XXV Settimana del Tempo Ordinario – giovedì

Lc 9,7-9

Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risuscitato dai morti», altri: «E’ apparso Elia», e altri ancora: «E’ risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?». E cercava di vederlo.

Gesù ha appena guarito una donna adulta ed ha ridato la vita a una ragazza. E’ lo scontro tra il male che vuole dominare il mondo e Gesù che è venuto a liberare e a guarire. Ebbene, anche i discepoli sono mandati a combattere questa lotta, avendo la stessa autorità e lo stesso potere di Gesù. Scrive Luca che Gesù ne scelse Dodici e diede loro il potere di cacciare i demoni e di curare le malattie. È Gesù che li manda. E’ la seconda volta che viene narrata dall’evangelista. L’annuncio del Vangelo non è fatto una volta per tutte, e neppure è una iniziativa autonoma e privata. Ogni discepolo è chiamato a inserirsi nella lunga scia dei seguaci di Gesù per combattere la stessa battaglia, per annunziare lo stesso Vangelo. Per questo bisogna spogliarsi di se stessi e del proprio protagonismo per annunciare ovunque il Vangelo. Vi è in questa pagina un’ansia che porta i discepoli a recarsi di casa in casa, di villaggio in villaggio, di città in città, perché nessuno resti privo dell’annuncio evangelico. Persino Erode ne è incuriosito. Verrà anche per lui il momento dell’incontro, ma chiuderà il suo cuore. Aspettava prodigi e non la salvezza come i poveri e i deboli.