Saluto alla sesta Conferenza delle Corti d’Appello europee

Ringrazio il Presidente della Corte d’appello di Roma, professor Luciano Panzani, per l’invito che mi ha rivolto a porgere un saluto a questa VI Conferenza dei Presidenti delle Corti di Appello europee. E’ un evento che onora particolarmente questa città di Roma, che possiamo chiamare, a giusto titolo, “patria del diritto”. Per di più, la presenza a Roma del centro della Chiesa Cattolica ci ricorda il virtuoso contagio tra i diversi ordinamenti, come in questo caso, tra il diritto romano e il diritto canonico. E fin dalle origini stesse del cristianesimo. Per un verso mi riferisco all’episodio che riguarda l’apostolo Paolo, il quale, una volta condannato dalla giustizia vigente nell’Asia Minore del primo secolo (l’attuale Turchia), poté appellarsi a Roma con la semplice ma determinata: “civis romanus sum”. Per l’altro verso, qualche secolo più avanti, il diritto romano riconosce  ai cristiani la facoltà di appellarsi al vescovo nelle proprie cause. Lo stesso primato del Papa è legato allo jus appellationis, riconosciuto dal di Sardica del 347.  Quando il vescovo Donato, ad esempio, si appella a Costantino per la validità dell’ordinazione, l’imperatore lo rimanda al Papa Milziade a cui chiede di agire secondo la lex sanctissima che lui ben conosceva, ossia il diritto di appello dei vescovi al Papa. Non mi dilungo su questo. Ma questa sacra regula mostra quanto lo jus appellationis abbia legato i due diritti, quello romano e quello evangelico, favorendo una virtuosa armonia nella società che sarà per secoli articolata dalla cosiddetta lex christiana.

Ma torniamo ai giorni nostri. Questa vostra Conferenza mostra l’opportunità della cooperazione giudiziaria tra Stati e il valore del rafforzamento dei rapporti diretti tra giudici di Paesi diversi. Viviamo, infatti, un momento storico particolare che vede indebolirsi ovunque i legami sociali che comporta sul piano giuridico una crescita eccessiva dei diritti individuali rispetto a quelli dei doveri verso la società. E’ uno degli aspetti della “società liquida” di cui parlava Bauman. Vediamo emergere prepotente l’ “io”, il proprio “particolare”, la propria nazione, insomma, il sovranismo, a scapito di quel “noi”, di quella società basata anzitutto nella “philia” che già Aristotele riteneva indispensabile per la vita della polis ancor prima della legge. In questo orizzonte la globalizzazione soprattutto del mercato e non della solidarietà ha favorito l’intreccio perverso tra mercato e criminalità. Ecco perché, ancor più che in passato, è necessario rendere più solido il raccordo tra le diverse istituzioni pubbliche. Ed è quanto mai opportuno che le Corti d’appello europee affrettino il passo verso una uniformità del diritto cogliendo, ovviamente, le esigenze e le differenze delle singole realtà nazionali.

Mi pare particolarmente significativo che in questo VI Congresso si discuta del reclutamento, della formazione e della valutazione dei magistrati, soprattutto della loro indipendenza, tesoro preziosissimo da difendere e da sostenere ovunque. Tutto ciò presuppone ovviamente la crescita della cooperazione tra le Corti e il rafforzamento dello scambio di esperienze. E’ certo salutare la presenza di tradizioni e principi in parte certamente diversi, ma è altrettanto urgente una cultura comune fondata sul primato della legge e della legalità. Non però di qualsiasi legge, ma di un sistema che abbia al centro il rispetto della persona, i principi fondamentali di libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure il rifiuto delle differenze fondate sulla lingua, sulla razza, sul genere, esigendotuttavia dialogo e cooperazione. Insomma, è indispensabile un orizzonte umanistico che sia basato sul rapporto inseparabile ancorché dialettico tra giustizia e misericordia. Un amore ingiusto e una giustizia anaffettiva sono ugualmente dannose. Certo, la politica umanistica non si fa semplicemente con l’estemporaneo sentimento della compassione umanitaria. Però, nemmeno con la legge che decide deliberatamente di ignorarla e di sanzionarla. Se non circola la sussidiarietà della compassione fra gli uomini – la misericordia, appunto – la società si sfalda, la giustizia si ritrae. E non ci sono regole che possano tenerle insieme, una volta per tutte. Ma questo è il senso del  convenire anche in questo Congresso. Buon lavoro!

Palazzo We Gil la VI Conferenza dei Presidenti delle Corti di Appello dell’Unione Europea, 25 settembre 2019