San Valentino 2001

San Valentino 2001

Omelia per la festa di San Valentino

 


Care sorelle e cari fratelli,


 


è bello e significativo ritrovarci a San Valentino. Potremmo dire che l’intera città si raccoglie attorno alla memoria del suo primo vescovo, evidenziando così quella profonda unità che c’è tra Terni e San Valentino. I 18 secoli che ci separano da questo vescovo non hanno attutito la sua memoria e la sua testimonianza. Anzi, mi pare che ci sia come un irrobustimento di questo rapporto. Quest’anno è il primo San Valentino del XXI secolo; il primo anche per me. E sento tornare questa festa con una forza tutta particolare. Siamo in tanti, oggi. E vorrei ringraziarvi tutti, uno per uno, e con voi cantare, insieme al salmista: “E’ bello e pieno di gioia che i fratelli e le sorelle stiano insieme”.


Ringrazio il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’onorevole Enrico Micheli che, con fine sensibilità, ha voluto essere presente a questa festa. Ringrazio, altresì, la Presidente della Regione e gli altri membri della Giunta che oggi hanno voluto riunirsi qui a Terni. Un saluto va anche alle altre autorità presenti, al Prefetto, al Questore, a tutti. E un ringraziamento particolare rivolgo al Sindaco di Terni, Paolo Raffaelli, e alla Giunta Comunale per il loro impegno anche in questa festa.


Terni, città di San Valentino. Così si legge appena si entra in città, ma soprattutto così è scritto nella storia profonda di Terni. Nei suoi stessi cromosomi, si potrebbe dire, è incisa la testimonianza di Valentino, vescovo di Terni dal 199, anno della sua consacrazione episcopale per mano di Feliciano, sino al 273. Quasi per l’intero III secolo. Erano anni difficili, allora, soprattutto per i cristiani, che dovettero più volte subire la persecuzione. Valentino tuttavia diede la prima struttura organica a questa Chiesa e rese solida anche la città di Terni, che stava risentendo dei primi scricchiolii dell’Impero. Valentino fu un uomo del Vangelo. Lo predicava ovunque, a Terni e fuori Terni. Grande fu il suo amore per i poveri, e larga la sua tenerezza per i malati. Seguendo il comando di Gesù ne guarì molti. E fu questo amore che lo spinse ad aiutare anche i giovani a sposarsi, superando le difficoltà che trovavano sulla loro strada. L’amore di Valentino non conosceva ostacoli, perché era un amore, come quello evangelico, che già dentro di sé non consoce confini.


Terni, città di San Valentino? Sì, e nel senso più profondo. Ossia: Terni città dell’amore senza confini, città dell’amore universale. Giovanni Paolo II così ci ha scritto il 14 febbraio del 1997 per la festa di San Valentino, quasi definendo l’amore che dobbiamo vivere e annunciare: “L’amore vince, abbatte le frontiere, spezza le barriere fra gli esseri umani. L’amore crea una nuova società”. Sono parole che dovremmo scolpire sulle mura di questa città e soprattutto sulle pareti dei nostri cuori. Ebbene, è questo tipo di amore che sta scritto nel profondo di Terni. Ed è un messaggio di una sorprendente attualità. Il nuovo secolo, appena iniziato, se vorrà evitare le tragedie di quello passato, deve ripartire da questo amore. In tal senso possiamo dire che deve ripartire da San Valentino; un santo che, provvidenzialmente, è conosciuto in tutto il mondo. Ed è questo il messaggio che vogliamo dare al mondo: ossia un amore robusto, forte, senza frontiere, che sa vivere anche nei momenti difficili, che non conosce la cultura del nemico, che non vuole vincere a tutti i costi. Questo amore è l’unico che può fronteggiare quella cultura egoistica, che inesorabilmente diviene violenta, che sta soggiogando questo nostro mondo. Care sorelle e fratelli, non c’è alternativa all’amore. Resta solo la violenza. Per questo non possiamo svilire l’amore di Valentino in un sentimentalismo sdolcinato o in una grigia e scialba melassa, che lascia tutto uguale a prima. Così sviliremo anche questa nostra città. E così talora accade. Accade quando in questa nostra città vedo crescere con facilità incredibile gli scioglimenti dei vincoli familiari; quando vedo affacciarsi indisturbata la droga tra i giovani; quando vedo crescere senza freno il numero degli aborti; quando vedo affievolirsi il senso della solidarietà, particolarmente verso i più deboli, verso gli stranieri; quando vedo affermarsi una cultura individualista che privilegia solo la propria soddisfazione personale. Verri dire che non è questa la vocazione che Terni ha scritta nel suo profondo.


