San Giovenale 2001

San Giovenale 2001

Care sorelle e cari fratelli,


 


sono particolarmente lieto di fare festa oggi attorno a San Giovenale. E’ la seconda festa per me. E’ passato esattamente un anno dal mio ingresso a Narni. Ma sono secoli che i cittadini di Narni, il 3 maggio, si ritrovano attorno a questa memoria. E non è un superficiale ritorno al passato. In questa festa che torna ogni anno, c’è un motivo più profondo, anche se non sempre ne siamo coscienti. E il motivo è questo: apprendere da questo vescovo come vivere, come amare e come difendere questa città. Tutti in fondo sentiamo che allontanarsi da questa memoria significherebbe rendere la vita di Narni meno bella. Non basta ovviamente fermarsi a festeggiamenti esteriori per cogliere la ricchezza e la forza che emana da questo santo vescovo e martire. Questa festa che torna ogni anno ci lega a lui e alla sua passione di annunciare il Vangelo.


Giovenale, come sapete, è venuto da lontano, dall’Africa del Nord, ed è stato consacrato vescovo per questa città divenendone anche difensore. Non era di Narni, eppure è stato più che un padre per questa città. Giovenale, non solo a parole ma con la sua stessa vita, ci mostra che i legami veri, quelli che restano, nonostante il passare del tempo, sono i legami che nascono dall’amore e dalla passione perché tutti siano felici. Giovenale ha annunciato il Vangelo in questa nostra terra e l’ha cambiata. Sì, egli, attraverso il Vangelo, ha cambiato il cuore dei narnesi, e ha fatto di gente dispersa e spesso litigiosa una comunità di uomini e di donne che vivessero insieme edificando così una città aperta e ospitale. Giovenale ha fondato e difeso Narni solo con il Vangelo. Sapeva bene infatti che solo questo piccolo libro avrebbe reso liberi gli uomini e le donne di Narni dalla schiavitù degli idoli, dall’impero dell’amore solo per se stessi, dall’oppressione dell’odio e della violenza. Per questo non cedette alle pressioni per rinnegare il suo Signore. L’amore per Gesù, l’amore per il Vangelo, l’amore per Narni lo resero forte contro il male e la violenza. Sì, Giovenale divenne più forte dell’odio e dell’inimicizia. Abbiamo bisogno di questo amore, anche perché la violenza è alle porte della nostra città, è dentro le nostre mura, ed è facile lasciarsi travolgere nella sua triste spirale.


Il Signore Gesù, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, continua a dirci: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri”. Sono parole che se ascoltate cambiano la faccia di Narni. Ascoltiamole, perciò, fratelli e sorelle, e Narni risplenderà di luce nuova, la luce dell’amore! A che serve una città posta in alto come Narni, se è buia d’amore? A che serve rinchiudersi nella rocca del proprio egoismo? E Se la rocca non si apre, è inutile; se non è illuminata dall’amore, non serve a nulla. Volentieri continuo a ricevere in doni i ceri, sia quelli donati dai diversi castelli che quelli donati delle parrocchie. Ogni comunità consegna un cero, secondo la sua misura. E’ un cero spento. E sarà acceso davanti al nostro santo Patrono. Sì, dobbiamo portare qui i nostri cuori, la nostra vita, e lasciare che il Vangelo li accenda, che la forza dell’amore li bruci. Sia Narni una città che brucia d’amore! Sia una città con un cuore più largo, più generoso! Sia una città come lampada d’amore accesa sul monte!


L’anno che abbiamo trascorso è stato l’anno del Giubileo. Lo abbiamo vissuto con gioia assieme a tanti altri fratelli e sorelle di Terni e di Amelia. Con loro abbiamo gioito nei diversi avvenimenti comuni. La consegna del Vangelo di Luca ad ogni persona della diocesi è stato un avvenimento di rara intensità spirituale. Sono certo, care sorelle e fratelli, che quella seminagione porterà frutti oltre le nostre attese. Sia che abbiamo vegliato, sia che ci siamo lasciati prendere dal sonno, quel seme germoglierà. E i frutti li vediamo già in mezzo a noi. Certo, non sono mancate in questo anno difficoltà e momenti difficili. Il Signore però non ci ha fatto mai mancare il Suo aiuto. Ricordo le apprensioni per qualche stabilimento industriale che avrebbe dovuto chiudere i battenti e che per grazia di Dio non è stato chiuso. E poi i drammatici giorni del terremoto con l’epicentro proprio a Narni. Anche questa volta abbiamo potuto sperimentare la solidarietà di tanti che ci sono stati vicini. Di tutto ringraziamo il Signore.

Si apre ora davanti a noi un futuro nuovo; un futuro che riguarda sia la vita civile che quella religiosa della nostra città. Come prendere il largo? Come andare nel mare aperto del nuovo secolo? Come far risplendere Narni ancor più? Molti impegni stanno davanti a noi e dovremmo perseguirli. Ma c’è una indicazione di fondo che ultimamente ho dato a tutta la diocesi e che per la prima volta accennai proprio qui a Narni nel giorno di san Giovenale dello scorso anno. Quel giorno – lo ricordo molto bene – vi dissi che la domenica doveva diventare il centro della nostra vita e della vita di Narni. L’Eucarestia domenicale, infatti, è il cantiere ove tutti siamo chiamati a costruire l’amore e la solidarietà, ossia il futuro di Narni. Sì, nella domenica, tutti diventiamo operai dell’amore e di una festa nuova. La domenica non sia un giorno di evasione, ma di gioia. Ogni domenica è Pasqua, e tutti siamo salvati da una vita triste e un po’ grigia. Quando ci raduniamo assieme per la Messa la mente ci viene aperta, il cuore riceve un’energia nuova, le membra sono irrobustite, e tutti possiamo rallegrarci perché nessuno è più solo. Ecco perché la domenica salva la nostra vita, salva la vita di Narni, salva la vita delle nostre comunità.