XVIII Settimana del Tempo Ordinario – mercoledi

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Gesù, scrive Matteo, dalla regione della Galilea “si ritirò” verso le parti di Tiro e di Sidone (l’attuale Libano), antiche città fenicie, marinare e mercantili, ricche e floride, ma anche segnate da egoismi e ingiustizie soprattutto verso i poveri. Non a caso i profeti dell’Antico Testamento pronunciano diversi oracoli di sventura per tali città. Gesù si reca in questa regione  e subito compare una donna “cananea”. E’ una pagana. Certamente ha sentito parlare bene di Gesù e non vuole perdere l’occasione per un intervento prodigioso sulla figlia. Giunta davanti a lui invoca l’aiuto per la figlia “indemoniata”. Nonostante l’atteggiamento indisponente di Gesù lei non desiste dal gridare aiuto. La sua insistenza provoca l’intervento dei discepoli. Analogamente all’episodio della moltiplicazione dei pani, essi vorrebbero che Gesù la congedasse: “Accontentala e mandala via”, gli suggeriscono. Ma Gesù risponde dicendo che la sua missione è limitata ad Israele. Quella donna per nulla rassegnata, prega una seconda volta e con parole essenziali ma pesanti come il dramma della figlia: “Signore, aiutami”. E Gesù risponde con una inaudita durezza: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cani!” Con l’appellativo di “cani”, nella tradizione biblica, ripresa dai testi giudaici, si allude agli avversari, ai peccatori e ai popoli pagani idolatri.

Ma la donna sfrutta alla lettera proprio questa espressione di Gesù e dice (così potremmo tradurre la frase): “Ma certo Signore! Infatti anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro signori!” Anche i cani, gli esclusi, si contentano delle briciole se gliele gettassero. Questa donna pagana osa resistere a Gesù; in un certo modo ingaggia una lotta con lui. Si potrebbe dire che la sua fiducia in quel profeta è più grande della resistenza del profeta stesso. E per questo Gesù risponde, infine, con una espressione inusitata nei Vangeli: questa è “grande fede”, non “poca fede”. Lo stesso elogio Gesù lo fece al centurione, ed erano ambedue pagani. Ancora una volta il Vangelo ci propone l’essenzialità della fiducia in Dio che libera dall’angoscia di confidare solo in se stessi e negli uomini. La fede di questa donna convinse Gesù ad operare la guarigione. Scrive l’evangelista: “Allora Gesù le replicò: ‘donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come tu desideri’. E da quell’istante sua figlia fu guarita”. Ad una fede come questa neppure Dio può resistere.