Natale 2002

Natale 2002

Care sorelle e cari fratelli,


abbiamo ascoltato il prologo del Vangelo di Giovanni che si apre con quelle parole in credibili: “La Parola si è fatta carne e venne ad abitare in mezzzo a noi”. Se comprendessimo davvero queste parole alto sarebbe sarebbe il nostro stupore. Come sapete è la terza Messa del Natale. Nelle prime due si legge il Vangelo della nascita di Gesù e si parla del bambino deposto in una mangiatoia. In questa terza Messa la liturgia ci presenta una parola che si fa carne. L’autore della Lettera agli Ebrei ci ha preparato a comprendere questo mistero quando scrive: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Il Figlio prende la nostra carne. La Parola, quella che ha creato il mondo e l’universo, quella che era prima di ogni cosa, oggi si fa uomo, prende la nostra carne mortale. E’ un mistero incomprenbile prima che sul piano della ragione su quello dell’amore. Com’è possibile un amore così grande da spingere a lasciare il cielo e venire sulla  terra sapendo di non essere neppure accolto, anzi rifiutato? Ecco perché il Natale è una festa che va compresa e amata. Lo sappiamo, spesso è bistrattata, offesa, svilita. Ma il Natale torna, torna ogni anno come il giorno amico degli uomini, come il giorno in cui Dio sceglie di scendere e di starci accanto per sempre. Sì, care sorelle e cari fratelli, la Partola è diventata carne.


E lasciatemi allora commentare brevemente questo grande mistero di amore attraverso tre segni che noi riceviamo: il Vangelo di Marco, la comunione sotto le due specie che da oggi inzia in tutta la nostra diocesi e il pranzo dei poveri che tra èpoco si svolgerà nella cattedrale. Vorrei dire che sono tre altari inscindibili, uniti insieme dallo stesso corpo di Cristo. Il piccolo libro del Vangelo di Marco che vi è stato consegnato è quella parola che deve diventare la viostra carne. Sì, qulla Parola deve essere messa in pratica, deve divenire la vostra vita. Così il Natale è davvero amico, amico per te che ricevi Cristo, amico per gli altri che incontrando te vedranno almeno un poco Cristo. Sia allora il vostro cuore come quella magiatoia dove Maria depose il piccolo Gesù appena nato. Sì, Maria è questa nostra madre Chiesa, e lei madre premurosa ha voluto deporre nelle mani di ciascuno di voi, divenute nuova mangiatoia, quel piccolo libro. Trattatelo come Maria trattava Gesù, leggetelo, ascoltatelo, fate la preghiera leggendolo. Così, pagina dopo pagina, quel bambino crescerà nel cuore di ciascuno di voi. E sentirete sbocciare una nuova luce, un nuovo vigore, una nuova forza, un nuovo amore. E’ Natale! Attraverso di voi anche Terni, anche il mondo cambierà, perché non sarete più complici dell’indifferenza, non sarete più complici della freddezza che costrinse Gesù a nascere fuori Betlemme.


Le nostre mani non ricevono solo il Vangelo ma anche il corpo e sangue di Cristo. Da oggi nella nostra diocesi la comunione si farà sempre sotto le due specie. La ragione è semplice: obbedire alla lettera alle parole di Gesù, il quale nell’ultima cena disse ai discepoli: “prendete e mangiate” e “prendete e bevete”. Ebbene, care sorelle e cari fratelli, desidero che l’intera Diocesi si unisca ancor più visibilmente a quanto Gesù ha fatto nell’ultima cena. Vogliamo mettere in pratica, alla lettera, queste parole di Gesù per divenire come lui, per amare come lui, per voler bene come lui. C’è come una continuità tra la consegna del Vangelo e la comunione sotto le due specie: unirci nel modo più profondo possibile a Gesù. La nostra mente e il nostro corpo divengono quella mangiatoia che Gesù ha scelto per nascere e per crescere. Ma vedete che c’è anche un’altra mensa, potremmo dire un altro altare quest’oggi in cattedrale. E’ la mensa per il pranzo dei poveri che si terrà subito dopo la Messa di mezzogiorno. C’è come una continuità tra l’altare e questi tavoli per il pranzo dei poveri. Un testo antichissimo esorta così i vescovi e i diaconi: “Vescovi e diaconi, abbiate cura dell’altare di Cristo, cisoè delle vedove e degli orfani” (Didascalia degli Apostoli). E ancora: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non tollerare che egli sia ignudo. Dopo vaerlo ornato in chiesa con stoffe d’oro, non permettere che fuori muoia di freddo perché non ha di che vestirsi”(Giovanni Crisostomo). Oggi desidero che questa continuità emerga in modo chiaro e visibile. Voi sapete che ogni giorno nella Mensa di San Valentino i poveri sono accolti e nutriti. Ma oggi deve essere chiaro il mistero che c’è in questo servizio. E’ il mistero dell’amore di Dio per i più poveri. Questa volta non sono i pastori che portano i doni al Bambino. E’ piuttosto il Bambino che offre a chi ha fame e a chi è solo una bella casa, la cattedrale, perché non abbiano più fame e non siano più soli. Il pranzo dei poveri è un segno dell’amore smisurato di Dio per i poveri. E ci sarà un regalo per ciascuno di loro, perché tutti si sentano a pieno titolo membri della famiglia di Dio. Per una singolare coincidenza Betlemme, che significa “città del pane”, dà come un nuovo nome alla cattedrale di Terni, appunto “Cattedrale del pane”, nuova Betlemme che dona il pane del corpo e del cuore, il Vangelo e il cibo a chi ha fame.