Festa di San Giovenale 2011

Gentili autorità, Carissimi sacerdoti, Care sorelle e cari fratelli,

c’è un canto che oggi esce sulle nostre labbra e che sale dal profondo di questa nostra città, un canto che ha unito e che continua ad unire generazioni di narnesi: “Su Narni vigila, sui figli tuoi”. E’ l’invocazione che rivolgiamo al santo patrono Giovenale. Certo, oggi queste parole risuonano in maniera tutta particolare, e il nostro raccoglierci attorno al Patrono ci spinge a comprendere con maggiore profondità il senso di questa festa, il senso di questa memoria che riempie la cattedrale. Non è solo un caso che siamo tutti qui, e non è semplicemente una bella tradizione. Oggi sentiamo il bisogno di scendere più in profondità, di cogliere la vocazione stessa della nostra città. E san Giovenale chiamato non a caso dai nostri antichi: “Patronus, Gubernator et Defensor civitatis”. E la cattedrale, come in uno scrigno, custodisce questo tesoro prezioso: le reliquie del santo vescovo e soprattutto la sua presenza.
La sua testimonianza non è un ricordo congelato nel passato. La sua fede salvò Narni dalla distruzione e soprattutto consolidò la nascente comunità cristiana. Egli la difese la comunità dall’idolatria pagana e salvò la città dai nemici invasori. Da dove gli veniva la forza? Dal Vangelo dell’amore che Giovenale accolse e visse con passione. E’ questo suo modo di vivere l’amore ciò che deve affascinare noi tutti ancora oggi. Per questo cantiamo “Su Narni Vigila, sui figli tuoi”. Non lo cantiamo ad un morto, ma ad uno che vive. Giovenale ha vegliato su Narni da quando fu consacrato vescovo. E sapete che la parola vescovo vuol dire appunto vigilare. Giovenale conosceva infatti le parole dell’apostolo Paolo che abbiamo ascoltato oggi nella prima lettura: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue”(At 20,28). Giovenale ha vegliato sulla città e i narnesi ne hanno sentito il beneficio. Non ha pensato solo a se stesso, è vissuto fino alla fine perché la città fosse serena e salda nella pace.
Per custodire questa memoria le generazioni che ci hanno preceduto hanno edificato nei secoli questa splendida cattedrale. In essa, come in nessun altro luogo della città, pulsa la nostra storia, l’intera vicenda di Narni dalle origini sino ai nostri giorni. Sì, questa cattedrale raccoglie la nostra storia, qui troviamo la nostra vita, non solo quella religiosa ma anche quella civile. Non si tratta di confondere i piani ma di scendere nelle radici della identità narnese. Sì, l’anima di Narni parte di qui, da San Giovenale, da questa cattedrale. E’ una storia che inizia dal 7 agosto del 376, quando il corpo di San Giovenale venne sepolto in un piccolo ambiente naturale accanto alle mura. Ebbene, di qui il vescovo Cassio iniziò a costruire il primo luogo di culto, come a prendere alla lettera la parola evangelica della casa costruita sulla roccia. In questo caso è la roccia di un amore fino all’effusione del sangue. E’ qui la radice della memoria di san Giovenale. Egli ci sta davanti come uno che ha amato il Signore e i “figli suoi”, i narnesi, più della sua stessa vita. Vorrei, care sorelle e cari fratelli, che oggi noi tutti prendessimo più coscienza di questo tesoro che ci è stato donato. Questa cattedrale lungo i secoli è cresciuta e si è edificata su questa memoria. Personalità religiose e civili, uomini nobili e gente comune, lungo questi secoli hanno partecipato alla edificazione di questo santuario. Nel 1145 la cattedrale trova il suo completamento e viene lo stesso papa Eugenio III a consacrarla. Dopo l’ampliamento dell’abside, fatto nel secolo XIV, con il ritrovamento del corpo di san Giovenale avvenuto nel secolo XVII, viene costruita la cripta con il baldacchino dell’altare, per dare degno rilievo alla sua memoria, mentre gli artisti hanno continuato ad abbellire e a rendere sempre più splendida questo tempio santo.
