori, ossia coloro che lo dovranno aiutare nell’annuncio del Vangelo. L’iniziativa viene, però, dal Padre. Gesù, infatti, non fa nulla senza il Padre. Ecco perché, prima di prendere tale decisione, passa tutta la notte in preghiera. Per Gesù, e tanto più per ogni comunità cristiana, la preghiera è all’origine di ogni scelta, di ogni azione. Potremmo dire che la preghiera è la prima opera che Gesù compie, quella che sta a fondamento di tutte le altre. Giunto il mattino, chiamò accanto a sé quelli che volle, uno per uno, per nome. La comunità dei discepoli di Gesù, ogni comunità cristiana, non è un gruppo anonimo, non è un’assemblea qualsiasi fatta di persone senza nome e senza amore. È un’assemblea di fratelli e di sorelle. E tra loro si conoscono per nome. Sappiamo che il nome significa la storia, il cuore, la vita di ciascuno. C’è una novità per chi accoglie il Vangelo: oltre la vita, viene cambiato anche il nome. Simone divenne Pietro, ossia roccia, fondamento. Insomma, il Vangelo chiama ad una nuova storia, a edificare un mondo nuovo. Ciascun discepolo perciò riceve un nuovo nome, un nuovo impegno. Il Vangelo dona una vita nuova, più operosa, più dedita al servizio dell’amore e della costruzione di un mondo più giusto. Gesù, con il gruppo dei Dodici appena costituito, scende dal monte e subito si trova davanti una grande folla, accorsa da ogni parte. Per Gesù era una scena piuttosto abituale; ora, con i nuovi discepoli, poteva rispondere meglio alle tante domande e alle numerose attese. Questa immagine evangelica dovrebbe potersi applicare ad ogni comunità cristiana. Ciascuna comunità dovrebbe vedere davanti a sé le folle di questo mondo, la gente del proprio quartiere, della propria città e di quelle più lontane. Tutte queste folle debbono essere presenti davanti ai nostri occhi. Tutte, infatti, sono folle stanche, malate, bisognose, spesso dimenticate. Appena esse vedono Gesù accorrono e si accalcano per toccarlo. Da lui, dal suo Vangelo, usciva infatti una grande forza, una grande energia che aiutava a cambiare la vita. Qualcosa di simile può accadere quando noi comunichiamo il Vangelo e lo viviamo con fatti di amore e di misericordia. Le folle, vedendo la dimensione evangelica delle comunità cristiane, accorreranno e gioiranno