L’amore è la chiave della vita eterna

Negli Stati Uniti esiste un’app che per cinque volte al giorno invia un Sms con il messaggio “Ricordati che devi morire” seguito da una citazione a tema. Un segnale di resipiscenza? La morte, infatti, è il grande scandalo del nostro tempo. Rimossa anche dai credenti in una sorta di beffardo contrappasso, visto che la religione cristiana ha scommesso contro la morte. Semmai, è la cultura moderna che si basa tutta sulla paura della fine e trasmette il virus letale del nichilismo. In Vivere per sempre, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, invita, credenti e non, a non cedere al silenzio sulle cose ultime. Ma se per i primi occorre una fede robusta per credere alla resurrezione dei corpi come compimento della vita terrena, per i secondi, che la fede non ce l’hanno, come è possibile rintracciare un senso che si proietti al di là della morte delle nostre cellule? È solo spreco la vita dell’uomo? O una parentesi tra due nulla come diceva Sartre? Per Paglia è l’amore l’unica vera leva che spinge ciascuno, anche chi non crede, a dare il meglio, a vivere un’esistenza degna, a relazionarci con gli altri superando diffidenze e ostilità, predisponendo a tessere un destino comune come membri dell’unica famiglia umana. Certo, dell’amore il cristianesimo è la massima espressione, grazie alla vicenda del Dio che fatto uomo muore per gli altri. Anche per ritenere ragionevole quest’amore occorre fede. Ma quella che Giuliano Amato ha definito la «terapia dell’amore» può essere abbracciata da tutti e ognuno può praticarla con i suoi limiti e punti di forza. Solo così si accende qualcosa che resta e va oltre noi stessi.