Solidarietà riscoperta. L’individualismo perde di fronte all’emergenza

La prospettiva di una globalizzazione che, lasciata solamente alla sua dinamica spontanea, tende ad accrescere e approfondire le diseguaglianze, contro ogni giustizia di prossimità responsabile e di sussidiarietà comunitaria, sollecita un profondo ripensamento etico del legame sociale.
Dobbiamo affermare con forza che, senza l’adeguato sostegno di una concezione cooperativa della vita umana, nessuna regolazione puramente giuridica e nessun ausilio tecnico potranno, da soli, garantire condizioni e contesti  relazionali corrispondenti alla dignità della persona.
Un’emergenza come quella del Covid19 – è chiaro per tutti, ormai – si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà. I mezzi tecnici e clinici del contenimento devono essere integrati da una vasta e profonda complicità con il bene comune, che dovrà contrastare la tendenza alla selezione dei loro vantaggi per i privilegiati e alla separazione dei vulnerabili in base alla cittadinanza, al reddito, alla politica, all’età. In caso contrario la dignità della persona andrà persa insieme con la preziosità dei suoi affetti. La scienza non deve cedere al sovranismo o alla pressione politica; la scienza deve allearsi con la solidarietà e l’umanità. Viviamo in tempi in cui nessun governo, nessuna società, nessun tipo di comunità scientifica, devono considerarsi autoreferenziali. Come diceva Papa Francesco nel 2018 alla Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita – parole che oggi dobbiamo riscoprire – la «bioetica globale ci sollecita dunque alla saggezza di un profondo e oggettivo discernimento del valore della vita personale e comunitaria, che deve essere custodito e promosso anche nelle condizioni più difficili»

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