Corpus Domini – Processione

Corpus Domini - Processione

Care sorelle e cari fratelli,


l’apostolo Paolo ci ricorda le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo…questo è il mio sangue”, ossia: “questo pane e questo vino sono io stesso”. Insomma, Gesù è presente realmente nel pane e nel vino. Egli ci ama a tal punto da inventare l’impossibile pur di starci realmente accanto. Ed è una grazia incredibile. Non è scontato, infatti, che tra noi siamo realmente presenti gli uni accanto agli altri. Sì, ci troviamo vicini gli uni agli altri, ma tanto spesso siamo distanti kilometri; camminiamo gomito a gomito in queste stesse strade, ma siamo lontani anni luce gli uni dagli altri. La gente spesso è sola, drammaticamente sola. Sono soli gli adolescenti, i giovani, gli anziani, gli uomini le donne, anche dentro casa, anche a scuola, anche al lavoro. Gesù non si rassegna a stare solo, separato da noi. E inventa l’Eucarestia: è presente tra noi realmente, con la sua carne, con il suo sangue.
Ma non gli basta la vicinanza. Ci sta vicino come un corpo “spezzato” e come sangue “versato”. Gesù spezza la sua vita e versa il suo sangue per renderci felici. Capite perché è importante che traversi le nostre strade e si fermi nelle nostre piazze? Tutti abbiamo bisogno che passi in mezzo a noi uno come Gesù: Egli sa parlare ai cuori tristi e soli, sa accompagnare i passi nel difficile cammino della vita, sa commuoversi sulle folle di questo mondo abbandonate al loro destino, sa prendersi cura di noi, sa consolare e confortare, sa farsi carico delle speranze e delle angosce dei poveri. Quel pane “spezzato” e quel sangue “versato” non hanno bisogno di moltiplicare le parole, parlano da sé, e mostrano fin dove giunge l’amore di Dio.
Care sorelle e cari fratelli, questa processione del Corpus Domini, mi fa venire pensare alle tante vite spezzate e tanto al sangue versato sulle nostre strade. Sono le vite di tanti giovani spezzate dagli incidenti, e non solo stradali. Sì, troppi giovani sono uccisi nelle nostre strade. Troppo sangue viene versato. Nelle ultime settimane quanti giovani abbiamo dovuto piangere! E quante giovani vite sono preda della schiavitù della droga che sembra non trovare freno nelle nostre terre! E potremmo continuare l’elenco: la prostituzione, la depressione, i problemi esistenziali, l’angoscia, l’anoressia, la perdita del senso della vita, e tanti altri ancora. Basta stare un po’ con gli occhi paerti per vedere tanti giovani corpi soli e spezzati! Ma sono i nostri figli. E non possiamo rassegnarci al destino.
Davanti a questo Corpo “spezzato” di Gesù, sento l’obbligo grave di richiamare tutti noi, credenti e non credenti, famiglie e istituzioni, ad una maggiore attenzione e ad un più urgente intervento, perché non si versi più sangue e non si spezzino più vite di piccoli e di deboli in questa nostra terra. Questa sera, dentro questo ostensorio, accanto a quest’Ostia, vedo uniti a Gesù tutti i giovani e i meno giovani che hanno avuto la loro vita spezzata e il loro sangue versato. Il Signore Gesù, che sa bene cosa vuol dire avere la vita spezzata, si è chianto su di loro, li ha raccolti e li ha portati con lui nell’ostensorio del Paradiso.
Quest’Ostia, perciò, mentre raccoglie questi nostri figli e li presenta ai santi del cielo, grida contro il nostro modo avaro di vivere, contro l’eccessiva preoccupazione per sé, contro l’istinto a risparmiarsi, contro la smodata cura del proprio corpo. Mentre noi cerchiamo di risparmiarci in tutti i modi nei confronti degli altri, quest’Ostia continua a spezzarsi per tutti. Ma noi siamo venuti qui per diventare tutti più simili a Gesù, per essere noi il “Corpus Domini”: per avere il suo cuore, per camminare come faceva lui, aiutando tutti e particolarmente i poveri, i soli, i malati, i carcerati, gli immigrati. Anche costoro sono il “corpo di Cristo”. San Giovanni Crisostomo diceva: “Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità”.
Ieri, nei locali del convento di San Martino, a due anni dall’apertura della mensa dei poveri  – dove da settembre ad oggi sono stati offerti più di 18.000 pasti -, abbiamo inaugurato il nuovo ambulatorio medico per i poveri. L’abbiamo dedicato a San Giovenale, patrono di Narni, come a voler coinvolgere l’intera diocesi, dopo aver aperto la casa Santa Firmina per il recupero delle prostitute. Vedo crescere con piacere l’amore e la generosità per i poveri. La mensa apre ormai tutti i giorni, salvo la domenica, e quest’anno resta aperta anche a lugio. E’ bello vedere che i confini dei nostri cuori si allargano: con piccoli ma concreti aiuti siamo accanto ai poveri in Congo con la missione a Ntambue, siamo in Perù, in Guatemala, in Albania, in Kossovo dove si stanno aprendo belle prospettive di aiuto. E sono significative altre iniziative, come quella per l’accoglienza ai bambuini bielorussi. Sento l’obbligo di esortarvi ad accogliere i 200 sacerdoti dei paesi di missione che verranno a Terni dal 1 luglio sino alla fine di settembre per imparare l’italiano: facciamo sentire loro il calore del nostro cuore.
Quest’anno sono passati sessanta anni dal primo bombardamento della città di Terni e di Amelia. Noi vogliamo ricordare questa tragedia che ha spezzato tante vite e ha fatto versare tanto sangue con un gesto straordinario. Desidero che l’intera chiesa diocesana, in particolare i giovani insieme agli anziani, si rechi in pellegrinaggio a Roma in ottobre, dal Papa della pace, perché la “presenza reale” del nostro amore in questa terra e nel mondo si rafforzi e si espanda. Il Signore Gesù continui ad insegnarci che c’è “più gioia nel dare che nel ricevere”. E da quest’Ostia santa, maestra e guida di amore, il Signore ci protegga e ci benedica.