Pellegrinaggio alla Madonna del Ponte

Pellegrinaggio alla Madonna del Ponte

Care sorelle e cari fratelli,


partiti da varie parti della Diocesi siamo giunti al santuario della Madonna del Ponte, che oggi rappresenta il cuore mariano della nostra Diocesi. Abbiamo ripreso una tradizione antica molto cara a tanti di noi. Lo abbiamo fatto non per un nostalgico ritorno al passato, quanto per scendere più in profondità nella nostra fede e nella nostra storia e cogliere una nuova forza, una nuova ispirazione per il mondo a venire.
Siamo venuti qui, in un santuario nato mille anni fa. Era l’inizio del secondo millennio attorno al 1050. Noi siamo entrati nel terzo millennio e oggi ricordiamo l’attentato alle due torri di New York. Sono passati tre anni da quel l’11 settembre del 2001. Questo terzo millennio non poteva iniziare peggio di così! Da allora il terrorismo è cresciuto, e con il terrorismo l’insicurezza e la paura. Sì, tutti abbiamo più paura, tutti ci sentiamo più insicuri. E poi ci sono poi le guerre: quelle dimenticate che continuano a mietere migliaia e migliaia di vittime, compresa la guerra in Afganistan. E quindi la guerra irachena. Le guerre, tutte le guerre, anche quando si dice che sono terminate, non finiscono. Esse portano sempre dietro a sé morte, distruzioni, odi, ferite, vendette, atrocità. E’ così anche per l’Iraq. Questa sera ci uniamo anche noi in preghiera per le due giovani italiane rapite: il Signore tocchi il cuore dei rapitori, si commuovano e le liberino! E preghiamo anche per le tante vittime irakene che nessuno ricorda: le vedove che piangono mariti e figli scomparsi; i bimbi che non hanno più genitori; i giovani che sono privati del futuro; gli anziani che forse invocano la morte per non vedere più tanto dolore: dopo un regime terribile, una guerra infinita. E fino a quando?
Noi siamo venuti qui, in tanti. E ringrazio di cuore anche i sindaci che hanno voluto partecipare a questo pellegrinaggio di pace. Siamo qui perché sentiamo il bisogno di unirci per vincere i demoni della guerra, della paura e della rassegnazione. Abbiamo bisogno di stare assieme perché è l’unica via per un mondo di pace. E’ facile, care sorelle e cari fratelli, di fronte ad un mondo che diviene sempre più violento e crudele, lasciarsi prendere dalla rassegnazione. Sì, tutti noi, anche con ragione, potremmo dire: che ci posso fare io? ho forse il potere di bloccare la guerra? posso forse allontanare il terrorismo? Purtroppo non posso far nulla, non possiamo fare nulla. Ma la conclusione pratica di questo ragionamento rassegnato è il rinchiudersi in se stessi pensando solo ai propri problemi e ai propri affari, dimenticando tutto il resto.
No, non può essere questa la via. Se ci chiudiamo in noi stessi lasciamo campo libero al terrorismo e alla violenza. Se pensiamo solo ai nostri affari i ponti continueranno a rompersi e noi ad essere di fatto complici del male. Non è caso che siamo venuti alla Madonna del Ponte, non certo dei crolli o delle divisioni! E’ singolare che le due ragazze italiane rapite facessero parte di una associazione che si chiama “Un ponte per…”. Noi crediamo che la pace non passa attraverso i crolli o attraverso la costruzione di muri. La pace passa solo attraverso i ponti. E noi siamo qui, alla Madonna del Ponte,  per imparare da Maria a costruire ponti, a stringere legami di amore, a sognare una solidarietà globale. Sì, dall’Umbria al mondo intero. Dall’Umbria per un mondo d’ amore e di pace. E Maria ci invita a costruire questo ponte. Non possiamo più restare bloccati sul ponte rotto del nostro egoismo, lamentandoci magari per quel che accade dall’altra parte. Un ponte di amore e di pace deve partire dall’Umbria al mondo intero. Mentre ricordiamo i 250 anni dell’incoronazione di questa immagine noi vogliamo camminare su questo ponte di amore: il titolo di Madonna del Ponte è per noi un nuovo impegno di pace. Oggi siamo noi la corona d’oro che circonda Maria, siamo noi le perle preziose che ornano il suo capo.
