Ascensione

Dal vangelo di Matteo (28,16-20)

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

L’evangelista Luca narra l’Ascensione come l’ultima tappa della sua presenza visibile tra i discepoli. Si potrebbe anche dire che con l’Ascensione la Pasqua giunge al suo compimento. Da quel momento in poi i discepoli iniziano il loro cammino nel mondo senza la presenza visibile di Gesù. Mentre sono con lui in cammino verso Betania, gli chiedono: “È questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. Era una domanda importante per la storia. In quella domanda, assieme alla giusta attesa di un mondo finalmente e definitivamente salvo, si nascondeva forse anche il desiderio di non dovere faticare più contro le difficoltà, contro la forza del male nel mondo. Gesù non risponde però a questa domanda e chiarisce: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere”. Noi del resto – come quei discepoli di allora – tante volte capiamo davvero poco della vita, e facilmente la riduciamo alla nostra esperienza. La vita, invece, sembra suggerire Gesù, è ben più grande e complessa, e comunque non spetta a noi conoscerne i tempi e i momenti! Il Signore tuttavia non lascia i discepoli nell’incertezza e promette loro la forza vera, quella dello Spirito Santo: “Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi”.
“Ascendere al cielo” significa entrare in un rapporto definitivo con Dio. Il “cielo” di cui parla la Scrittura è una metafora. È a dire: come il cielo ci avvolge, così il Signore ascendendo al cielo, ci avvolge tutti. Non è un allontanarsi, ma un avvicinarsi a tutti. I discepoli lo intuiscono, per questo sono pieni di gioia: “Essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia”.Gli apostoli avevano compreso che Gesù sarebbe restato per sempre con loro: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
La Lettera agli Ebrei, affermando che Gesù sale nel santuario del cielo, suggerisce che la santa liturgia è il santuario nel quale il Signore ci accoglie. Nella santa liturgia della domenica, il cielo e la terra si incontrano e tutti veniamo ammessi alla presenza di Dio per rivivere il mistero di Gesù. Non dobbiamo guardare il cielo delle nostre abitudini, ma la storia dell’uomo: è qui che il Signore si rende presente. I due angeli dissero ai discepoli: “Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. È l’invito a tenere fissi gli occhi del cuore su Gesù risorto e sulle sue ferite. Il Risorto non è un fantasma e le sue ferite sono quelle degli uomini e delle donne segnate dal dolore e dalla violenza. L’Ascensione ci dice che il futuro che Dio ha preparato è già iniziato con il suo Figlio, il Primogenito. Stare con Gesù vuol dire che siamo già in qualche modo entrati nel cielo. Gesù vi è nella pienezza: vado a prepararvi un posto, “perché dove sono io siate anche voi”. Il cielo è già iniziato sulla terra ogni volta che ci raduniamo nel nome di Gesù, ogni volta che ci amiamo come lui ci ha amati, ogni volta che aiutiamo i poveri e li sentiamo fratelli. Certo, siamo uomini deboli e ancora increduli, ma lo Spirito che il Signore riversa nei nostri cuori ci rende forti e capaci di testimoniare il suo amore sino ai confini della terra.