Corpus Domini 2002

Corpus Domini 2002

Omelia a San Francesco



Care sorelle e cari fratelli,


è il Corpus Domini, la festa del “corpo del Signore” e noi ci siamo radunati qui a San Francesco per venerare il Santissimo corpo di Gesù prima di accompagnarlo per le strade della nostra città di Terni in un ideale pellegrinaggio per le strade di tutte le nostre città e i nostri paesi. Quest’anno stiamo riflettendo sull’Eucarestia sollecitati dalla Lettera pastorale che vi ho inviato. Vorrei somigliare quel piccolo libretto, “L’Eucarestia salva il mondo”, a quell’uomo con una brocca d’acqua di cui ha parlato il Vangelo. Quell’uomo non è il padrone di casa, è solo il servo, è colui che porta l’acqua nella casa. Anche lui ha dovuto avviarsi e attingere l’acqua dalla fontana sempre zampillante della Chiesa. Non l’ha attinta solo per sé; suo compito è portarla nella casa e per la casa. Ecco perché Gesù può dire di seguirlo, di stargli dietro. “Egli – scrive il Vangelo – vi condurrà alla grande sala con i tappeti già pronta, al piano superiore” ove tutti siamo chiamati a celebrare la Pasqua. Care sorelle e cari fratelli, abbiamo bisogno di leggere quelle parole – e le abbiamo lette – ma è necessario meditarle ancora, approfondirle e seguirle, come sta scritto: “Seguitelo”. E Gesù subito aggiunge: “e là dove entrerà dite al padrone di casa: il Maestro dice: dov’è la stanza perché io vi possa magiare la Pasqua?” Siamo chiamati ad entrare in quella sala. Lo sto ripetendo da tempo, ancora troppo pochi andiamo a Messa e quindi è difficile incontrare il “padrone di casa”, il Signore, e parlare con lui e soprattutto vivere con lui la Pasqua. Quella sala, infatti, è il luogo dove accade l’evento centrale non solo della nostra vita ma della storia. E la celebrazione dell’Eucarestia ci rende partecipi del mistero della Pasqua che segna la vittoria di Gesù sulla morte e sul male. In questo senso la Messa salva il mondo, salva le nostre città, salva la nostra vita. E noi questa sera vogliamo dire a Gesù di restare con noi vittorioso, di restare con noi mentre vince ogni male, ogni tristezza. E nell’ostia Gesù è vittorioso sulla morte. “Resta con noi, perché si fa sera…Resta con noi, poveri discepoli bisognosi di aiuto e di conforto; resta a Terni-Narni-Amelia, città bisognose di un futuro più sereno; resta accanto ai deboli bisognosi di forza; resta vicino ai soli bisognosi di compagnia; resta in questo nostro mondo su cui grava ancora il buio della violenza e della guerra, dell’egoismo e della sopraffazione”. E il Signore, amico buono, non va oltre. Sì, egli non abbandona coloro che il Padre gli ha affidato, e continua a dire anche: “Ecco il mio corpo spezzato per voi…ecco il mio sangue versato per voi …Eccomi, sono qui, accanto a voi, accanto ad ogni uomo e ad ogni donna, con il mio corpo, con il mio stesso sangue…Non sono lontano”. Prima di salire al cielo disse ancora ai discepoli: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Davvero è un mistero della fede, come diciamo subito dopo la consacrazione. Ed è un mistero grande. Non perché sia incomprensibile con la ragione; in verità quel che è incomprensibile è un amore così grande e così straordinario. Nessun uomo riuscirebbe a inventarsi una presenza così straordinaria. Gesù, con l’Eucarestia, non solo ci sta accanto, ci viene dentro, scende nel nostro cuore, diviene carne della nostra carne. E noi possiamo dirci con verità quasi fisica: “Siamo il corpo di Cristo”. Paolo lo dice espressamente: “Voi siete le membra di Cristo”. Come non commuoversi? Come non restare affascinati e colpiti da un amore così grande? E quel che appare ancor più incomprensibile è che Gesù non ci chiede nulla in cambio. Egli neppure condiziona la sua presenza alla nostra accoglienza. Lo sappiamo bene: ogni volta che nella santa liturgia il pane e il vino vengono consacrati, Gesù scende in mezzo a noi. E non importa se noi ci siamo o no (e tante volte non ci siamo, preferendo i nostri comodi). Gesù viene ugualmente anche se magari ci accorgiamo poco di quel che sta accadendo durante la Messa (quante volte siamo distratti e svagati!). Gesù viene ugualmente in mezzo a noi. Quale amore! Oggi, con la processione del Corpus Domini, vogliamo come vedere con gli occhi questa presenza di Gesù dentro le nostre città. Ma non solo vedere, vogliamo anche seguirlo. E non solo seguirlo, ma anche imparare da lui come camminare per le strade delle nostre città. Sì, vogliamo vivere come lui viveva, camminare come lui camminava, amare come lui amava, guardare come lui guardava, soccorrere come lui soccorreva, consolare come lui consolava. Così vogliamo seguire l’Eucarestia che traversa le nostre strade.



