XIX Settimana del Tempo Ordinario – martedì

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Gesù, terminato il ministero in Galilea, si appresta a salire verso Gerusalemme dove lo aspetta la morte. L’evangelista nota che “in quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù”. Ma la domanda che gli rivolgono manifesta la loro lontananza dal maestro. Nel brano parallelo di Marco (9, 33 ss.) si riporta la stessa scena: Gesù ha appena dato l’annuncio della passione e i discepoli, invece di pensare a quanto hanno ascoltato, si mettono a discutere su chi di loro fosse il più grande. Quale distanza tra le preoccupazioni del Maestro e quelle dei discepoli! In verità, è una situazione che continua a ripetersi anche oggi tra i discepoli: quante volte dimentichiamo il Vangelo perché preoccupati solo per noi stessi o per i nostri primati! Gesù non rispose subito con le parole; prese un bambino e lo mise “in mezzo”, al centro della scena, e rivolto ai discepoli disse: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Con queste parole inizia il quarto lungo discorso di Gesù, ed è sulla vita della fraternità cristiana. L’inizio è sorprendente: il discepolo è come un bambino, ossia come un figlio; e figlio bisogna sempre restare. Gesù non dice che il bambino deve crescere e diventare adulto. Nel regno di Dio si è sempre bambini, sempre figli. E aggiunge che il bambino è il più grande. Così inizia il nuovo mondo che Dio è venuto ad instaurare.

Gesù, con tono pieno di tenerezza, afferma che chi accoglie uno dei suoi discepoli accoglie lui stesso. E’ un’affermazione che invita ad avere un cuore disponibile e generoso: accogliendo un discepolo si accoglie lo stesso maestro. Queste parole però richiamano anche la dignità alla quale i discepoli sono stati chiamati. Ne nasce una circolarità di attenzione e di amore che lega i discepoli a Gesù e tra di loro. La vita della comunità sta talmente a cuore a Gesù da renderlo durissimo contro coloro che la feriscono scandalizzando i discepoli. E’ l’amore geloso del Signore per la sua comunità, per quel gruppo di discepoli che egli stessi cura con tenerezza e passione grande. Egli vuole trasfondere in ciascuno dei suoi questo amore, perché tutti si sentano responsabili della vita dell’intera comunità cristiana. Chiede ai discepoli di essere durissimi con se stessi per evitare lo scandalo. Invita a tagliarsi la mano o il piede e a cavarsi l’occhio per evitare di dividere e distruggere. La vita della comunità cristiana, vale più di qualunque altra cosa. Per Gesù, la vita della comunità, anzi di tutti gli uomini, valeva più della sua stessa vita. E’ questa la via che il Maestro continua ad indicare ai discepoli.