Assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita

Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori Accademici,

inauguriamo oggi l’annuale Assemblea Generale nel XXV di fondazione della nostra Accademia, istituita l’11 febbraio 1994 da San Giovanni Paolo II su ispirazione del Servo di Dio Jerome Lejeune. Grazie Madame Lejeune per la sua presenza qui oggi che ci testimonia la grandezza di questi due grandi servitori della vita umana.

Il Santo Papa Giovanni Paolo II, nel Motu proprio con cui costituiva l’Accademia, scriveva:

Il mistero della vita, di quella umana in particolare, attira in modo crescente l’attenzione degli studiosi, stimolati dalle straordinarie possibilità d’indagine che il progresso della scienza e della tecnica offre oggi alle loro ricerche. La nuova situazione, mentre apre affascinanti prospettive d’intervento sulle sorgenti stesse della vita, pone pure molteplici ed inediti interrogativi di ordine morale, che l’uomo non può trascurare senza correre il rischio di compiere passi forse irreparabili.

Oggi, a venticinque anni di distanza, queste parole risultano ancor più esigenti e decisive. La vita umana è davvero un mistero, una realtà promettente e irriducibile, mai definitivamente codificabile e sempre fonte di rivelazione; al contempo la tecnica e la scienza hanno raggiunto un’efficacia affascinante e una pervasività che, assieme, affascina e preoccupa. La questione etica, connessa e centrata dentro una più ampia riflessione antropologica, è oggi più che mai urgente.

Papa Francesco, nella riforma dell’Accademia voluta nel 2016 e più ancora nella Lettera Humana Communitas che ha voluto scriverci in occasione di questo anniversario, conferma l’intuizione del suo predecessore, e ridà nuovo slancio al nostro lavoro. Al suo ringraziamento per i venticinque anni di attività aggiungo i miei personali che rivolgo anzitutto ai diversi Presidenti che si sono succeduti nella conduzione di questo consesso scientifico (il prof. Correa, il Card Sgreccia, Mons Fisichella e Mons Carrasco), e a tutti gli accademici, i cancellieri, i membri dello staff e ai tanti amici che hanno dato forza e contenuto a questa storia.

Papa Francesco, già nel titolo della Lettera rivolta all’Accademia, Humana communitas, indica l’orizzonte nel quale iscrivere il nostro impegno. Con l’Enciclica Laudato sì, Papa Francesco ha richiamato tutti alla responsabilità della cura del creato come “casa comune”. È un richiamo coraggioso e urgente che pone tutti di fronte alla responsabilità di affrontare con sapienza le sfide ecologiche e sociali che mettono a rischio il futuro stesso del pianeta. Oggi, come in un dittico, si fa sempre più urgente una rinnovata attenzione a chi abita quella casa, ossia alla famiglia umana nella sua interezza. Non è in questione, infatti, unicamente la dimensione naturalistica dell’ambiente ma anche quella sociale della comunità umana. Non può non tornare in mente – in questo passaggio di epoca per certi versi inedito nella storia umana – la prima pagina della Bibbia quando il “creato” venne affidato all’alleanza dell’uomo e della donna, ossia alla famiglia umana.

L’orizzonte che il Papa pone davanti alla Accademia per la Vita mi pare un invito a comprendere in maniera profonda il senso stesso della “Vita”, nell’ampiezza della sua unità semantica e reale. La “vita” non è un concetto universale astratto: è la persona umana nella sua storia e nelle sue relazioni; è l’intera famiglia umana intesa come soggetto che abita il creato; è l’ambiente umano della responsabilità e della cura per la qualità della vita. Il Papa con preoccupazione rileva l’indebolimento – etico, politico, spirituale – dei legami che costituiscono la fraternità, fondata anzitutto sul reciproco e amichevole riconoscimento di una comune origine, di una comune condizione, di una comune destinazione: “Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità. Il respiro universale della fraternità che cresce nel reciproco affidamento – all’interno della cittadinanza moderna, come fra i popoli e le nazioni – appare molto indebolito. La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo”. È una sfida che riguarda l’intero pianeta e quindi l’intera comunità umana. L’indebolimento della fraternità – lo si voglia o no – contamina tutte le scienze dell’uomo e della vita.

La vita umana, comprensibile solo nella trama delle sue relazioni storiche e concrete, che la preservano da ogni sterile e riduttiva comprensione ideologica, chiede inoltre una considerazione complessiva: la vigilanza sugli inizi della vita umana, deve essere ancor più attenta, proprio perché è sempre più esposta a una cultura dello scarto che la semplificazione tecnologica rende oltremodo efficace; e non possiamo certo rinunciare, per le stesse ragioni, a presidiare eticamente il passaggio finale della vita a quella eternità cui tutti siamo chiamati. Essi costituiscono punti delicati dove continuamente la dignità di ogni persona umana è seriamente minacciata: se non è custodita e amata nel suo avvento e nel suo congedo, di certo non lo sarà nella concretezza del suo riconoscimento lungo il corso del suo intero svolgimento, in cui è ripetutamente messo alla prova l’amore che ci rende degni della sua promessa. Proprio per questo, in realtà, a venticinque dalla fondazione dell’Accademia, ci è chiesto di coltivare in tutta la sua ampiezza questa correlazione, prendendo in considerazione la continuità e l’ampiezza di questa insidia, nell’intera fenomenologia delle sue ripercussioni in tutta l’ampiezza della vita di ogni uomo e di ogni donna. Non c’è spazio per nessun riduzionismo ideologico, a riguardo della coerenza di questo ampliamento con l’ispirazione fondamentale della missione iscritta nel progetto fondativo della nostra missione. L’attenzione alle diverse età della vita e ai contesti dove queste si dipanano nello scorrere dei giorni è dunque decisiva: la pervasività di una mentalità utilitaristica e tecnocratica – spregiudicatamente selettiva – che lavora contro l’accoglienza e il rispetto della vita umana vulnerabile e ferita, produce incertezza morale e vulnerabilità psicologica nel sentire comune: indebolendo tutti i legami sociali ai quali la dignità e il rispetto della vita sono naturalmente affidati. L’orizzonte offerto dalla Globalbioetichs mostra, proprio in questa prospettiva, la sua pertinenza e la sua fecondità di approccio. Nell’orizzonte di questa concreta evidenza si orientano gli atti dell’Assemblea dello scorso anno, dedicati specificatamente a questo tema e appena usciti dalla tipografia, che vi consegno con grande piacere.