A Piazza Europa


L’altra domenica dal monte della Croce ho visto Terni, l’intera città si stendeva lungo la conca sino a lambire Narni e, sullo sfondo, all’orizzonte Amelia. Con i presenti abbiamo pregato per le nostre città e i nostri paesi e dall’alto del monte, sotto quella enorme croce di acciaio, abbiamo invocato da Dio la benedizione su tutti, sulle nostre famiglie, sui piccoli, sui giovani, sugli adulti, sugli anziani. Care sorelle cari fratelli, potremmo dire, che oggi quella croce è come scesa in basso. No, non la croce è scesa ma il crocifisso stesso; non la città è scesa dal cielo, come abbiamo ascoltato; è Gesù che oggi è sceso dall’alto per traversare le nostre strade, o meglio per rendere questa nostra città come una terra nuova. Oggi a Terni abbiamo ascoltato l’Apocalisse, il libro del compimento dei tempi. Abbiamo udito anche noi una voce dal cielo che dice: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio-con loro”. Sì, abbiamo bisogno di un Dio con noi. Noi bastiamo più a noi stessi. C’è troppa violenza, troppo odio, troppa indifferenza, troppa ingiustizia. La notte è ancora alta nel mondo. E’ buio anche a Terni, Narni e Amelia. E’ il buio degli anziani lasciati soli; il buio delle ragazze sfruttate sulla strada; il buio di quei due giovani che ad Arrone hanno trovato la morte da settanta metri; è il buio dei tanti, anche dei giovanissimi, venduti come merce alla droga (due di Narni sono tristemente scomparsi); è il buio di tante donne tradite, di tanti bambini lasciati soli anche dentro casa; il buio di tanti uomini che si lasciano andare, rassegnati ad una vita scontata e triste; il buio di tanti deboli che non trovano né aiuto né consolazione. Abbiamo bisogno di un Dio con noi. E Tu Signore Gesù sei la luce che può vincere il buio. Tu che non hai risparmiato nulla di te stesso per metterti al servizio di tutti; tu che ancora oggi non hai dove posare il capo pur di starci dietro. Signore, tu solo hai per noi parole di vita. Questa sera ti vediamo traversare le nostre strade. E ti facciamo festa. Abbiamo bisogno di te. Ne ha bisogno Terni e tutte le città e i paesi della nostra diocesi. Abbiamo bisogno che continui a visitare le nostre piazze e le nostre case; soprattutto i nostri cuori. Sei l’unico capace di parlarci quando siamo tristi; l’unico in grado di accompagnare i giovani verso un nuovo futuro; l’unico che sa commuoversi sugli anziani abbandonati; l’unico che sa prendersi cura di noi quando ci lasciamo abbrutire dal lavoro; l’unico capace di consolarci davvero e di confortarci; l’unico che si fa carico di correggerci e di spronarci alla creatività dell’amore. Con l’Ostia, non hai bisogno di moltiplicare le parole. Parli così, come un pane che si lascia spezzare e un sangue che si lascia versare. Non ti sei risparmiato in nulla. Ci ami senza porti alcun limite. Ecco perché puoi tergere ogni lacrima dai nostri occhi. Ecco perché puoi sconfiggere la morte; perché togli ogni lutto, ogni lamento, ogni affanno. Con te le cose di prima, quelle tristi, passano e si apre un cielo nuovo e una terra nuova, una Terni nuova, una Narni nuova, una Amelia nuova. Care sorelle e cari fratelli, vorrei dire che qualche luce nuova si è accesa e questa città vede già lacrime asciugate e affanni accompagnati e lutti consolati. E’ passato un anno dall’inizio della mensa dei poveri qui a Terni e sono stati distribuiti diecimila pasti. Sì, per diecimila volte alcuni fratelli e alcune sorelle in difficoltà sono stati consolati e rifocillati, custoditi e amati. Sì, Terni diventa come il cielo quando questo accade. Ed è bello che anche ad Amelia sia iniziata un piccola mensa per i poveri. Ricordiamo bene infatti quanto diceva il grande vescovo, Giovanni Crisostomo: “Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità”. Questo santo vescovo di Costantinopoli, esiliato dalla sua città per la strenua difesa dei poveri, non teme di “identificare” poveri ed eucarestia. Sa bene che il Cristo non è diviso e il suo corpo va sempre custodito e amato, soprattutto quando è debole. Così è stato significativo a Narni, nella festa di San Giovanele, decidere di impegnarsi in questo anno per liberare i carcerati africani che non possono uscire dal carcere perché poveri senza che nessuno li aiuti. Ed è pieno di valore umano che 20 ragazze siano state liberate, in poco più di un anno, dalla schiavitù della prostituzione nella nostra casa Firmina. E si sta aprendo una casa per bambini abbandonati. Sono segni di amore che si aggiungono ai tanti altri segni che già si compiono nelle nostre città. Ma debbono crescere e allargarsi perché sia affrettino i cieli nuovi e la terra nuova che abbiamo ascoltato dall’Apocalisse. Stringiamoci allora attorno all’unico “corpo di Cristo”; quest’unico corpo è l’Eucarestia assieme ai fratelli e ai poveri. Questo corpo dobbiamo amare e curare. E iniziando ad amare questo corpo ameremo anche le nostre città e i nostri paesi e li renderemo nuovi perché saranno più simili al cielo. La sosta in questa piazza non è casuale: l’amore di Gesù vuole scendere nel cuore di Terni e allargarlo. Allargarlo all’Europa di cui questa piazza porta il nome, per giungere sino ai confini estremi della terra. Care sorelle e cari fratelli, non allontaniamoci da Dio, ci allontaneremo inevitabilmente anche tra di noi. Dio lo sa, per questo si è fatto pane, per questo si è fatto Dio-con-noi. Cha mai Terni dimentichi Dio, che mai sia senza Dio!



