Decima settimana del Tempo Ordinario – mercoledi

Mt 5,17-19

[17]Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. [18]In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.

[19]Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Questo brano è chiamato “discorso delle antitesi”. Matteo solleva il grave problema del rapporto tra Gesù e la legge, tra il Vangelo e le norme morali. La frase “avete inteso che fu detto, io invece vi dico”, che scandisce come un ritornello questa pagina del Vangelo, potrebbe indurre a pensare che si tratti di una sorta di abolizione della legge. Tuttavia Gesù fin dall’inizio chiarisce: “Non sono venuto ad abrogare, ma a compiere”. Ed è proprio il “compimento” della legge il centro di questo brano evangelico. Per Gesù si tratta di diventare “perfetti come perfetto è il vostro Padre che è nei cieli” (v. 48), richiamando la frase analoga del Levitico: “Siate santi, perché sono io Santo, il Signore vostro Dio!” (Lv 19,2). Egli stesso è il completamento della parola di Dio che risuona sulla terra sin da Abramo. Gesù, infatti, non aggira le disposizioni date da Dio, le porta fin nel più profondo; non cambia neppure uno “iota” (la lettera più piccola dell’alfabeto ebraico), perché nessuna parola della Scrittura va disattesa, anche la più piccola. Il discepolo, seguendo il Maestro, deve anche lui portare a compimento nella vita di ogni giorno quanto è scritto nella Bibbia.