Troppe discriminazioni la Chiesa vuole aiutare a combattere gli abusi

di Domenico Agasso

Il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia «va corretto». Ma la Chiesa «non vuole assolutamente bloccarlo, anche perché occorre una norma che realizzi pienamente l’articolo 3 della Costituzione». L’importante è non trascurare «la libertà di opinione e di pensiero, che riguarda tutti, non solo i cattolici».

Monsignor Vincenzo Paglia, 76 anni, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, ragiona sui contenuti del ddl in queste ore decisive, e non si sottrae alla riflessione sulle polemiche e sul polverone provocati dalla «nota verbale» della Santa Sede, accusata di indebita ingerenza. Dopo la risposta del presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi – «il nostro è uno stato laico, non è confessionale, quindi il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e legiferare» – il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha dichiarato che l’iniziativa diplomatica è stata intrapresa per un desiderio costruttivo e che «la nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi».

Monsignor Paglia, sul ddl Zan il Senato vota il 13 luglio. Lei che cosa spera?
«Il disegno di legge così com’è ha più le caratteristiche di un “manifesto” che di una “legge”. E per di più non ha la forza per tutelare pienamente le persone dalle discriminazioni, mentre comporta un serio pericolo per la libertà di espressione e pensiero. Con il rischio di discriminare la religiosità della gente, perché impone un’ideologia, quella del gender, inaccettabile per la Chiesa, e non solo, secondo me anche per la società».

Quindi va fermato?
«No. Il testo va solo corretto e riformulato in alcune parti. Nessuno nella Chiesa vuole bloccarlo o ostacolarlo. Auspico che si trovi una soluzione frutto di dialogo e moderazione tra tutte le parti».

Dunque non siete contrari ai contenuti che pone?
«No, innanzitutto perché sarebbe opportuno che venga promulgata una legge ordinaria che realizzi pienamente l’articolo 3 della Costituzione. La Costituzione stabilisce che non sono ammesse discriminazioni per motivi di sesso, senza alcun tipo di eccezioni. Dunque è necessario attuare completamente il dettato costituzionale. E poi non neghiamo che il disegno di legge affronti questioni reali. Oggi si registrano comportamenti e atteggiamenti di discriminazione fondati sul sesso. La Chiesa, glielo assicuro, non è indifferente, vuole contribuire a combattere ogni abuso. E arginare assolutamente l’omotransfobia. E sappiamo bene che ci sono Paesi in cui si viene discriminati se si è omosessuali o transessuali: la Chiesa condanna fermamente queste derive, senza se e senza ma».

Le gerarchie ecclesiastiche sono sotto accusa per non essere al passo con i tempi: non è un po’ così?
«Questa immagine di una Chiesa dei “no” non è realistica. È davvero scorretto dire che siamo contro i diritti. E non è vero che promuoviamo o addirittura imponiamo solo divieti. La Chiesa è preoccupata di salvaguardare la dignità di tutti. Ma a volte è chiamata anche a ricordare che non è sano per la nostra società moltiplicare i diritti individuali senza una struttura solida di doveri da valorizzare».

Però con la nota verbale della Santa Sede non ha commesso un’ingerenza?
«Ha spiegato bene il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin: siamo contro ogni comportamento o azione di intolleranza e di odio verso le persone per il loro orientamento sessuale, e la via per difendere questi principi ci sembra possa essere sempre il dialogo, che significa intervento e ascolto da entrambe le parti. Non mi occupo di diplomazia ma mi pare chiaro che la nota voleva essere un contributo al dibattito su temi decisivi per il bene comune e per le nuove generazioni. La preoccupazione espressa “riguarda i problemi interpretativi che potrebbero derivare nel caso fosse adottato un testo con contenuti vaghi e incerti”. E poi la questione della libertà di opinione riguarda tutti, non solo i cattolici».

Qual è la via da percorrere secondo Lei?
«Credo che occorra lavorare innanzitutto sulla mentalità e sulla cultura. Contro il razzismo e il bullismo a causa dell’orientamento sessuale si lotta con un incisivo e coordinato impegno educativo a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. Non basta un intervento legislativo, a maggior ragione scritto con alcune lacune e alcuni punti fuorvianti. Serve con urgenza un tavolo comune a cui dovrebbero sedersi istituzioni nazionali e locali, enti formativi e sportivi, famiglie, associazionismo, volontariato e le religioni. Tutti pronti a un confronto sereno e concreto».

Ma la Chiesa cattolica è pronta a fare la sua parte?
«La Chiesa ha un patrimonio di sapienza antropologica che proviene dalle Sacre Scritture e dalla tradizione ecclesiastica, e che è chiamata a testimoniare e comunicare. Nell’azione pastorale dobbiamo partire sempre dal rispetto delle persone a prescindere: ogni donna e ogni uomo ha una dignità e un valore immenso che nasce dal proprio vissuto, dalla propria quotidianità, dai propri affetti, dalle sofferenze e dalle gioie. La via maestra da seguire è sempre e comunque quella dell’accoglienza e della vicinanza. Poi subentra il necessario discernimento di ogni storia personale. Coinvolgere persone con tendenza omosessuale non è semplicemente accettarli. Vuol dire, più profondamente, ritenerli pienamente parte della vocazione di ogni fedele, di ogni credente più o meno costante, e dell’intero popolo di Dio: amare Dio e il prossimo, spiritualmente e concretamente».

(LA STAMPA)