Terza settimana di Pasqua – venerdi

Gv 6, 52-59

[52]Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

[53]Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. [54]Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. [55]Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. [56]Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. [57]Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. [58]Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».  [59]Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.

La sinagoga è piena di gente e la maggior parte dei presenti guarda Gesù in modo malevolo: “Come può costui darci da mangiare la sua carne?”. Parlano così perché non intendono abbassarsi a chiedere ad uno che pensano sia loro pari, non vogliono umiliarsi a confessare la loro fame, a tendere la mano come fanno i poveri e i mendicanti. Chi è sazio non chiede, chi è pieno di sé non si piega. In verità, anche se sazi e circondati di beni, di cibo e di parole, abbiamo fame, fame di felicità, fame di amore. E forse i poveri possono esserci maestri nel chiedere e nello stendere la mano. Essi manifestano quel che noi siamo: mendicanti di amore e di attenzione. Hanno fame i poveri, e non solo di pane, ma anche d’amore, e così noi. Gesù dice a tutti: “Se qualcuno mangia di questo pane, vivrà in eterno”. Per avere la vita non basta volere, non basta capire, è necessario mangiare. Bisogna diventare mendicanti di un pane che il mondo non sa produrre e ovviamente non sa dare. Come i poveri che chiedono pane, così siamo noi quando ci raccogliamo alla mensa eucaristica: essa anticipa il cielo sulla terra. Qui troviamo ciò che sfama e disseta per l’eternità. Gesù stesso, che ha camminato con i discepoli lungo i giorni della settimana, si ferma e mangia con noi come con i due discepoli di Emmaus.