Seconda settimana di Avvento – sabato

Mt 17,10-13

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Gesù prende con se Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce su un alto monte. E lì si trasfigura. In verità ogni Eucarestia è un po’ come la trasfigurazione. Gesù, anche oggi, ci vuole con sé. E mentre partecipiamo alla Santa Messa egli si trasfigura. Il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Gesù. E’ un momento bello, felice di comunione e di amore. Potremmo dire anche noi come Pietro di fare tre tende, di voler a ogni costo restare con Gesù. Ma viene interrotto da una voce: “Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho posto la mia compiacenza: ascoltatelo”. E’ la voce della Parola di Dio che risuona in ogni Santa Messa. Noi, come i tre discepoli, dovremmo cadere a terra, ossia lasciar cadere le nostre durezze, il nostro orgoglio, le nostre testardaggini. Il Signore infatti vuole coinvolgere anche noi nell’avventura della comunicazione del vangelo al mondo. Per questo dice anche a noi: “Alzatevi; non temete!” I tre discepoli alzarono lo sguardo e videro Gesù solo. Avevano finalmente compreso che l’unica cosa che dovevano fare era “ascoltare” Gesù di Nazaret, Figlio prediletto di Dio. E’ quel che è chiesto anche a noi.