Presentazione di “Amoris Laetitia” in Kosovo

Signore Presidente della Repubblica,

grazie per l’invito che mi ha rivolto per venire in visita in questo vostro Paese a me caro, per presentare l’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco. Nell’invito Lei, Signor Presidente, mentre sottolinea l’importanza della famiglia come la risorsa più importante della società kosovara, aggiunge che il testo di Papa Francesco, “Amoris laetitia”, “aiuta a solidificare le famiglie ed è di grande beneficio perché l’intera società si costruisca come una famiglia, pur tenendo in conto le esistenti differenze culturali”. Sono parole che giustificano la popolarità che Papa Francesco gode anche qui in Kosovo.

Sono lieto del conferimento alla mia persona della Laurea Honoris Causa da parte del Magnifico Rettore di questa prestigiosa Università. E’ con commozione che la ricevo e che sento conferita anche agli amici della Comunità di Sant’Egidio con i quali ho accompagnato il lungo cammino del popolo albanese del Kosovo perché potesse conquistare i suoi diritti. E perché, recuperando in profondità la propria cultura, potesse costruire un paese ove la convivenza tra fedi e culture diventi un esempio per l’intera regione e per il mondo. E’ una testimonianza preziosa che questo Paese deve dare al mondo. Mentre sembra diffondersi la spinta a rinchiudersi nei propri ristretti orizzonti, alzando muri o accendendo conflitti, il Kosovo deve mostrare che la convivenza tra fedi e culture diverse non solo è possibile ma è l’unica via per il progresso dei popoli.

Saluto, attraverso voi presenti, l’intero popolo del Kosovo che ho amato sin dagli anni ormai lontani quando incontrai Ibrahim Rugova, “padre” della vostra patria, e fine letterato, di cui mi onoro di essere stato amico fin dall’inizio degli anni Novanta. Un’amicizia che non si è mai interrotta, semmai è cresciuta e in particolare nei momenti più difficili della sua vita, quando fu privato della sua libertà. Sono passati poco più di dieci anni dalla sua scomparsa. Per me il ricordo è indelebile e mi auguro che per tutti gli abitanti di questo Paese, non solo gli albanesi, conservino la sua testimonianza come un tesoro prezioso da far fruttificare per la pace e lo sviluppo del Paese. Assieme a lui ricordo altri tre amici con i quali ho condiviso un lungo e faticoso lavoro per ottenere e difendere i giusti diritti di ogni popolo: Fehmi Agani, Abdyl Rama – che ci hanno lasciato – e Rexhep Osmani.

E’ in questo orizzonte di pace e di sviluppo del Paese che vorrei iscrivere anche la presentazione della Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, pubblicata da Papa Francesco esattamente un anno fa, il 19 marzo 2016. E’ un documento importante nel pontificato di Papa Francesco. Ed è bene cogliere il messaggio di fondo che il Papa affida a tale testo: la famiglia è decisiva sia per le religioni sia per le società. E’ un testo che pur rivolgendosi ai cattolici, in realtà offre non poche indicazioni per tutte le famiglie qualsiasi credo professino e a qualsiasi società appartengano.

La famiglia al centro dell’attenzione

Il testo Amoris Laetitia rappresenta la conclusione di un lungo itinerario di riflessione che ha coinvolto l’intera Chiesa Cattolica del mondo in tutte le sue articolazioni. Il Papa ha voluto che la famiglia fosse al centro della riflessione e dell’azione della Chiesa di questo inizio di Millennio. C’è la consapevolezza chiara che sia la Chiesa sia la Società sono tenute letteralmente in vita, appunto, dalle famiglie. Sono i milioni e milioni di padri, di madri e di figli che costituiscono il tessuto della comunità umana. Per questo il Papa ha chiesto ai membri della Chiesa Cattolica, vescovi e popolo, di rivolgere il loro sguardo sulla condizione concreta delle famiglie nella società contemporanea: come esse vivono nei diversi continenti, quali sono le loro gioie, quali loro difficoltà, quali i pericoli che le minacciano, quali le sfide che debbono affrontare, e così oltre. Lo sguardo con cui il Papa guarda le famiglie è pieno di una grande simpatia, di una grande stima, per le famiglie del mondo, tutte le famiglie. E, sin da titolo, vuole che le famiglie vivano, appunto, la “letizia dell’amore”.

