Messa alla grotta di Lourdes

Messa alla grotta di Lourdes


“Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”.


 


Ci siamo raccolti questa mattina nella grotta di Lourdes, in questo luogo santo, in questo angolo di Paradiso abitato da Maria. Ella è davanti a noi, la prima tra noi, la prima di tutti i credenti, e per questo la più vicina a Gesù. E’ lei che ci aiuta a rivolgere lo sguardo a “colui che è stato trafitto”. Ella, infatti, fin da quella notte del Natale, ha rivolto il suo sguardo materno verso Gesù, e pochi giorni dopo, nel tempio, il suo sguardo divenne ancor più profondo nel sentire l’anziano Simeone che le diceva che una spada le avrebbe trafitto l’anima. Oggi, il vangelo di Giovanni ce la mostra sotto la croce mentre continua a guardare quel Figlio, appeso sulla croce, trafitto dalla lancia.


Care sorelle e cari fratelli, con lei, con il suo cuore, con i suoi occhi, con il suo i sentimenti, questa mattina vogliamo guardare Gesù. E siamo in tanti. Veniamo da tante città diverse, da tante storie diverse. Ciascuno di noi ha comunque una preghiera nel cuore, una domanda, un grido di aiuto per sé, per chi gli è caro e per coloro che prima di partire ci hanno chiesto di pregare… Maria accoglie tutte queste nostre preghiere; sì, nessuna nostra parola, nessun nostro desiderio è perduto;  nessuna nostra sofferenza, nessuna nostra pena è inutile; tutto e tutti Maria raccoglie e presenta oggi all’altare del cielo.


E’ davanti ai miei occhi – e penso anche davanti ai vostri – Giovanni Paolo II, nell’ultima sua visita a Lourdes, mentre pregava proprio qui davanti alla Grotta. Le sue forze erano alla fine. E lo ricordiamo, mentre il suo corpo cedeva e stava per cadere, aggrapparsi all’inginocchiatoio. Anche noi questa mattina, e soprattutto voi, cari malati, ci aggrappiamo alla preghiera, ci aggrappiamo a Maria.


E stiamo certi – Gesù lo ha ripetuto tante volte – che il Padre accoglie e ascolta tutte queste nostre preghiere presentategli da Maria. Gesù tante volte ha ripetuto: “chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. E noi siamo qui per chiedere, per cercare, per bussare. E lo facciamo non da soli, ma assieme. Ricordiamo le altre parole di Gesù: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il padre mio che è nei cieli ve la concederà: perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Sì, Gesù è qui con noi, davanti ai nostri occhi, e noi siamo assieme attorno a Lui.


Contempliamo le parole che il Vangelo ci ha annunciato. Ci presentano Gesù inchiodato sulla croce. Noi siamo sotto la sua croce, assieme a Maria e al giovane discepolo, noi sani e malati; voi malati soprattutto, che portate sul vostro corpo i segni della malattia come Gesù portava i segni della croce. Voi e noi oggi contempliamo quel crocifisso. Tutto in Lui e attorno a Lui sembrava una sconfitta. La fine di un uomo che “aveva fatto bene ogni cosa”. Ma ora i nemici avevano vinto: quell’uomo non era più tra i viventi. Era la sconfitta. In verità, care sorelle e cari fratelli, quella Croce non era la fine, non era la sconfitta. O meglio, era la sconfitta del Male, la sconfitta dell’amore solo per se stessi. E, in Gesù crocifisso, vinceva l’amore per gli altri. Sì, su quella croce c’era un uomo che era venuto “per servire non per essere servito”, che era sceso dal cielo per amare tutti, anche quelli che non lo amavano.


Rivolgiamo un momento i nostri occhi a quel crocifisso. Gesù è lì, su quel legno, con i chiodi nelle mani e nei piedi e in preda alle angosce della morte… E tuttavia non si lamenta; non pensa a sé – come in genere facciamo noi; basta infatti molto meno per farci lamentare – non si lascia prendere dalla disperazione.  Da quella croce, Gesù guarda l’anziana madre e il giovane discepolo. Possiamo immaginare la sua tenerezza e i suoi pensieri: cosa ne sarà di loro, della madre e di quel giovane discepolo? Sì, Gesù – anche crocifisso, non pensa a sé – si preoccupa di una donna anziana e di un giovane. Dice quindi alla madre: ecco tuo figlio. Lui moriva, ma lei riceveva un figlio. E poi al giovane discepolo: ecco tua madre. Quel giovane non aveva più il maestro, ma riceveva una madre. Del resto, la sera del giovedì santo, non aveva detto loro: “Non vi lascerò orfani”? Noi cristiani non siamo mai lasciati soli. Gesù, infatti, dall’alto della croce, ci dona gli uni agli altri, appunto come fece con Maria e il giovane discepolo. Scrive il Vangelo: “E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. Sì, dalla croce rinasceva la vita, continuava l’amore. L’amore infatti è più forte della morte.


Di qui, da sotto la croce, da questa grotta, ci viene donato l’amore. E rinasce tra noi un legame, un vincolo di amicizia, un patto, che non termina dopo questi giorni. Continueremo a vederci, ad amarci, e stare gli uni vicini agli altri, a legarci con la preghiera e con la visita reciproca. Questi significa “prendere l’altro a casa propria”, come Giovanni fece con Maria. In un mondo dove la solitudine appare come una legge ferrea e inesorabile, e dove chi è debole viene allontanato e dichiarato inutile. Noi cristiani, che abbiamo rivolto lo sguardo a colui che è stato trafitto, viviamo l’amore, portiamo l’amore; e con l’amore anche la gioia e la pace. Sì, ciascuno di noi, non importa se sano o malato, non importa se giovane o anziano, fa parte di quella famiglia che rinasce dalla Croce. E’ la famiglia dei figli di Dio. E questo è già il Paradiso. Noi siamo già in Paradiso davanti a questa grotta. E lo sentiamo. E la celeste Gerusalemme, di cui ci ha parlato l’Apocalisse, la città ove non c’è più né lutto né lamento né affanno, questa città non è lontana da noi. Anzi, è già in mezzo a noi. E’ qui tra noi. L’amore infatti ci fa vivere e gustare già da ora un po’ di Paradiso. E la Madre di Dio, che ci ha preceduto nel cielo, ci guarda con tenerezza e ci viene accanto, come fece con Bernardetta, e ci esorta a non distogliere i nostri occhi da Gesù.