Ecco come può cambiare l’assistenza degli anziani

di Tullia Fabiani

“La pandemia ci ha posto in una situazione drammatica, di portata globale. Stiamo dolorosamente vivendo un paradosso che non avremmo mai immaginato: per sopravvivere alla malattia dobbiamo isolarci gli uni dagli altri, ma se dovessimo imparare a vivere isolati gli uni dagli altri non potremmo che renderci conto quanto il vivere con gli altri sia essenziale per la nostra vita. C’è bisogno di un sussulto di intelligenza e di solidarietà da parte di tutti”. Questo il messaggio che monsignor Vincenzo Paglia, cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del matrimonio e della famiglia, ha consegnato alla X edizione di Tennis and Friends; evento organizzato per promuovere e diffondere la cultura della prevenzione. Un’edizione speciale, in live streaming ieri e oggi dal Foro Italico di Roma dalle 10 alle 17, che ha offerto la possibilità di effettuare screening gratuiti in totale sicurezza. Paglia, tra gli ospiti della manifestazione, qualche settimana fa è stato chiamato al ministro della Salute, Roberto Speranza, a presiedere una commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana. “Gli anziani sono coloro che stanno pagando il prezzo più alto della pandemia. Nelle Rsa il virus l’ha fatta da padrone purtroppo. Serve dunque uno scatto di intelligenza e di creatività verso gli anziani e questo è proprio l’obiettivo della commissione che sono stato chiamato a presiedere”.

Qual è il compito della commissione?

“Il ministro ha colto il problema che i mesi del Covid hanno fatto emergere, ossia la necessità di un profondo ripensamento delle politiche di assistenza sociosanitaria per la popolazione anziana. Il modello di cura per la popolazione anziana non stava funzionando. Di qui la creazione di una Commissione ad hoc. Non deve gestire nulla. Piuttosto suo compito è elaborare una proposta generale che permetta alla società di essere davvero “prossimi” agli anziani. Resta una domanda  purtroppo ancora inevasa: più anni da vivere, ma per fare cosa? Più anni di vita, ma come riempirli di senso e non di solitudine, come spesso accade ora? Il primo obiettivo della Commissione è quello di permettere agli anziani di vivere gli ultimi hanno della loro vita dove vivono, nel loro ambiente, accanto ai familiari e agli amici di sempre”.

C’è un’urgenza in particolare?

“Il ministro chiede alla Commissione di essere “ambiziosa”. L’Italia, assieme al Giappone, è il paese più longevo ma con la criticità di essere uno dei paesi con la più lunga aspettativa di vita in cattiva salute. Se riusciamo a dare più anni alla nostra vita dobbiamo però avere nello stesso tempo l’ambizione che siano il più possibile sereni e sempre accompagnati”.

La commissione si è già riunita? 

“Si è riunita la prima volta il 28 Settembre e il 3 novembre terrà la sua seconda sessione nella quale cercheremo di individuare – ovviamente ancora in maniera sintetica – alcune linee strategiche che serviranno per dialogare con le diverse istituzioni pubbliche e private che operano già su territorio a servizio degli anziani. È un impegno particolarmente complesso che richiede una larga consultazione. Siamo convinti di poter individuare man mano alcune indicazioni che presenteremo al ministro perché le prenda in considerazione e – se le ritiene adeguate, come ovviamente la Commissione si augura – le renda operative. Il cuore dell’ipotesi in campo è che si realizzi una presa in cura degli anziani, soprattutto dei più deboli, in un “continuum assistenziale e sanitario” che non li lasci mai soli. C’è bisogno di farsi prossimi alle case, ai quartieri, alle città: dagli infermieri di quartiere ai medici di famiglia, dagli assistenti sociali ai fisioterapisti, dagli educatori di ogni ordine e grado sino alle farmacie e alle realtà del quartiere e agli stessi istituti”.

Gli anziani, soprattutto quelli ricoverati nelle Rsa, continuano a essere soggetti particolarmente a rischio. Costretti a un isolamento forzato, lontani dagli affetti. Come proteggerli e farli sentire meno soli?

“Mi permetta una sola osservazione che ho già riportato ai responsabili del ministero. Sono apparse su alcuni quotidiano delle lettere scritte da anziani residenti nelle Rsa, e qualcuna è giunta a anche a me. Si lamentano che dal mese di marzo non ricevono la visita di nessun familiare. Alcuni figli mi scrivono che il genitore che è ricoverato in qualcuno di questi istituti si stanno lasciando andare, distrutti dalla solitudine. Credo sia urgente fare qualcosa. E presto. Ovviamente osservando rigorosamente tutte le precauzioni per evitare ogni contagio”.

La pandemia sta cambiando il vissuto delle persone generando paura, insicurezza, angoscia. 

“Con il coronavirus è apparso evidente che non ci sono atti individuali senza conseguenze sociali: vale per le singole persone, come per le singole comunità, società, popolazioni. Un comportamento avventato o imprudente, che apparentemente riguarda solo noi stessi, diventa una minaccia per quanti vengono esposti al rischio di contagio, senza magari nemmeno ripercuotersi su chi lo compie. E così scopriamo come l’incolumità di ciascuno dipenda da quella di tutti. Insomma questa solidarietà di fatto tra tutti noi, deve diventare una scelta: la vita è sempre una vita in comune. E Papa Francesco ce lo ha ricordato con l’enciclica “Fratelli tutti”.

L’ipotesi di un altro lockdown la preoccupa?

“Sono convinto che il dialogo tra i “tecnici” e la politica sia attento e lungimirante. Molto tuttavia dipenderà anche dal comportamento di noi tutti. C’è bisogno di una attenzione generalizzata da parte dell’intera società. Ripeto ancora quanto ho detto all’inizio: ogni singolo gesto è sempre sociale”.

La primavera scorsa, in piena emergenza, si è detto “ne usciremo migliori”. Secondo Lei?

“Ancora una volta: tutto dipende da noi, da ciascuno di noi, sapendo che nessuno si salva da solo. È indispensabile riprendere a guardare assieme il futuro e a farlo già da ora. Il domani è già oggi”.

RAI NEWS