C’è un orizzonte al cui interno il Papa guarda le famiglie che credo sia importante sottolineare. E’ il seguente: il Papa quando parla di famiglia non intende semplicemente la storia degli individui e dei loro desideri di amore (che pure ci sono), egli intende parlare del mondo e delle nostre società. Per il Papa – detto in maniera sintetica – la famiglia è la madre di tutti i rapporti. Si tratta di un orizzonte strategico, un orizzonte che chiede un cambio di passo e di stile sia nella Chiesa che nella società. Chiesa e società debbono assumere essi stessi i tratti di una famiglia. E’ a dire: solo se la Chiesa è una famiglia può comprendere e aiutare le famiglie; solo se una società si concepisce come una larga famiglia può comprendere le famiglie e costruire un futuro comune e pacifico. E’ una intuizione che troviamo presente nelle tradizioni dei popoli. Porto l’esempio di Cicerone, un sapiente dell’antica Roma, il quel definiva così la famiglia: “principium urbis et quasi seminarium rei pubblicae” (la famiglia è l’inizio della città e la scuola della repubblica). Come si vede, viene evidenziato il legame tra la famiglia, la città e la repubblica. E’ a dire che è nella famiglia che si apprende a vivere assieme in pace tra persone diverse. Vorrei ora accennare brevemente alla struttura e ai temi del testo papale.

 La struttura e i temi fondamentali del documento

I primi tre capitoli sono come un trittico di apertura. Il capitolo I e III offrono due sguardi sulla famiglia a partire dalla Bibbia, sia nell’Antico testamento che nel Nuovo Testamento. Nel capitolo II lo sguardo si sposta sulle famiglie di oggi. Il testo si diffonde nella narrazione delle situazioni nelle quali si trovano oggi le famiglie nei cinque continenti.  Il Papa spazia dal fenomeno delle emigrazioni, alla negazione ideologica della differenza dei sessi (la così detta “ideologia del gender”); dalla cultura consumista che avvelena anche le famiglie, alla mentalità antinatalista e alle biotecnologie che invadono il campo della procreazione; dalla mancanza di casa e di lavoro, alla pornografia e all’abuso dei minori; dall’attenzione da promuovere verso le persone con disabilità, al rispetto degli anziani; dalla scarsa considerazione dei diritti della famiglia, alla violenza nei confronti delle donne. E tanti altyri temi ancora. Il testo afferma che l’individualismo è il virus che sta avvelenando i legami famigliari, portando così la stessa società a frammentarsi.

Per cui oggi la famiglia vive una situazione paradossale: da un lato si attribuisce un grande valore ai legami familiari, sino a farne la chiave della felicità. I dati statistici rilevano che la famiglia è sentita dalla maggioranza delle popolazioni di tutti i paesi come il luogo della sicurezza, del rifugio, del sostegno per la propria vita. Dall’altro la famiglia è divenuta il crocevia di tutte le fragilità: i legami vanno a pezzi, le rotture coniugali sono sempre più frequenti e, con esse, l’assenza di uno dei due genitori nelle case. E vediamo che le famiglie si disperdono, si dividono, si ricompongono, tanto da poter affermare senza esagerazione che “la deflagrazione delle famiglie è il problema numero uno della società odierna”.

I capitoli IV e V formano la parte centrale della Esortazione Apostolica. In essi il Papa richiama i due pilastri che costituiscono la famiglia. Il primo è l’amore. Ma attenzione. Per il Papa l’amore nella famiglia è pieno di concretezza e di dialettica, di bellezza e di sacrificio, di vulnerabilità e di tenacia. E il Papa commenta uno dei passi più belli di San Paolo: l’inno sull’amore. L’Apostolo Paolo nella prima Lettera ai Corinzi scrive: l’amore è paziente, è benigno, l’amore sopporta tutto, l’amore perdona, l’amore spera sempre, l’amore non cede mai …. Insomma, è l’amore stesso di Dio che deve essere vissuto nelle famiglie. E’ un ideale altissimo, irraggiungibile, ma è una meta da avere sempre davanti agli occhi.