Maria ci coinvolge in questo compito di amore e di pace. Il Vangelo ci narra che Maria, dopo aver ascoltato l’angelo che le annunciava la nascita di Gesù, non restò ferma a casa, a Nazaret, per pensare alle conseguenze di questa notizia e della sua decisone. Ed era un problema serio: cosa avrebbe detto a Giuseppe di quel figlio che le stava per nascere? E Giuseppe come l’avrebbe presa? E cosa avrebbero pensato gli abitanti di Nazaret? E che ne sarebbe stata della sua vita? E Maria aveva appena 13-14 anni! Era un affare molto serio. Eppure Maria non restò a Nazaret. Saputo che l’anziana Elisabetta era incinta e aveva bisogno di aiuto, Maria si recò “in fretta” verso l’anziana Elisabetta per portarle aiuto, traversando le montagne dalla Galilea sino in Giudea. Aveva 13 anni e già costruì un ponte d’amore. Ecco chi è la Madonna del Ponte: una giovane che affronta un cammino difficile, arduo, per recarsi ad aiutare chi ha bisogno. Sono questi i ponti che si debbono costruire nel mondo di oggi. C’è bisogno di tante Marie, di tanti uomini e donne che la imitino.
C’è bisogno che cresca una cultura di amore e non di scontro; c’è bisogno che cresca l’arte del dialogo e non l’arte della guerra. C’è bisogno di uomini e di donne che sappiano amare, che sappiano commuoversi sui deboli, che sappiano sognare un futuro felice per tutti, per i sani per i malati, che sappiano accogliere chi è diverso, che sappiano praticare l’arte dell’incontrarsi. Giovanni Paolo II diceva, proprio ad Assisi, la felicità non sta nell’essere gli uni contro gli altri, ma nell’essere gli uni accanto agli altri. Si tratta di creare ponti di amore. E’ questa la grande sfida. No, non siamo di fronte ad uno scontro di civiltà, siamo piuttosto di fronte ad un pericoloso imbarbarimento di tutte le civiltà. E’ urgente che in tutti i popoli, in tutte le culture, in tutti i cuori cresca la civiltà dell’amore.
Noi dobbiamo costruirla da qui, dalla nostra terra, dalla nostra Umbria. Sì, una cultura di amore e di pace dall’Umbria al mondo intero. Se scendiamo nelle profondità della nostra storia troviamo due testimoni di questa civiltà dell’amore, due pilastri della cultura di pace che ancora oggi sono fonte di ispirazione: san Benedetto e san Francesco. L’uno è stato proclamato patrono dell’Europa e l’altro patrono dell’Italia. La loro tradizione spirituale e culturale, conosciuta e stimata nel mondo intero, è ancora fonte di sapienza religiosa ed umana per tanti, per credenti e non credenti, per cristiani e per non cristiani. Ovunque mi capita di andare nel mondo, e lo sappiamo tutti, l’Umbria è conosciuta e stimata particolarmente per la ricchezza di questi due testimoni che continuano a dare linfa alla cultura dell’amore e della pace.
Purtroppo, nello Statuto regionale dell’Umbria non si è avuto il coraggio neppure di nominarli. Ci si vergogna forse? Noi non solo non ci vergogniamo di avere tali giganti spirituali nella nostra tradizione, vogliamo che in questi tempi difficili in cui si afferma sempre più sempre una mentalità violenta, in cui è normale la guerra, in cui l’egocentrismo dei singoli e dei popoli si afferma sempre più, noi sentiamo il bisogno di scendere in profondità nella nostra storia per raccogliere il tesoro prezioso di San Benedetto e di San Francesco e viverlo noi anzitutto, e poi dirlo e mostralo a tutti.
E’ con questa convinzione che dal Santuario della Madonna del Ponte vorrei lanciare una proposta: una grande raccolta di firme nella nostra Diocesi perché vengano inseriti questi due straordinari testimoni della civiltà dell’amore e della pace nello Statuto. Auspico che tanti altri in tutta l’Umbria, piccoli e grandi, uomini e donne, giovani e anziani, credenti e laici, cristiani e non cristiani, si uniscano a questa nostra iniziativa che vuole far emergere dalle profondità della nostra storia quella linfa che può farci sognare tutti un mondo di amore e di pace. Non si tratta di interferire nell’articolato statutario. Non possiamo però accettare lo scandalo – perché tale è – che nello Statuto della Regione dell’Umbria non siano neppure nominati questi due testimoni che la rendono nota nel mondo, ma soprattutto che possono offrire un po’ d’anima a tutti gli umbri.
Care sorelle e cari fratelli, questa iniziativa non è contro nessuno, è in favore di tutta l’Umbria: noi, piccoli e poveri umbri, ci mettiamo dietro a questi due grandi umbri per coglierne l’ispirazione e per seguirne come possiamo le orme. Davanti a noi c’è Maria che ci mostra Gesù, luce che illumina e che salva.