In cattedrale


Care sorelle e cari fratelli, questa sera abbiamo seguito Gesù nell’ostia consacrata. L’abbiamo visto passare per le nostre strade e per le nostre piazze senza mai distrarsi, senza mai rinchiudersi, senza mai fermarsi a contemplare se stesso o piangere su di sé e sui propri problemi. Per tutto il tragitto è stato “ostia”, ossia pane spezzato e sangue versato. E’ la sua silenziosa contestazione al nostro egoismo, al nostro modo gretto e avaro di vivere, alle nostre meticolose attenzioni per il nostro corpo, al nostro istinto a risparmiare fatiche ed energie, alla nostra abitudine nel trattenere tutto per noi. Sì, mentre noi cerchiamo di calcolare, di misurare, di risparmiare noi stessi, quest’Ostia continua a non risparmiarsi, continua a dirci: “non sono venuto per essere servito, ma per servire”. Quale grande lezione per tutti noi! Lezione per me, vescovo di questa diocesi, lezione per noi sacerdoti chiamati solo a servire e non a servirci, lezione per tutti noi così spesso ripiegati sulla difesa della nostra tranquillità. Questa sera noi non abbiamo seguito noi stessi, come abitualmente facciamo. Questa sera abbiamo seguito Gesù per prendere esempio da lui su come camminare per le vie di Terni, su come guardarci intorno, su come amare la gente che incontriamo. Siamo giunti nella cattedrale, nella sala bella e alta della diocesi, e il Signore, forse stanco come quel giorno al pozzo di Giacobbe, ci guarda, uno per uno, e, ne sono certo, ci vede nel cuore e ci ama, come amò quel giovane. Non importa come siamo e neppure importano i sentimenti che abbiamo. Egli ci ama ugualmente. Quel che conta questa sera è guardare Gesù, contemplarlo nell’ostia, lasciarsi coinvolgere almeno un poco dal suo amore. Non difendiamoci. Non crediamo che ci voglia rubare qualcosa. Non fuggiamo. Egli vuole amarci con tutto se stesso, potremmo dire con tutto il suo corpo e con tutto il suo sangue. Per rendere visibile questo amore totale di Gesù per noi, per manifestare il suo completo abbandono a noi, desidero che dall’anno pastorale che sta per iniziare, nella nostra diocesi la comunione eucaristica si faccia sotto le due specie eucaristiche, con il pane consacrato e con il vino consacrato. Sia questo il modo ordinario di fare la comunione. Gesù si dona tutto perché noi ci lasciamo coinvolgere dal suo amore senza limiti. Studieremo come realizzare questo modo di fare la comunione, ma resta deciso che la maniera ordinaria, comune, di fare la comunione è di accostarsi al pane e al vino consacrati. Si, desidero che sia ancor più chiaro che partecipiamo alla vita di uno che si è spezzato per tutti e che ha versato per tutti tutto il suo sangue sino all’ultima goccia per la nostra salvarci. Questa decisione, care sorelle e cari fratelli, che richiede attenzione e cura grande nella sua applicazione, è un dono prezioso per noi. Sì, attraverso la comunione sotto le due specie, possiamo toccare ancor più con mano fin dove giunge l’amore di Gesù per noi, sperando di lasciarci amare da lui.