Il secondo pilastro è quello della fecondità, della generazione. Il Papa parla di cosa vuol dire accogliere una nuova vita, di cosa vuol dire portare nel grembo un bambino e poi farlo nascere e farlo crescere. E descrive l’amore della madre e l’amore del padre, la presenza dei figli e dei nonni. E afferma che la famiglia non può chiudersi in se stessa. Essa deve allargarsi anche agli altri. Sottolinea, ad esempio, l’importanza dell’adozione, dell’accoglienza e del contributo che le famiglie sono chiamate a dare per promuovere una “cultura dell’incontro” tra la gente, nei villaggi, nei quartieri, nelle città e nel Paese. Insomma – ribadisce il Papa – la vita della famiglia va intesa in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti dei parenti, amici.

Due punti vorrei sottolineare in questo contesto. Anzitutto il tema del figlio: Papa Francesco riafferma che il figlio non è un oggetto del desiderio, ma deve essere compreso come una nuova persona che è venuta al mondo per far crescere la società. Ed ecco – sottolinea il Papa – la ragione per rafforzare il legame tra le generazioni, altrimenti si corre il rischio di frammentare la società e di non trasmettere più la cultura e il sapere di un popolo. Il matrimonio e la famiglia hanno una inevitabile dimensione sociale: all’interno della famiglia si declinano i rapporti tra le persone che poi si riprendono anche a livello della intera società. Tale dinamismo richiede che la famiglia resti il luogo ove si apprendono i rapporti tra le persone, tra i famigliari, tra i piccoli e i grandi, tra i deboli e i più forti, e così oltre. Potremmo dire, in maniera sintetica, che la famiglia è il motore della storia. In essa passano le generazioni che costruiscono l’intera ricchezza dei popoli, sapere, cultura, tradizioni, dono, reciprocità.

Il secondo pilastro, riguarda la responsabilità dell’educazione dei figli e dei più giovani. L’educazione dei figli è una tra le sfide odierne più decisive e spesso, purtroppo, tra le più disattese. In occidente si parla ad esempio della “evaporazione” del padre, per dire che spesso i papà sono assenti da casa e le madri anch’esse fanno fatica ad educare. Molti genitori abbandonano la “fatica” dell’educazione dei più giovani. E’ un tema, sottolinea il Papa, che bisogna affrontare con urgenza, evitando i due opposti: da una parte l’abbandono dell’educazione e dall’altra l’oppressione educativa. Il testo papale dedica attenzione anche alla educazione sessuale dei ragazzi «in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità». Essa – sostiene il Papa – va realizzata «nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione» (n.280).

La famiglia e lo sviluppo dell’umanità

Molte altre cose si potrebbero dire a proposito del testo del Papa. Ma vorrei raccogliere qualche riflessione più sintetica a partire dal testo e dal dibattito che ha generato la redazione della Esortazione Apostolica. E’ molto chiara la portata antropologica del testo papale, che può parlare anche a chi non è cristiano e che ha a cuore uno sviluppo autentico della società. Papa Francesco pone la famiglia nel crocevia di un nuovo sviluppo del pianeta. E lo mostra partendo dalle prime pagine della Bibbia ove appare chiaramente ciò che Dio chiede ala famiglia, o meglio all’alleanza dell’uomo e della donna. Nel primo libro della Bibbia, al termine della creazione, Dio affida all’uomo e alla donna, o meglio alla loro alleanza, due cose: la custodia del creato perché diventi la “casa comune” di tutti i popoli e la responsabilità delle generazioni, ossia di generare i figli e di curare tutti i rapporti che dalla famiglia derivano. Questo iniziale comando di Dio chiarisce qual è la vocazione e la missione della famiglia: rendere l’ambiente bello e abitabile e tessere legami di solidarietà tra i figli e la società umana. E tutti noi vediamo che quando le famiglie vanno bene, l’intera società va bene. E, al contrario, quando le famiglie soffrono è l’intera società che soffre.

