11 gennaio

Lc 5,12-16

Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi sanarmi». Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii risanato!». E subito la lebbra scomparve da lui. Gli ingiunse di non dirlo a nessuno: «Va’, mostrati al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come ha ordinato Mosè, perché serva di testimonianza per essi». La sua fama si diffondeva ancor più; folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.

Un lebbroso, superando le difficoltà della folla e i divieti della legge, si getta ai piedi di Gesù. Lo abbiamo visto già in precedenza, il passaggio di Gesù crea un clima nuovo e fa saltare pregiudizi e regole, spesso fortemente radicate. Anche Gesù, vincendo ogni regola e tradizione, quando vede il lebbroso lo “tocca con la mano”. È un gesto che sconfigge la barriera che separa il sano dal lebbroso, e che soprattutto supera ogni paura. Quella mano che si stende non è un furtivo gesto di coraggio, è piuttosto la garanzia di una vicinanza di un amore che continua. Si può dire che è il riflesso dell’amore che Gesù ha per il Padre. Così fece Francesco d’Assisi quando scese da cavallo e baciò il lebbroso: “quel che prima pareva ripugnante, dopo mi parve dolce”, scrive nel testamento poco prima di morire ricordando questo episodio. La folla accorreva per stare accanto a Gesù e ascoltare la sua parola. Ma Gesù non si fermava a godersi l’onore; si ritirava a pregare. Sapeva che dal Padre gli veniva ogni forza. Se è così per Gesù, quanto più per noi! La sua nascita è un invito a fargli spazio nella nostra vita, perché la sua presenza porti frutti buoni di conversione e vita buona.