Facciamo bene, perciò, a tornare a San Valentino. Egli non è solo il patrono ma il fondamento di Terni. Ed egli ancora oggi parla di un amore alto, di quell’amore di cui sta scritto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. E Valentino ha dato la vita per i suoi amici; non si è risparmiato in nulla, ha speso tutta la sua lunga esistenza per il Signore e per i poveri, per i deboli e per coloro che avevano bisogno. Valentino aveva imparato dalle Scritture che il vero culto a Dio consiste nel “dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto e nel vestire chi è nudo”. Fu questo amore che lo fece intenerire per quei due giovani, uno pagano e l’altra cristiana, aiutandoli a superare anche questa difficoltà perché potessero sposarsi. 


Valentino, uomo dell’amore. E Terni, città dell’amore. Come Valentino dice l’amore al mondo, così Terni deve parlare di amore al mondo, dell’amore di San Valentino, sottraendolo quindi al facile consumismo che lo scolora e lo svilisce. Domenica scorsa, alle 200 coppie di fidanzati venute qui,  ho mostrato loro questo amore. E ho visto la commozione nei loro occhi. Non pochi hanno ringraziato dicendo: “siamo stati illuminati sull’amore”. Ho detto loro che a Terni, dopo aver aperto una casa per ragazze schiave della prostituzione, nel mese prossimo apriremo una mensa per i poveri dedicata a San Valentino: la “Mensa di San Valentino”. E’ un esempio di come Terni risponde alla sua vocazione d’amore.


Oggi siamo noi qui, la città di Terni che volge il suo sguardo verso San Valentino, suo primo vescovo. Noi siamo pellegrini; pellegrini verso le radici di questa città. E dire radici vuol dire quella parte della pianta che è comune a tutti, al tronco e ai rami. Voglio dire, care sorelle cari fratelli, che c’è una unità di fondo da ritrovare, o meglio in cui tutti ritrovarsi per il bene dell’intera città e del suo futuro. E’ questo il senso profondo del nostro raccoglierci attorno alla memoria di San Valentino. C’è una energia comune che questa città, in tutte le sue componenti, deve ritrovare e sta già ritrovando. Quell’energia che, sola, può permettere la successiva e indispensabile dialettica che sostanzia la vita sociale, politica e civile della città. Forse ci è chiesto di eliminare quelle strozzature della vita, che rischiano di provocare “ictus” irreparabili, e di vincere quei blocchi che ci portano in basso e che rendono più difficile la solidarietà. L’incontro con San Valentino, all’inizio di questo secolo,  deve far scorrere nelle vene di questa nostra città quella forza di amore che fa superare le montagne, e vincere ogni ostacolo per guardare verso un nuovo futuro.


Non temo perciò di dire che San Valentino è l’utopia di Terni, l’utopia di un amore che vince gli egoismi e le grettezze di cui tutti siamo schiavi. Al termine della liturgia ogni parrocchia di Terni porterà un cero che dovrà ardere per tutto l’anno davanti la tomba di San Valentino. Anch’io, ultimo nella successione episcopale, porterò una lampada che ho preso a Gerusalemme. L’olio di questa lampada, la sostanza di questi ceri, care sorelle e fratelli, è il Vangelo che ci è stato consegnato. Se tutti noi lo leggeremo, ogni giorno, la fiamma resterà accesa: l’egoismo sarà bruciato e l’amore illuminerà questa città. Ed essa stessa diventerà sorgente di luce e di amore. E lo diventerà per tutti, e non solo durante il “mese valentiniano”. Noi vogliamo un “anno valentiniano”; un anno nel quale tutti, credenti e non credenti, possiamo essere scaldati e illuminati dal Vangelo. Il Vangelo, che guidò Valentino, sia l’energia nuova che muove la nostra città.


Permettetemi allora di riprendere le parole che Gesù disse a Pietro: “Duc in altum!” “Prendi il largo!” Vorrei dirle anche a questa nostra città, all’inizio del nuovo secolo: Terni, “Duc in altum! Prendi il largo!” Abbandona le rive degli individualismi e degli egocentrismi di ieri; lascia le rive antiche del rimpianto e della nostalgia; allontanati dai lidi di una pigrizia rassegnata che non vede oltre la “conca”; distaccati dalla riva delle facili divisioni e dell’avarizia della vita. Davanti a te c’è il mare aperto: il nuovo secolo da traversare. Non è possibile traversarlo a nuoto ciascuno per proprio conto. Non si va al largo da soli. Dobbiamo tutti salire nella barca e, ciascuno al suo posto, intraprendere la navigazione verso un nuovo futuro per questa nostra città.


La rotta è già segnata. Dice l’apostolo Paolo: “camminate nell’amore, prendendo esempio da Cristo, il quale vi ha amati fino a dare la vita per noi”. Cari amici, è il tempo di innamorarci ancora; è il tempo di non vivere più stancamente pensando solo a se stessi. Il Vangelo ci fa sognare una Terni nuova e bella, generosa e senza confini, una Terni, assieme umbra e universale. Lasciamoci guidare dal Vangelo, come fece Valentino, e Terni diventerà la città dell’amore.