Sesta settimana di Pasqua – venerdi

Gv 16, 20-23

In quel tempo disse Gesù: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.

La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla”.

L’amicizia con il Signore è come un parto, cioè è frutto di una gestazione lunga e faticosa. Non è l’improvvisazione di qualcuno che si crede geniale o l’esito spontaneo di un itinerario naturale. Infatti come nella gravidanza la donna partecipa personalmente al crescere di una nuova vita accolta nel suo seno, ma nello stesso tempo lo sviluppo del bambino non è frutto della sua abilità o di qualche dote, così la Parola di Dio se accolta nel proprio cuore cresce e si sviluppa, genera una vita nuova non perché siamo particolarmente meritevoli o migliori, ma perché agisce con potenza in chi la conserva, pur fra mille difficoltà. Non bisogna allora lasciarsi abbattere dalla difficoltà con cui a volte fatichiamo ad accogliere la Parola, mentre risulta così facile lasciarcela sfuggire lontano da noi come qualcosa di scontato o di inutile. Questo lavoro paziente ci donerà un’interiorità più profonda, cioè la capacità di gustare la dolcezza di ogni Parola che ci viene dal Vangelo. È questo il dono di cui parla il vangelo, che nessuno ci può negare o togliere perché è frutto della fedeltà dell’ascolto che ciascuno può vivere, se lo vuole.