Oggi siamo ancora raccolti dentro queste mura che ci consegnano questa storia santa di cui siamo figli. Essa ci viene consegnata nelle mani perché porti linfa nuova per costruire anche oggi quella civiltà dell’amore che era già in nuce nella testimonianza di San Giovenale. Sì, anche noi dobbiamo continuare ad edificare questa nostra città, non più con le pietre ma con le persone, con uomini e donne che sanno raccogliersi e unirsi per edificare un futuro migliore per sé e per tutti. Certo, i tempi che viviamo sono ben diversi da quelli delle generazioni che si sono succedute lungo i secoli e che hanno costruito sino ad oggi questa città. Narni, all’inizio di questo nuovo secolo, sta vivendo un momento non semplice di transizione come, del resto, questo intero nostro territorio. Davanti a noi c’è un futuro che non è ancora chiaro. Ma certamente ci è chiesto un nuovo slancio. E’ per questo che raccoglierci attorno a San Giovenale non è senza significato, e non può essere solo un semplice rito esteriore. Le sfide che abbiamo davanti sono alte e per nulla banali. Non posiamo rinchiuderci ciascuno nel proprio piccolo orizzonte, non possiamo pensare di salvarci da soli. Anche solo la lista dei problemi – così lunga – ce lo impedisce. Non è questa la sede per parlarne, ma basti pensare ai problemi del lavoro: da quelli che riguardano i giovani di Narni la gran parte dei quali guarda il proprio futuro oltre questa terra, a quelli che riguardano il polo chimico su cui pesa la questione dello sviluppo, dell’energia e della stessa occupazione. Già ieri sera ho chiesto che le offerte di questa celebrazione fossero destinate al Fondo di Solidarietà per quegli operai che hanno perso il lavoro e che non hanno alcun altro sostegno. E’ un gesto di generosità prezioso per queste famiglie. Non posso tacere poi la preoccupazione, che sento alta, per i più piccoli, per i nostri ragazzi; sì, per i nostri adolescenti che vorrei sottrarre, mentre siamo forse ancora in tempo, a quei mercenari che li avvelenano con la droga e l’alcol proprio mentre stanno aprendosi alla vita. Già questi cenni mostrano quanto sia urgente l’impegno di tutti. Come sapete, abbiamo accolto la nuova sfida per l’educazione dei nostri ragazzi alla fede e alla vita. Cari genitori, fatela anche vostra! E’ urgente raccoglierci assieme e pensare, anzi operare per la Narni di domani. Un giovane ingegnere venuto a Narni dal Nord per lavorare, scrisse, il 3 maggio del 1904, scrisse una cartolina alla sua fidanzata: “L’Umbria è bella, Narni è bellissima”.
Accanto a San Giovenale oggi vorrei porre un altro vescovo, il beato Giovanni Paolo II. Anche lui ha aiutato la sua città, la stessa Italia, l’Europa e il mondo ha liberarsi dagli idoli che opprimevano la vita di tanta gente. Come Giovenale, e come tanti vescovi che hanno salvato molti popoli, Giovanni Paolo ha gridato a ciascuno e a tutti: “Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!” E laddove i cuori si sono aperti è cambiato il mondo. Quelle parole – con umiltà ma con determinazione – vorrei ripeterle oggi anche qui a Narni. C’è bisogno per tutti noi di aprire le porte del nostro cuore a Gesù e al vangelo dell’amore. C’è bisogno di allargare il proprio cuore alle preoccupazioni degli altri, all’amore per chi è più debole, all’interesse per il bene comune di tutti. C’è bisogno di avere un cuore più largo di quello che abbiamo. Non abbiate paura di accogliere l’amore, di accogliere Gesù. Non è venuto a rubare la vita, ma a moltiplicarla. Non è venuto a proporre sacrifici, ma a renderci più umani, più solidali, più felici. Giovanni Paolo II più volte ce lo ha ricordato: “Non è possibile essere felici da soli o, peggio, contro gli altri”. Tanti ancora hanno bisogno di essere amati, di essere esortati, di essere aiutati. Fate oggi quel che San Giovenale faceva ieri, e quel che Giovanni Paolo II ha fatto qualche anno fa: anche voi aprite il vostro cuore al vangelo, è Narni si aprirà all’amore.
Care sorelle e cari fratelli, San Giovenale e il beato Giovanni Paolo II, ci guardino da cielo e ci proteggano. Amen.