Messa di Natale a Narni

Messa di Natale a Narni

Care sorelle cari fratelli,


 


il Natale torna in mezzo a noi, e torna – come diceva un antico poeta cristiano della odierna Turchia – come un giorno amico degli uomini. Ed è bene che torni perché abbiamo bisogno di giorni che siano amici degli uomini, amici della vita, amici di chi sta male, amici dei ragazzi e dei giovani, amici degli gli anziani. Sì abbiamo bisogno di giorni più sereni, che siano di vera rinascita della vita. Abbiamo bisogno del giorno del Natale perché il buio dei nostri giorni sia illuminato da quella luce che rischiarò la notte dei pastori. Non sempre i giorni passati ci sono stati amici. Penso a quel giorno maledetto in cui è saltato l’oleificio del Clitunno che ha spezzato la vita anche ad un nostro amico di Ponte San Lorenzo. Vorrei ricordarlo in questa Santa Messa di Natale. Dal cielo egli ci guarda, e vede in particolare la sua famiglia che ancora lo piange nel dolore del distacco. Vogliamo essere vicini a questa famiglia e dirgli il nostro affetto in questo giorno. E non dimentichiamo l’impegno preso nel giorno del suo funerale per adoperarci perché nessuno più muoia sul lavoro. Sono giorni difficili anche per lo stabilimento chimico di Nera Montoro. Oggi vogliamo rivolgere a Dio una particolare preghiera perché possiamo superare questo momento difficile e guardare con maggiore serenità il futuro. Ma quanti altri giorni sono stati e sono ancora bui nella vita di tanti qui a Narni e nel mondo? Ecco perché abbiamo bisogno che il Natale torni.


E’ venuto l’angelo e ancora una volta ci ha annunciato che Dio ha mandato il suo Figlio sulla terra. Sì, il Signore, che vegli su di noi, si è commosso nel vedere la debolezza nella quale viviamo e non ha esitato a chiedere al suo Figlio di lasciare il Paradiso per venire sulla terra. E’ questo il senso profondo del Natale: Dio che si commuove di amore per noi al punto di preferire una stalla al Paradiso. Fermiamoci un momento a considerare questo evento. Aveva ragione l’antico canto dell’Adeste fideles!, ossia “Fermatevi genti!”, guardate questo mistero. Dio che per amore dell’uomo, pur di starci vicino, lascia il cielo e viene in una stalla. Intendiamoci, egli h bussato alle porte degli abitanti di Betlemme, ma tutti gliel’hanno sbattuta in faccia. E lui non sene è tornato nel cielo, come avremmo fatto noi. No, si è messo a cercare uno spazio e ha trovato solo una stalla e lì è nato. Vorrei dire che il mistero non è tanto che Dio si fa uomo, ed è assolutamente inimmaginabile, ma quel che è ancor più straordinario, quel che è davvero misterioso è che considerare la grandezza di questo amore. Dio si è fatto mendicante di amore per toccarci il cuore. E sa bene che se non lo accogliamo i nostri giorni saranno amari e tristi, come sono tristi in tante parti del mondo. Sì, care sorelle e cari fratelli, perché c’è il male e la tristezza in tante case? Perché c’è la guerra in tante terre? Perché c’è una solitudine amara in tanti cuori? Perché abbiamo chiuso la porta del cuore all’amore che è venuto a cercarci. E se nei cuori non c’è l’amore, c’è la violenza e la cattiveria.


Ma ecco Natale. E noi, di fronte all’annuncio che ci viene fatto di un Dio che si fa bambino, ci diciamo l’un l’altro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Sì, andiamo sino a Betlemme! E siamo venuti questa mattina qui. Andiamo fino a Betlemme! e abbiamo fatto nelle nostre case il presepe. Andiamo fino a Betlemme! e veniamo ogni domenica alla messa , perché ogni domenica è Natale, ogni altare è la mangiatoia. Non dimentichiamolo. Infatti, sull’altare, oggi, come ogni domenica, vediamo la stessa cosa che videro i pastori: essi videro un bambino avvolto in fasce, noi vediamo quello stesso bambino avvolto nel pane e nel vino. E come i pastori anche noi ci inchiniamo e veneriamo il nostro Salvatore. E i nostri giorni saranno benedetti. Imitiamo i pastori nel venire in questa con cattedrale, che ogni domenica diviene per noi come la nostra Betlemme, e sentiremo anche noi la gioia che provarono loro. C’è una gioia del Natale. Noi la intuiamo, per questo siamo venuti, e per questo la notte di Natale in tanti riempiono le chiese. E’ la gioia che sentite anche questa mattina. Non dimentichiamola, anzi allarghiamola. Cos’è questa gioia? E’ il sentimento profondo che non siamo più abbandonati, che c’è qualcuno, il Signore, che ci ama a tal punto da lasciare il cielo e venirci accanto. E’ la libertà di non essere più schiavi di noi stessi, di non pensare che se sbagliamo è finita. No, l’amore di Dio è molto più grande del nostro peccato, molto più forte delle nostre debolezze. Sì, la gioia del Natale è sapere di essere amati, e per sempre. E se per caso ti perdi, il Signore lascia le 99 pecore per correre dietro a te. Lo compresero bene quei pastori. Per questo se ne partirono da quella stalla pieni di gioia. Sapevano di aver trovato in quel Bambino l’amore, l’amore di un Dio che non ha esitato a scendere tra gli uomini e che per facilitare l’incontro non ha scelto di essere un uomo potente ma un bambino. Chi ha paura di un bambino? Ecco Dio si è fatto piccolo perché noi divenissimo grandi nell’amore. Cari amici come non dirci: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”?


Oggi vorrei iniziare anche in questa concattedrale a distribuire le Lettere Cattoliche, il piccolo volume della Bibbia che ogni anno consegno a tutti voi. Le Lettere Cattoliche sono quel gruppo di Lettere del Nuovo Testamento che sono state scritte da san Pietro, da san Giovanni, da San Giuda e da san Giacomo. Con il titolo vorrei riassumerne il messaggio: Amatevi gli uni gli altri. Care sorelle e cari fratelli, il Natale è tutto qui, accogliere nel cuore l’amore di Dio e cercare di viverlo ogni giorno.