Per un uso consapevole delle nuove tecnologie

Il Vaticano raduna gli esperti mondiali dell’informatica per scrivere insieme una «Carta etica» sull’Intelligenza artificiale. E per richiamare all’uso consapevole delle tecnologie, come evidenzia monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita (Pav).

«Rome Call for AI Ethics» avrà come primi firmatari Brad Smith, presidente di Microsoft, e John Kelly III, vicepresidente esecutivo di Ibm. Sarà pubblicata il 28 febbraio, dopo il convegno in programma da domani.

Monsignor Paglia, perché la «Rome Call for AI Ethics»?

«È importante chiarire quello che la Call non è: non è un accordo, né una dichiarazione congiunta. È una chiamata. Cioè,un appello a riconoscere e poi ad assumere la responsabilità che proviene dal moltiplicarsi delle opzioni rese possibili dalle nuove tecnologie digitali. A maggiori potenzialità di azione corrispondono nuove e più grandi responsabilità nelle scelte».

Qual è l’obiettivo?

«Aggregare le forze per affrontare le profonde trasformazioni che il nostro mondo sta vivendo e che nessuno può gestire da solo. E sono cambiamenti che mettono in questione la stessa qualità umana delle nostre vite, come persone e come società».

Qual è la posizione del Vaticano sull’intelligenza artificiale?

“Non c’è una posizione magisteriale già definita. A partire dal termine stesso: non sappiamo cosa sia l’intelligenza umana, come possiamo parlare di ‘intelligenza artificiale’? Già la parola è fuorviante, perché la riproduzione artificiale di alcune funzioni mentali non coincide con l’intelligenza. Comunque, i riferimenti del Vaticano sul tema sono quelli della Dottrina sociale della Chiesa, come la dignità della persona umana e dell’intera famiglia umana, la giustizia e la solidarietà. Ma il mondo tecnologico è complesso e ci chiede di trovare vie perché questi princìpi diventino realmente incisivi”.

Come?

“È necessario che l’etica accompagni tutto il ciclo della elaborazione delle tecnologie: dalla scelta delle linee di ricerca fino alla progettazione, la produzione, la distribuzione e l’utente finale. In questo senso papa Francesco ha parlato di ‘algoretica’”.

E quali sono gli impegni della Pav?

“Ha un ruolo di catalizzatore. Favorisce l’incontro e propone uno spazio aperto di dialogo perché cresca la consapevolezza della profondità degli effetti della trasformazione digitale. È in ricerca con gli altri, favorisce la comunicazione e l’incontro tra soggetti che talvolta sono in competizione tra loro. Naturalmente noi offriamo anche la nostra visione della persona, della società e dell’etica, ispirate dal Vangelo, ma sempre elaborando argomenti e linguaggi che siano comprensibili e convincenti nel dibattito pubblico”.

Termini come transparency, inclusion, accountability, responsibility, impartiality, reliability, security, privacy devono diventare patrimonio di tutti?

“Sì, perché le nuove tecnologie sono presenti nella vita di tutti, sia lavorativa sia quotidiana. Spesso non ci rendiamo neanche conto che interagiamo con sistemi automatici o che disseminiamo sulla rete dati che riguardano la nostra identità personale. Per cui si produce una grave asimmetria tra chi li estrae (per i propri interessi) e chi li fornisce (senza saperlo). Per ottenere certi servizi, alcuni siti chiedono a noi di precisare che non siamo un robot, ma in realtà la domanda andrebbe capovolta”.

Quanto è urgente una diffusa consapevolezza su uso, significato e impatto delle tecnologie?

“È fondamentale a causa delle incessanti sollecitazioni e del carico di informazioni che tende a confondere le nostre opinioni e comprimere la nostra libertà, inducendo automatismi nel nostro modo di ragionare. È pericoloso reagire in maniera stereotipata a situazioni complesse, tenendo conto solo degli aspetti più superficiali dei problemi, senza indagare a fondo. Questo succede assai spesso”.

Qual è l’antidoto?

“Sviluppare capacità critiche per comprendere il mondo attuale, così diverso dal precedente. Quindi, più ne siamo consapevoli, più potremo agire in modo critico, non solo sul piano personale, ma anche su quello sociale e politico”».

da LA STAMPA

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