L’affascinante e preoccupante impatto che le tecnologie hanno oggi sulla comprensione e sulle forme concrete della vita umana (Papa Francesco cita l’affermarsi delle nuove “tecnologie convergenti” fra i temi che si impongono all’attenzione etica globale), troveranno nelle molteplici iniziative previste per il biennio 2019-2020, un ambito di riflessione degno di analisi rigorosa e di appassionato coinvolgimento. L’assemblea di quest’anno dedicata all’etica della “robotica”, insieme con quella che l’anno prossimo sarà dedicata all’evoluzione delle cosiddette “intelligenze artificiali” sono i due pilastri portanti di un percorso più ampio, per il quale è già annunciata, in correlazione con il contributo di alcuni nostri gruppi di studio, la cooperazione di significative agenzie istituzionali, che proprio l’annuncio dell’interesse dell’Accademia per questi temi ha suscitato. Fra tutti ricordo il recentissimo incontro avuto con il Presidente di Microsoft Brad Smith, sinceramente interessato ai risvolti antropologici delle nuove tecnologie.

Il compito affidato dal Papa all’Accademia ha quantomeno una triplice implicazione metodologica. La prima. La Chiesa cattolica non guarda la ricerca scientifica semplicemente come a uno strumento “contemporaneo ed efficace” per trovare riprova del messaggio evangelico e delle sue implicazione etiche. L’investigazione scientifica, quando è dedita alla spassionata ricerca della verità, è sempre da sostenere e da ammirare, anche quando impone domande e dubbi che interpellano la fede in modo nuovo e in termini inediti.

Lo studio appassionato e libero dell’uomo e del suo mondo è, infatti, sempre indagine circa l’opera di Dio e il suo progetto. Questa è la scienza che promuoviamo e sono bene accolti tutti quelli che vivono con passione e gratuità il servizio della ricerca. Siamo poi convinti che l’avanzamento del lavoro scientifico è una grazia per la riflessione antropologica e, soprattutto, teologica. Il dialogo franco con l’investigazione razionale è un’operazione che da sempre la teologia più genuina ha compiuto, superando la tentazione di sancire un conflitto insuperabile e un’opposizione di principio fra le risorse del pensiero presenti nella cultura delle diverse epoche e l’intelligenza dedicata alla comprensione e alla comunicazione della fede. Solo nel dialogo rispettoso e onesto con il mondo contemporaneo è possibile un autentico approfondimento dell’esperienza credente e una riflessione etica che non si limita a una ripetizione deduttiva di uno schema ormai obsoleto. Il Papa esorta l’Accademia ad entrare nei territori della scienza e della tecnica e a percorrerli con audacia e creatività, sapienza e discernimento. Il che significa non dedurre risposte prefabbricate da una teoria precostituita: ma anzitutto mettersi in attento ascolto dei fenomeni nella loro complessità per comprendere in che modo i nuovi ritrovati della scienza e della tecnica incidono sulla nostra umanità. Ed elaborare criteri di interpretazione e di valutazione che producano intelligenza praticabile a vantaggio della dignità di ogni persona e di tutte le popolazioni che abitano il pianeta. Questo lavoro mette in gioco l’elaborazione di una coscienza morale che non si limita alla produzione di regole di comportamento, ma si rende capace di convocare le coscienze intorno alla responsabilità dell’agire. Il suo appello si deve rivolgere alla sensibilità della persona (il £cuore” di cui parla il vangelo) per la responsabilità delle persone (la “prossimità” di cui parla il vangelo), in cui la dimensione etica e la qualità spirituale della vita nascono e crescono insieme.

Care amiche, cari amici, con l’apertura di questo orizzonte di temi e prospettive, che sollecitano il nostro impegno e il nostro slancio per il futuro, l’Accademia festeggia i suoi venticinque anni. L’età di una giovinezza matura: quella che non si sottrae alle fatiche della responsabilità, e assume generosamente le fatiche della storia, pronta per assumersi il lieto compito di generare, custodire e rigenerare la vita e il mondo. Di questa storia e di questi compiti oggi rendiamo grazie a Dio. Per il futuro che ci è affidato contiamo sulla nostra buona alleanza. E così sia.

Grazie!

Vaticano, 25 febbraio 2019