Nelle ricerche sociologiche contemporanee si vede chiaramente che, quando la famiglia è sostenuta e valorizzata, crescono sensibilmente gli indicatori della qualità della vita, dello sviluppo sociale ed economico, della trasmissione dei valori e della prevenzione dell’ingiustizia e del crimine. La famiglia, insomma, resta la risorsa più importante delle nostre società. Per questo va custodita, difesa e sostenuta. Lo scorso anno, presentando la Amoris laetitia alle Nazioni Unite, ho mostrato come l’attenzione fattiva degli stati e dei corpi sociali all’istituto familiare interpreta in forma piena ed efficace i Millennium Goals che l’assemblea delle Nazioni Unite ha riconosciuto come i passi concreti che migliorano la qualità della vita degli abitanti del pianeta. Il sostegno dato alla famiglia, da parte della politica e delle istituzioni, è un aiuto offerto al mondo intero.

La famiglia  – con il suo carico  di legami di sangue e di affetti – deve essere una “scuola di convivenza”, una “scuola di pace”, una “scuola di solidarietà”. In un mondo ripiegato su se stesso, narcisista, la famiglia è la risorsa più efficace per rifondare la nostra umanità nella sua capacità di creare relazioni stabile e solidali. Nella famiglia, a differenza di quanto accade nella quasi totalità delle nostre esperienze contemporanee (dove ci abituiamo a disconnetterci, a cambiare canale, a spostarci, a evitare chi ci infastidisce cercando solo chi ci somiglia) l’altro, invece, in famiglia, non può essere annullato, è comunque presente, è comunque parte della famiglia.

Parlare e promuovere la famiglia è perciò una scelta fondamentale che la società deve compiere per scongiurare gli esiti più negativi che certamente nessuno vuole ma che purtroppo rischiano di avverarsi. Ciò di cui abbiamo bisogno è creare le condizioni  affinché, anche in una società “iperindividualizzata”, dove ognuno pensa solo a se stesso, sia possibile conservare la nostra dimensione umana di relazionalità e interdipendenza reciproca. Vorrei dire che la famiglia ha un enorme bisogno di essere aiutata a superare le sue crisi e i suoi patimenti. Come sanno tutte le famiglie che riescono (anche felicemente) a stare insieme, gli ingredienti che rendono possibile stare con l’altro (anziano, genitore, fratello, sorella, nipoti, parenti, amici…) sono l’accoglienza e il perdono.

La Chiesa Cattolica chiede che la famiglia sia riconosciuta come una organizzazione originale e specifica perché è un unicum insostituibile. E’ impensabile oggi una vita sociale priva della famiglia. Nel dialogo con la cultura contemporanea, la Chiesa ritiene che nel perseguire un tale obiettivo si debbono promuovere quelle forme di famiglia che più compiutamente possono contribuire a sviluppare la convivenza pacifica tra persone diverse. Certo, anche la famiglia deve migliorarsi per tendere in modo sempre adeguato alla sua più profonda natura di essere il vero motore della storia.

Se vogliamo un mondo che cresca realmente nella giustizia e nella pace, nella cura delle risorse e dell’ambiente, nell’attenzione alle fasce e popolazioni più povere, nella convivenza pacifica e nello sviluppo solidale, le diverse istituzioni politiche, religiose, culturali ed economiche, debbono lavorare insieme affinché quell’esperienza originaria delle relazioni – che è la famiglia – sia riconosciuta e aiutata. Proprio in famiglia, infatti, si impara, dal primo istante di vita, la ricchezza della pluralità e della differenza, la bontà dei legami che non vengono meno, il valore di una appartenenza capace di riempire di senso al dato biologico e di schiudersi all’incontro con l’altro, nella sua diversità arricchente e feconda.

La storia dell’umanità, in tutti i secoli e in tutte le latitudini, mostra che solo a partire da questa scuola primaria di relazioni che è la famiglia si può immaginare e dare corpo al sogno deposto nelle profondità dell’umanità ch’è di fare di tutti i popoli una sola famiglia. Questo sogno, credo, è il senso anche di questo nostro ritrovarci qui oggi: proveniamo da storie e religioni diverse e tuttavia siamo uniti da uno stesso sogno, vivere cioè assieme in pace rispettando le nostre diversità ma amandoci come fratelli e sorelle. Con la Amoris Laetitia, Papa Francesco pone un tassello in più per aiutare i popoli della terra – nel rispetto delle proprie diverse identità – perché assieme realizzino il sogno di divenire una sola famiglia che vive nella pace.